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Scena terza. Fortunato dal giardino, poi Enrico Biggioni e detti.
FORTUNATO (urla dal giardino). E se sentivi non avevi le gambe per andar tu ad aprire?
RITA (indignata). Non ho alcuna intenzione di addossarmi il tuo lavoro.
FORTUNATO. E chi ti dice che sia proprio mio quel lavoro? (Squilli del campanello.)
ANNA (corre alla finestra). E allora dovrò andar io ad aprire la porta?
RITA (ch'è rimasta alla finestra). Più presto, Fortunato, più presto. Quando l'avrai fatto studieremo di chi sia il lavoro.
ANNA. Vuoi tacere? Non ti vergogni? (Vuol essere arrabbiata ma ride fino a cedere.) Buona! Buonissima questa. Voglio raccontarla a Giovanni.
RITA. Dacché è tanto geloso non vuol più lavorare per me. Ma vuole sposarmi tuttavia. Come farà se non vuole lavorare? Forse alla gelosia s'abituerà. Il signor Giovanni dice che ci si abitua a tutto, anche alla vecchiaia. (Poi.) È il signor Biggioni, l'amico del povero signor Valentino.
ANNA. Vorrà veder Emma. Essa sta preparandosi per uscire. Vuoi avvisarla? (Rita esce a sinistra.)