Italo Svevo: Raccolta di opere
Italo Svevo
Commedie

CON LA PENNA D’ORO (Commedia in quattro atti).

ATTO PRIMO.

Scena sesta. Cameriera, detti, poi Donato Sereni.

«»

Link alle concordanze:  Normali In evidenza

I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio

Scena sesta. Cameriera, detti, poi Donato Sereni.

 

CAMERIERA.  Il signor Sereni.

ALBERTA.  Venga pure. Lupo

TELVI.  Dolce lupo, però, con gli oggetti. Io non amo di voler meno bene ad un uomo perché può più di me. In certe cose, d'altronde, sono più forte di lui.

ALBERTA.  Ma certe cose importano meno.

TELVI.  Perché? Anche i denari hanno la loro importanza.

SERENI.  Buona sera signora. (Bacia la mano ad Alberta e la stringe a Telvi cui ora parla.) Sarete più lieto questa sera? L'altra sera non somigliavate affatto al ritratto che vi feci, quello ch'io ancora considero la miglior espressione di salute e di forza.

TELVI.  Era un'altra epoca quella. Non dico che la salute e la forza non possano ritornare. Le aspetto serenamente.

SERENI.  Quello di saper aspettare è già una forza. Io so tante cose a questo mondo ma non so aspettare.

ALBERTA.  E come fate? Se quello che aspettate non viene correte via e perdete la possibilità d'essere raggiunto?

SERENI.  Io aspetto soffrendo e urlando. Non ho la scelta. Se sono io anzi sempre in aspettativa. Ecco giusto ora: Carlo m'aveva detto di venir qui più presto. Mi vestii eppoi mi parve che fosse ritornata

TELVI.  Chi?

SERENI.  L'ispirazione. Non volli perderla e disegnai una testa. La disegnai finché riuscii a darle un'espressione. Ma l'espressione fu immediatamente di derisione e la stracciai. Vedete la mia sorpresa di fronte ad una faccia ch'io creai e che appena venuta alla luce del giorno per opera mia, subito deride me, il suo creatore? Con ira la stracciai.

ALBERTA.  Peccato se sapeva deridere sul serio.

SERENI.  Non poteva essere bella. Io la disegnai a memoria, la testa di un mendico cui qualche minuto prima avevo regalata qualche lira e che mi guatò riconoscente e lieto con un'espressione sorprendente in questa dura vita.

TELVI.  Chissà che sulla sua faccia non ci sia stata la derisione velata? Tanti beneficati hanno quell'espressione.

SERENI.  No! No! La derisione c'era nelle mie dita. La disegnai con noia indicibile. Non poteva essere altrimenti. Io sono un uomo finito. L'ispirazione non passerà mai più da me.

ALBERTA.  Io sto benissimo senza di essa.

TELVI.  Anch'io. Ma comprendo il vostro dolore. Quando manca qualche cosa cui si è abituati è una ferita, un dolore.

ALBERTA.  Del resto anch'io posso figurarmi tanto. Ricordo come eravate quando dipingeste quel quadro che andò alla biennale. Non ne parlavate ma eravate tutt'altro uomo. Molto più vivo di ora e più distratto e più raccolto. Sì, certo. L'ispirazione era stampata nella vostra faccia.

SERENI.  E quando il quadro partì, io subito lavorai ancora. Lavorai tanto che quando vidi riprodotto il mio quadro in un giornale umoristico che aveva stroppiato e ingobbito la mia ninfa, io quasi ero d'accordo col caricaturista. Adesso sono beato di abbandonare il mio studio. Quando mi getterete fuori di questa casa io andrò a girare per la città per non coricarmi fino all'alba onde essere tanto stanco domani nelle ore della luce da poter sfuggirla dormendo.

ALBERTA.  Io, da buona borghese, vi consiglierei di andare a letto. Ammettiamo che domani arrivi l'ispirazione, che cosa ne fareste voi se aveste sonno? Qualche bel sogno che non lascerebbe alcuna traccia di sé.

SERENI.  Non giunge l'ispirazione domani. Io lo so! Non giunge domani né più tardi. Forse mai più.

ALBERTA.  E allora avete tempo e potete perderne. Andate dunque da Carlo che vi aspetta e guardate le sue stampe. Egli crede di aver fatto un acquisto importante. Gli importa enormemente di apparire furbo. Quelle stampe gli fanno piacere perché le ha pagate poco. Se le avesse pagate molto - e magari fossero state più belle di così - non gl'importerebbero tanto.

SERENI.  S'accontenta facilmente lui che ha tutto.

ALBERTA.  Ha tanto il povero Carlo? In verità non mi pare tanto. Una donna, i suoi affari e quelle povere stampe. Voi volete una donna… al mese.

SERENI.  Io non ho mai avuto una donna, una vera donna, una di quelle che possano bastare per tutta la vita.

ALBERTA.  Ve la procuro io, se volete. Ma una vera donna la si prende davanti al sindaco.

SERENI.  E se poi risultasse che non è quella, che non è cioè la vera?

ALBERTA.  Le donne si comperano come le stampe. Carlo le ha comperate e adesso appena vi domanda il vostro parere. Se non avranno il valore ch'egli attribuì loro, tanto peggio.

SERENI  (esitante). È così che si fa? Si prende la donna e si sta a vedere se rappresenti proprio quello che in essa si vide?

ALBERTA.  Proprio così! Proprio così!

TELVI.  Purtroppo è così. (Con un sospiro.)

SERENI.  Ma non si può continuare a provare altrimenti specialmente dopo le tante disillusioni ch'io ebbi?

ALBERTA.  Se ci fosse la prova non ci sarebbero dei matrimoni. Guardate: C’è la possibilità che lui non piaccia a lei oppure che lei non piaccia a lui. Ma poi ci sono altre possibilità negative: Che lui a lei e lei a lui non piaccia che per un periodo ristretto, mettiamo per una settimana o per un giorno. O infine che lui a lei o lei a lui piaccia solo di notte o solo di giorno, o quando parla o - peggio - quando tace. Non ci sarebbero altri matrimoni.

SERENI.  E che male ci sarebbe? Se ne farebbe a meno.

ALBERTA.  Andate, andate da Carlo che vi aspetta. Per questa sera ditegli che quelle stampe sono del Piranesi. Così sarà di buon umore a cena.

SERENI.  Avrebbe ragione di esserlo lui che ha tutto.

ALBERTA.  Gli manca l'ispirazione ma non se ne accorge.

SERENI.  Non gli manca, forse. È un'ispirazione anche quella che guida alla felicità.

ALBERTA.  Grazie! Siete molto gentile. (Sereni esce.)

 

 


«»

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (VA2) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2010. Content in this page is licensed under a Creative Commons License