Italo Svevo: Raccolta di opere
Italo Svevo
Commedie

CON LA PENNA D’ORO (Commedia in quattro atti).

ATTO PRIMO.

Scena quindicesima. Dette, Carlo, Sereni e Telvi.

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Scena quindicesima. Dette, Carlo, Sereni e Telvi.

 

DETTE. Dalla sinistra CARLO. Poi alla porta fanno capolino SERENI e TELVI che poi entrano.

 

ALICE.  D'accordo io?

ALBERTA.  Certamente. C'era presente Sereni. Potremo interrogarlo. Io dissi subito: Non posso assumere alcun obbligo verso la zia. E tu invece gridasti, veramente gridasti - mi pare di udirti (grida imitando un tono di voce più alto): Io ho tanti obblighi con la zia che non posso rifiutarle un posto nella mia casa. (Poi.) Non dovevo ritenermi autorizzata di trasmetterle le tue parole.

ALICE.  Macché! Io non dissi mai una cosa simile. Avrò detto, sì, che la zia mi faceva compassione, ch'ero disposta a piangere per lei e con lei, ma prenderla in casa e rinunziare a qualunque ora di pace, mai.

CARLO.  Non sarebbe meglio che andiamo ora a pranzo e che lasciamo questa questione per dopo?

ALBERTA  (non lo ascolta). Se io t'assicuro che hai detto così, vorrai credermelo?

ALICE  (irridendo). Per crederti dovrei ammettere d'essere un'inconsapevole, una delirante. Inventi ora per giustificarti.

CARLO  (molto imbarazzato guardando verso la porta ove ci sono Telvi e Sereni). Ma signore. Non siete due cugine? V'intenderete facilmente quando sarete sole.

ALICE.  Io ora so come debbo comportarmi. Non posso più sopportare neppure per un istante una posizione simile. Preferirei la fame, la nera fame per me e per i miei bambini. L'aiuto che m'accordi non ti mica il diritto di considerarti la mia padrona. In casa mia non ha da venire nessuno se non è invitato da me.

ALBERTA.  Io non ho alcun desiderio d'essere la padrona in casa altrui. Magari non avessi il bisogno di occuparmi d'altre case.

ALICE.  Sei esonerata di occuparti della mia.

ALBERTA  (affettando ribrezzo). Non me ne occupo, non me ne occupo altro. Scriverò alla zia che visto che tu non la vuoi in casa, le pagherò una stanza al sanatorio.

ALICE.  Cattiva! Cattiva! Tu vuoi ora dire alla zia che io la respingo. Non voglio neppure questo. Ora che l'hai invitata, venga, deve venire. Io la voglio con me perché m'avveleni tutte le mie ore e a tutte le ore io ricordi che cosa tu mi facesti.

ALBERTA  (spaventata come dinanzi ad un'improvvisa rivelazione). Vedo il tuo odio, Alice, il tuo grande odio.

ALICE.  Il mio? Tu sei spaventata accorgendoti del tuo, dell'odio che da tanto tempo mi dedicasti. Da te non voglio più nulla. M'hai fatto del bene ma ora basta. Ecco il tuo denaro. Ecco il tuo velo. (Se lo strappa di dosso.) Domani ti manderò questo vestito. Anche quello che smisi or ora di è tuo. Da te non voglio più nulla. (S'avvia per uscire.)

CARLO.  Signora, guardi se Lei non è ingiusta con Alberta che Le volle sempre bene.

ALICE  (piangendo). Oh, Carlo. Lei è troppo buono per intendere… Mi lasci andare. (Via.)

 

 


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