IntraText Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText | Cerca |
CON LA PENNA D’ORO (Commedia in quattro atti). ATTO PRIMO. Scena tredicesima. Carlo, Telvi, Sereni e detti. |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Scena tredicesima. Carlo, Telvi, Sereni e detti.
CARLO. Addio, dottore. (Gli stringe la mano.)
SERENI (va ad Alice e le bacia la mano, poi anche lui stringe la mano al dottore). Quel Carlo! Com'è fortunato. Dieci Piranesi per un tozzo di pane.
CARLO (ad Alice, sorridendo). Non soffre più di freddo. Chissà che gli altri (accenna a Telvi ch'è accanto a Paoli) abbiano meno caldo.
ALICE. Lei dice delle cose ardite, Carlo. È molto gentile.
PAOLI (a Sereni). Son veri Piranesi?
SERENI (a bassa voce). Io non me ne intendo molto. Ma a lui fa tanto piacere. Poi me li mostra quando li ha già comperati e non c'è compromissione. (Ad alta voce.) Io quando guardo una stampa la copro di colore. Nessuno sa guardarla come me. (A bassa voce.) Mi sono confessato.
ALBERTA. Già, chi non è un pittore non sa guardare neppure una donna. Cito Sereni. È curioso che tanti che non furono pittori da Adamo in poi le guardarono.
SERENI. Ma il solo pittore sa guardarle con animo puro ammirando linee e colori.
ALBERTA (scoppiando). È grossa. Il prete sarebbe meno puro del pittore?
SERENI. Il prete non le guarda o non le vede. Io parlo di quelli che le guardano.
PAOLI. In certi casi si suppone che anche il medico sappia guardare una donna con animo puro.
PAOLI. Non è esatto. Salvo in certi casi il medico s'abitua un po' a vedere in tutti dei clienti.
SERENI. Quand'è vecchio specialmente.
PAOLI. Sicuramente in certi casi la vecchiaia è una forza. Nessuno lo nega. Però anche i giovini medici diventano come i pittori vedendo però nella donna invece che linee e colori che sono sempre seducenti, malattie e sofferenze che sono abbominevoli. Un mio giovine amico era proprio in procinto di baciare per la prima volta una donna quando s'accorse che l'ombra che gettava la propria testa sugli occhi dell'amata, non arrivava a produrre alcuna reazione sulla pupilla di costei. Rinacque subito il medico in lui e fu salvo.
SERENI. Una pupilla che non reagisce! Per un pittore ciò costituisce un occhio interessante.
PAOLI. Orrore! Un uomo dalla pupilla che non reagisce è altrettanto inferiore quanto un corpo che puzzi. È proprio una puzza e anche puzza di cadavere.
ALICE. Guai aver da fare con un medico. Ora che so lo rifiuterei quale marito. Durante il fidanzamento o - peggio - dopo, ecco che arriccia il naso… la condanna.
SERENI (passa al tavolo a cui siede Alice). Non ci creda, signora. Il medico è un uomo come ogni altro. Anche in lui c'è quella piccola parte del pittore che la medicina non seppe uccidere e può baciare il rossore della tisi credendo sia quello della più pura salute.
TELVI. Anche noi non medici sospettiamo talvolta la malattia. Presto si sa che non c'è più rimedio! E allora si sopporta, si protegge e si ama di più. Più tardi ci si accorge di aver avuto torto. Torto? Cioè si credette di aver riparato tutto non vedendo e non dicendo. Ma capita questo: l'ammalato non sopporta il sano e… va via. (Pausa d'imbarazzo.) Già, vi secca ch'io abbia alluso ai fatti miei. Ma si può parlare liberamente; io ne parlo volentieri. Poi io non so esprimermi e m'aiutai con l'esempio che mi stava più vicino. (Si stringe nelle spalle.)
PAOLI (si alza, va verso Telvi). Ha fatto bene ed è interessante sentire che nei rapporti fra sani e malati la risoluzione possa spettare al malato. (Pensando.) Può infatti avvenire che l'ammalato sia più risoluto del sano. Lo è anzi di spesso. (Alberta vorrebbe parlare e non sa. Carlo stringe la mano a Telvi.)
