Italo Svevo: Raccolta di opere
Italo Svevo
Commedie

CON LA PENNA D’ORO (Commedia in quattro atti).

ATTO PRIMO.

Scena nona. Alice e Telvi.

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Scena nona. Alice e Telvi.

 

ALICE  (dinanzi allo specchio e lontano da esso per vedersi tutta) Com'è viva, Alberta. Vuole quello che vuole. Mi piace. Magari sapessi io quello che voglio. Senta, signor Telvi. Dicono che Lei abbia studiato profondamente molte lingue. C'è qualche lingua in cui si può dire il contrario di Io voglio. Per esempio io sono voluta, altri mi vogliono.

TELVI.  Sì! In molte lingue si può dire che molti La vorrebbero.

ALICE  (lo guarda per un istante stupita eppoi ritorna allo specchio). Il vero, grande difetto, il solo difetto è nella gonna. Così liscia. Avevano torto l'anno scorso. Che bestie. Se in allora il sarto avesse avuto la buona idea che ebbero quest'anno, io sarei più felice. La moda è una cosa crudele. Se non ci fosse, ci sarebbe meno differenza fra poveri e ricchi. Peccato! Sarebbe tanto bello di restar poveri ed essere tuttavia vestiti alla moda.

TELVI.  La moda a me piace. Quando avevo una moglie… Oh, non faccia come se non lo sapesse. Parlo di quella mia moglie ch'è scappata una sera perché non ne poteva più. Io non penso di dover fare dei segreti con Lei, Signora, per cui ho tanta ammirazione. Eppoi io non so conversare che con chi sa quello che m'è toccato. Con gli altri mi sento imbarazzato e seccato. Quando, dunque, c'era mia moglie con me, e arrivavano alla casa tanti oggetti e vestiti che la moda impone, questa casa ingombrata mi pareva sempre più casa, sempre più mia… nostra voglio dire, e salutavo questi oggetti inutili, ingombranti, di cui proprio non mi curo perché non so vederne né la bellezza né l'utilità, come tanti amici e tanti alleati.

ALICE  (accorata). Erano della donna sua.

TELVI.  Di quella ch'è ora di un altro. La quale ora addobba un'altra casa. Non credo che i suoi rapporti con la moda sieno più tanto intimi. Sarà anche lei condannata alla moda dell'anno scorso.

ALICE.  Poverina! (Poi.) Oh, scusi tanto.

TELVI.  Dica pure. Da me non c'è odio. A che servirebbe l'odio?

ALICE.  Mi Scusi. Mi lasciai sfuggire quella parola di compianto proprio perché pensavo un poco a me. Per farmi vede come mi rivelo a lei. Mi denudo addirittura. Mi perdona?

TELVI.  Se Le perdono? Stia a vedere. Mi denudo anch'io con Lei. Vuol vedere? (Alice è spaventata.) Senta! A me di mia moglie non importa affatto. Io non so quello che Le abbiano detto di me, ma io mi credo autorizzato ad asserire che io non sono uno sciocco. So cinque lingue. Molti le sanno ma non molti come me hanno fatto dei buoni affari in cinque lingue. Può credere perciò che io da molto tempo sospettavo quello che si moveva nell'animo di Emma. Non ch'io credessi dovesse finire così. Ero tanto buono io che pensavo che un po' di bontà per me ci dovesse essere anche nel suo cuore. Non mi amava però; di questo io ero sicuro da oltre un anno. Ma che importava? Il tempo trascorreva dolcemente nella casa piena di cose nostre. Le ore di casa erano brevi, perché i miei affari mi rubavano la maggior parte del mio tempo, ma tanto dolci. Io le raccontavo la mia giornata intera eppoi la guardavo come disponeva e regolava le cose pieno di gratitudine perché essa lavorava per me. Adesso non è la donna che mi manca ma via lei tutto è crollato. La mia casa è tuttora piena di roba ma è un magazzino. Io non ci vado che quando a tastoni, traverso a tutta quella roba vado a cercare il mio letto.

ALICE.  Mi dispiace tanto di sentire ch'è infelice. Peccato non abbia un figlio. Sarebbe tutt'altra cosa.

TELVI.  Un figlio privo di madre. Non so figurarmelo.

ALICE.  È vero. Ma avendo dei denari si può provvedere al benessere del figlio. Io ne ho due dei figli. Sono la mia consolazione e il mio dolore perché i poverini sono privi di padre.

TELVI.  È per questo che mi trovo tanto bene con Lei. La differenza fra noi due è che Lei rimpiange suo marito mentre io ho il dovere di non rimpiangere mia moglie.

ALICE.  È vero! Mio marito - poverino - non ha colpa se ha dovuto lasciarmi.

TELVI  (che s'aspettava ad una confidenza resta disilluso). Poverina! È quello che dico anch'io.

 

 


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