Italo Svevo: Raccolta di opere
Italo Svevo
Commedie

CON LA PENNA D’ORO (Commedia in quattro atti).

ATTO SECONDO.

Scena prima. Teresina (in sedile) e Clelia (arriva e riceve la preghiera ad alta voce di Teresina).

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Scena prima. Teresina (in sedile) e Clelia (arriva e riceve la preghiera ad alta voce di Teresina).

 

CLELIA.  Si sta vestendo per uscire. Passerà di qua e allora Lei le potrà parlare.

TERESINA.  Forse è meglio tu non le abbia detto niente. Così vedrò… ci penserò. Si fa presto a parlare. Poi si subiscono le conseguenze. È tanto difficile di dire ad una persona: Mi trovo tanto, tanto bene in casa tua ma vorrei andarmene. Come si fa?

CLELIA.  Si può benissimo. Si dice: Come è cara e graziosa e comoda questa casa. Giusto quella che fa per me perché io non la voglio né più ricca né più vasta. Così mi piace. Voglio però lasciarla perché io sono un po' bizzarra e le cose che mi piacciono troppo non le voglio.

TERESINA.  Tu scherzi invece che darmi un buon consiglio.

CLELIA.  Io il mio consiglio ve l'ho già dato. Io trovo che qui si sta tanto bene. C'è il pittore che a me piace tanto di vedere.

TERESINA.  Ne saresti innamorata?

CLELIA.  Innamorata no. Io sono una poverina e non posso guardare tanto in alto. A me basta di vedere gli altri come fanno all'amore. Ho fatto quel forellino nella porta e da sto a guardare come s'avvicinano, s'avvicinano, s'avvicinano.

TERESINA.  Brutta cosa spiare la gente così. E che cosa vedi?

CLELIA.  Finora egli dipinge ed essa sta ferma. Ma s'avvicinano. Lavora da un mese a quel quadro e non ha ancora stabilito la distanza dal modello. Trova che ne è sempre troppo lontano. Avevano cominciato così: Lui ed essa accanto alla finestra. Poi s'avvicinò sempre più ma sulla finestra fu tesa una tenda. Eccolo anche lui quasi nel cantuccio. Però c'è un'oscurità tale che io dovetti allargare il forellino per poter scorgere qualche cosa. E come ci vede per dipingere? Infatti non mi pare che il quadro proceda. Io lo guardo ogni giorno e non vi scorgo nulla di nuovo. (Prende il quadro e lo guarda.) Ieri lavorò più del solito. Ci mise la sua firma. Eccola: Sereni. Ma non mi pare che abbia fatto altro.

TERESINA.  Metti via quel quadro. Alice viene. (Attesa.) Mi pareva di aver un rumore.

CLELIA.  E se mi trovasse col quadro in mano che male ci sarebbe? (Ripone il quadro al suo posto.) A me piace anche che in strada c'è quel signore grasso e vecchietto che cammina su e giù con pazienza infinita guardando la finestra. Io mi diverto di affacciarmivi e fargli dei segni. Lui non vede me ma solo il mio fazzoletto. Ma io vedo lui. Quando movo il fazzoletto egli s'arresta e si appoggia al colonnino quasi avesse paura di cader per terra per la grande speranza improvvisa.

TERESINA.  Fai male, molto male. Te ne prego, cessa d'ingerirti in cose che non ti riguardano. Se Alice ti scopre crederà sicuramente che sono stata io a indurti a spiare.

CLELIA.  Ma io, perché no?, dirò ch'è il mio piacere di veder l'amore in istrada e qui.

TERESINA.  Non ti crederanno. Che senso c'è di aver piacere di veder fare all'amore? Crederanno sia una vecchia che vuol vedere fare all'amore perché i giovini non guardano ma lo fanno loro. Crederanno ch'è stata la zia Teresina che vuole sapere come voleva sapere tutto nella casa in cui abitava quando disponeva di buone gambe e di buoni occhi. Guardavo tutto io. Come sarebbe differente questa casa se non fossi malata. Quella serva che ruba i migliori bocconi, quei bambini che non hanno nessuno che li educhi. Come sono cattivi! Quando io potevo movermi a questo mondo non c'erano di simili bambini.

CLELIA.  Che fortuna per me di non avervi conosciuta prima.

TERESINA.  Perché? Io ero buona, buona, ma anche molto attiva. Non ebbi mai fortuna. Ero la più vecchia delle tre sorelle. Esse si sposarono ed io restai in casa coi genitori. Non si poteva mica sposarsi tutte. Io rifiutai tanti buoni partiti! Se avessi voluto… Ma bisognava che la persona più assennata restasse in casa. Questa fui io… naturalmente. La mamma di Alice era troppo testarda e non la vollero. Testarda com'è la figlia. La mamma di Alberta era troppo vana. Avrebbe strappato le piante del giardino per addobbarsene. Alberta è anch'essa vana, ma si vede meno perché sta nella grande città ed ha i suoi parrucchieri ed i suoi sarti. È una grande signora. Così stetti io a casa e in questa sediola dura ci stava mia madre mentre io ero al tuo posto. Io ero però più attenta. Tu sei troppo giovine. Quando spingi questa seggiola le dai di tali scosse che soffro come se dovessi correre io stessa.

CLELIA.  Ma è difficile di far andare una seggiola come volete voi.

TERESINA.  Vi era mia madre in questa seggiola ed io la movevo con maggior amore.

CLELIA.  E che diceva lei di questa seggiola?

TERESINA.  Essa, poverina, aveva un carattere guastato dall'età e dalle malattie. Si poteva essere dolci e lenti quanto si poteva ed essa si lagnava. La vetturetta andava soffice come sulle rotaie e tuttavia essa sentiva colpi e scosse. Io sono contenta, contentissima di te, cara Clelia, non parlo mica per lagnarmi. Anzi se lo domandi ad Alice o ad Alberta sentirai come io di te sempre mi lodi. Finisco ogni mia parola con la constatazione che sarebbe male ch'io non t'avessi. Sei la mia unica consolazione. (Poi.) Hai il sonno un po' duro. Questa notte cominciai a chiamarti alle cinque del mattino e mi rispondesti alle sette. Furono due ore un po' lunghe. Io, quando mia madre mi chiamava, con un balzo ero fuori del mio letto e accanto al suo.

CLELIA.  Ma avete mai domandato a vostra madre se proprio vi svegliavate tanto prontamente quando vi chiamava?

TERESINA.  Non mi rimproverò mai di avere il sonno troppo duro.

CLELIA.  Si vede che essendo vostra madre le faceva piacere di vedervi dormire tanto bene.

TERESINA.  Per me nessuno ebbe mai tanti riguardi.

 


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