Italo Svevo: Raccolta di opere
Italo Svevo
Commedie

CON LA PENNA D’ORO (Commedia in quattro atti).

ATTO PRIMO.

Scena quattordicesima. Cameriera e detti.

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Scena quattordicesima. Cameriera e detti.

 

CAMERIERA  (s'avvicina ad Alberta e le dice). È pronto, signora.

ALBERTA.  Ebbene, andiamo. Alice, leggi quella lettera eppoi vieni anche tu. Un istante.

SERENI.  Non possiamo aspettare la signora?

ALICE.  Vengo subito. Permetta un momento.

(Tutti meno Alice escono. Alberta rientra subito.)

ALBERTA  (parlando in fretta). Forse si fa più presto se ti dico di che si tratta. La zia Teresina viene a Trieste. Non si poteva lasciarla tanto sola a Tricesimo.

ALICE.  Fai bene. Fai benissimo. (Vuole restituirle la lettera.)

ALBERTA.  Essa accetterebbe di venir a stare con te.

ALICE.  Ma è impossibile. Dovrei cercarmi un altro quartiere per accoglierla. Come vuoi che faccia?

ALBERTA.  Il tuo quartiere è sufficientemente grande. I due ragazzini hanno quello stanzone sul davanti nel quale possono dormire, studiare e giuocare. Che bisogno hanno di avere una stanza da studio speciale?

ALICE.  La comodità per studiare è un incitamento allo studio mentre l'incomodità

ALBERTA.  Bisogna però vedere se tale comodità non costa troppo. Anche di questo bisogna tener conto. Son due bravi ragazzi i tuoi e studieranno tanto se avranno quanto se non l'avranno questa costosa comodità.

ALICE  (vibrante dall'agitazione). Senti, Alberta. Io darei la vita per compiacerti, ma la zia Teresina io non la voglio in casa mia. È una vecchia maligna, brontolona ed ora tanto malata che mi ruberebbe la mia quiete.

ALBERTA.  Ma noi abbiamo degli obblighi con la sorella della nostra madre.

ALICE  (esitante per troppe parole che le vengono alla bocca). Noi! Eh! sì.

ALBERTA  (anch’essa esitante). Noi! (Poi.) Io però non sono libera in casa mia perché io ho mio marito che non ammetterebbe fra di noi un terzo che però non è tanto incomodo come tu vuoi far credere. Io però mi assumerò la spesa dell'infermiera e di tutto il resto di cui tu terrai un conto esatto.

ALICE  (amara). Ci saranno delle spese di registri.

ALBERTA.  E come vuoi che si faccia? Vuoi che mettiamo nostra zia all'ospedale?

ALICE.  Io non voglio niente. La mia vita già così è abbastanza dura e complessa

ALBERTA  (decisa). Non per rinfacciartelo ma certo io faccio del mio meglio per alleggerirla. Devi riconoscerlo. (Poi, più mitemente.) Lo so, povera Alice, che non hai abbastanza. Devi pensare alla mia difficile posizione. Però non è mica detta l'ultima parola. Io guarderò, se non oggi di qui a qualche mese di accontentartiaccontentarti… quasi interamente accontentarti.

ALICE  (mormora, senza convinzione). Grazie.

ALBERTA.  Neppure la mia posizione è poco complessa. (Poi.) Guarda la lettera della zia. Non si direbbe che sia come tu dici tanto maligna. Vedi che belle parole trovò per ringraziarti del tuo invito.

ALICE  (stupita). Il mio invito? ( un'occhiata frettolosa alla lettera.) Tu le hai già scritto senz'interrogarmi che essa verrebbe a stare da me?

ALBERTA.  Certamente! Non eri già d'accordo?

 


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