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Scena seconda. Rita e Fortunato.
RITA. È il nipote del padrone. Non posso mica offenderlo. Lo dicesti tu stesso: Tenerlo alla larga con buona grazia. È quello che faccio.
FORTUNATO. Sì! Ma lo fai con troppo buona grazia. Graziosa… civetta. Ecco quello che sei.
RITA (piangendo). Come se fossi una bambina. Come se mi si potesse (singhiozzo)… senza che me ne accorga.
FORTUNATO. Non mi stai più a sentire, non stai più attenta a quello che ti dico. Da otto giorni io non dico più di tenerlo alla larga con buona grazia. Io dico di tenerlo alla larga, semplicemente alla larga. Non c'è più bisogno della buona grazia. Hai capito?
FORTUNATO. Sei come una vettura dall'accensione sbagliata. C'è la benzina, c'è il motore, ma non ti muovi. Vuoi sì o no intendermi? Quando lui vuole spiegarti qualche cosa e ti si caccia accanto, devi semplicemente voltargli le spalle e mandarlo a quel paese.
FORTUNATO (imitandola). Oh!
RITA. E la casetta, e la nostra posizione in casa?
FORTUNATO. Che c'entra? Noi siamo al servizio della signora Anna che ti vuol bene e del signor Giovanni che ti vuol bene.
FORTUNATO. Brava! Quel vecchio maiale!…
RITA. Era il nostro caro, buon vecchio delle cui imbecillità ci si divertiva tanto ad onta della sua avarizia ed ora è un vecchio maiale le cui imbecillità fanno schifo.
FORTUNATO (ridendo). Ma è tanto aggressivo?
RITA. È un falsone! Persino in presenza della signora Anna trovò il modo di accarezzarmi. Iersera mi domandò a quando sarebbero state le nozze e parlando mi prese la mano. Poi da lì pian pianino s'arrampicò sul braccio fino alla spalla. Provava.
RITA. Ho capito che provava perché qualche giorno fa mi trovò sola, mi disse che m'amava come una figlia, che avrebbe tutelata la felicità della mia famiglia come un padre…
RITA. Improvvisamente mi domandò di poter provare. Proprio così disse, e tentò subito di darmi un bacio in bocca. (Forbendosi la bocca.) Schifoso! in bocca! Con quella bocca sdentata!
FORTUNATO. Finché ti fa schifo non c'è nulla di male. (Eppoi.) E come andò la prova?
RITA. Che ne so io? Venne la signora Anna e lui per darsi un contegno si mise a drizzarsi il colletto. Era malsicuro e molto rosso. Io me ne accorsi ma non la signora Anna. Pare ch'essa da molti anni non guardi in faccia suo marito. Si capisce.
FORTUNATO. Non agitarti, cara mia. Io non ci credo a quell'operazione voluta da quel gran dottore ch'è il signor Guido. Hai pur visto che i denti non gli sono ricresciuti e senza denti non si mangia, sai. Io lo terrò d'occhio. Quando vedessi che l'operazione lo ringiovanisse sul serio, gli desse quell'aspetto che io mi so, avviserei la signora Anna perché lo metta all'ordine. Fino ad allora sta tranquilla. Del vecchio non mi curo. Cera una volta nel nostro villaggio un dotto uomo cui tutti ricorrevano quando avevano bisogno di consiglio. Andò da lui una giovinetta a domandargli come potesse respingere senza troppo offenderlo il settantenne padrone che la insidiava. Sai quello che il dotto uomo le consigliò?
RITA. Ebbene?
FORTUNATO. Di aprire le braccia e dire al padrone: Padrone, eccomi qua. Quello era un uomo! Furbo!
RITA (spaventata). Ed io dovrei fare così?
FORTUNATO. Non dico questo. Ti racconto solo che quel padrone fu tutt'altro che incoraggiato da un'offerta simile. Così subito? chiese.
RITA. Ma quel vecchio non aveva mica subito un'operazione.
FORTUNATO. Lascia stare quell'operazione. Se egli non si spaventasse della tua proposta e volesse approfittarne, io so che tu sei donna da respingerlo… almeno finché ti fa schifo. E quando io m'accorgessi che non fosse più tale da farti schifo, ci penserebbe la signora Anna. Quello che intanto esigo è che cessi questa corte del signor Guido. Noi del signor Guido non abbiamo più bisogno.
RITA. Ma il signor Guido non si cura affatto di me.
FORTUNATO (alzando la voce). Bada che una bugia simile può farmi credere il peggio.