SERENI (a bassa voce). Qui non oserei di farle la corte. La signora Alberta non la sopporterebbe.
ALICE (con sdegno improvviso). Non vorrà poi immischiarsi in cose che non la concernono.
CARLO. A me sembra ch'è sempre il più debole che dirige il mondo.
ALBERTA. Vuoi alludere alle donne? (Tutti ridono.)
CARLO. No, diamine! Alludo agli uomini.
ALBERTA (si leva e parlando s'avvicina al tavolo ove discorrono insieme Alice e Sereni). Il mondo è infatti diretto dagli uomini. Non tutto. Una piccola, piccola parte è riservata alle donne.
CARLO. Piccolissima. L'uomo fa gli affari e la donna fa l'uomo d'affari, l'uomo governa come il cavallo tira la vettura ed è la donna ch'è il cocchiere, l'uomo fa l'arte e la scienza e la donna decreta il successo.
ALBERTA. Se tu pensi così io sono perduta.
CARLO. Perché? Non son perduto neppure io.
ALBERTA (ridendo di cuore). Ipocrita. Sa volere quando vuole.
CARLO. Eh! già! Vuoi dire che se m'avvenisse di volere allora vorrei.
ALBERTA. Chissà dove saresti tu se io non ci fossi?
CARLO. Ma capretta mia - oh, scusa - io non asserisco mica che senza di te starei molto bene.
ALBERTA. Anzi io dico che staresti meglio ma troppo tranquillo. Faresti quel paio di dispacci al giorno, compreresti qualche paio di stampe e faresti venire Sereni per giudicarle. Il quale Sereni forse non verrebbe. Badi Sereni che io non dico che Lei venga perché ci sono io. Ma viene volentieri perché ci vengono Telvi, Paoli e Alice. Una possibilità d'ispirazione. Se io non ci fossi chi verrebbe qui?
TELVI. Io, certamente. Specialmente se Lei fosse scappata. Ci si consolerebbe insieme. (Si guarda d'intorno aspettandosi che ridano. Tutti sono seccati.) Già! Capisco che voi trovate ch'io parlo troppo di Emma.
CARLO. Ma no, caro Telvi. Abbiamo solo paura che a te non faccia piacere.
TELVI. Se non mi facesse piacere starei zitto. (Si stringe nelle spalle.)
ALBERTA (a bassa voce verso Alice e Sereni). Poverino.
ALICE (con profondo sentimento). Come soffre.
SERENI. Gli passerà. La ferita è ancora troppo recente.
TELVI. Ma si può parlare anche d'altro se vi fa piacere. V'aiuterei e starei attento di non interrompervi più. (Si abbandona sconfortato sul dosso della sedia, silenzio.)
PAOLI. Io dei rapporti fra marito e moglie non so molto. Precisamente quello che mi danno ad intendere i miei clienti. Uno o l'altro è ammalato quando io intervengo e allora sono buoni tanto ambedue. Perciò io sempre dico che il matrimonio è una buona cosa.
TELVI. E anche se li vedete da sani v'appariranno amanti, dolci, miti. E anche quando parlano insieme da soli può essere una dolce cosa. Poi uno di loro scappa. L'altro resta solo e…
SERENI (avvicinandosi a lui). Impreca.
TELVI. Oh, no. Non impreca. Resta un po' abbacinato dalla tanta luce… e ne parla spesso per intendere meglio. (Poi.) Scusatemi. Di nuovo ci sono ricascato.
ALBERTA (ad Alice che s'è levata per abbandonare la sua sedia). Avrei da parlarti Alice. Ho tanto da fare io che avevo dimenticato di dirti una cosa molto importante.
ALBERTA. Della zia Teresina. Guarda, ho ricevuto or ora da lei questa lettera. (Le consegna una lettera.)
ALICE. Non si potrebbe lasciare la cosa per domattina?