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Finalmente!
38. Finalmente gli "americani" tornano a Ràbbato.
Era stata una gran delusione non vederlo arrivare assieme con gli altri due fratelli.
«Verrà l'anno prossimo. Ha trovato un buon posto e non ha voluto lasciarselo sfuggire. Ha ottenuto terreni, una masseria, diciamo qui. Ha venti uomini con lui e dieci sono nostri paesani».
«Ma è vero che è stato ferito, in pericolo di morte e anche carcerato?»
Lo zi' Santi lo interrogava da parte, per via della povera madre che non sapeva consolarsi e che in cucina nel medesimo tempo interrogava insistentemente Menu.
Menu ripeteva quasi la stessa risposta del fratello.
«E tutte le brutte voci che spargevano qui?» diceva lo zi' Santi.
«Ferito in una rissa per sbaglio. In carcere, sì, pochi giorni. Un po' traviato nel prim'anno... Ma poi...»
Santi e Menu avevano mentito così bene da tranquillizzare il nonno e la mamma. Potevano dire che Stefano era stato condannato a un anno di carcere e doveva scontare la pena?
Essi, appunto, si erano decisi a tornare per impedire che i compaesani rincarassero la dose delle cattive notizie, e contristassero gli ultimi giorni del nonno, dopo che una lettera del dottore li aveva avvisati che stava male.
«Se volete rivederlo tornate presto».
Ed erano partiti immediatamente.
Tra i regali portati da essi c'era un bel pappagallo verde. La gnà Maricchia lo guardava con gran curiosità; era la prima volta che ne vedeva uno.
«Ma che fa? Non può star fermo un momento».
L'uccello si arrampicava alla stecca della gabbia, si avvolgeva attorno ad essa, quasi facesse la ginnastica, tenendosi penzoloni.
Pareva un po' stranito di trovarsi in un posto nuovo; mandava rauchi stridi.
Menu aveva messo la gabbia sul davanzale della finestra della stanza dov'era preparata la tavola. Si erano appena seduti che lo zi' Santi e la gnà Maricchia trasalirono sentendo chiamare: «Menu! Menu! Santi! Santi!»
«Oh Dio! ... Parla come un cristiano!»
E la sorpresa di lei fu maggiore, quando il pappagallo, rassicurato, sfoggiò la sua parlantina:
«Nannu! Nannu! ... Gnà Maricchia! Nannu!...»
Nella via si era formato un gran crocchio di gente. I ragazzi si divertivano ad eccitarlo, ripetendo quelle parole, e il pappagallo rispondeva.
Così il desinare, che l'assenza di Stefano rendeva alquanto triste, ebbe un po' di allegria.
Avevano invitato anche lo Sciancatello, che mangiava di gana e beveva meglio.
«Non faccio cerimonie. Non mi capita tutti i giorni di aver davanti un così bel piatto di lasagne, e di bere un bicchier di vino come questo... Alla vostra salute, zi' Santi! Alla tua, Menu! Oggi è festa grande qui!... Ogni volta che vostro nonno veniva alla Nicchiara, non si parlava di altro. "Chi sa che fanno quei carusi?" Vi chiamava sempre così, te e Stefano... Allora Menu era ancora qui. Ed io ripondevo: "Fanno quattrini!" Infatti!... Gli è rimasta in gola la Nicchiara a quell'usuraio del padre di Coda-pelata... Quando lo incontro, gli dico: "Eh? Il fondo dei Lamanna vi è scappato di mano!" Come se gli dessi una coltellata, tanto si fa brutto in viso... Alla salute di Stefano! Non dobbiamo dimenticarlo».
Egli intanto non dimenticava a mescersi, e a ogni bevuta ripeteva:
Il pappagallo, che era stato zitto un pezzetto, in questo punto ricominciò:
«Nannu! Nannu! gnà Maricchia! Nannu!»
«Bravo! Bravo! Diamo un bicchier di vino anche a lui».
Lo Sciancatello riempito il bicchiere si alzò per portarglielo. Menu lo trattenne.
«Non beve vino», gli disse ridendo di quell'atto.
E lo tracannò tutto di un fiato.
Appena finito di desinare, la casa fu invasa dai vicini e dagli amici che volevano salutare gli «americani». Santi e Menu erano storditi dai mirallegri, dalle domande di tutta quella gente che parlava ad alta voce. Chi chiedeva notizie di parenti, chi di questo, chi di quello. Si stupivano che Santi e Menu rispondessero: «Non sappiamo, non li abbiamo visti!»
Che si figuravano? Che l'America fosse un paesetto come Ràbbato?
Poi si fece sera. Lo Sciancatello era andato via un po' barcollante. E allora, nell'intimità, mentre Menu raccontava alla mamma i casi suoi, Santi disse al nonno:
«Ho accumulato seimila lire. Le metto nelle vostre mani. Se lo Sciancatello volesse venderci il suo fondo, ingradiremmo la Nicchiara. Potremmo anche comprare la casetta della gnà Pina qui accanto, e fabbricarci su un'altra stanza. Ci ho pensato sempre; perché, sì, là si sta bene, si guadagna, chi ha la testa a posto e le braccia sode... ma ci si sente come pesci fuor d'acqua. Par di essere portati via da uno di quei mulinelli che fa il vento con la polvere della strada. Non si ha tempo di prender respiro».
Il nonno lo ascoltava commosso, con le lacrime agli occhi.
«Io tornerò per dare una mano di aiuto a Stefano nelle terre che gli sono state accordate». La sua voce era velata nel ripetere questa bugia.
«Basterà un anno. L'avvenire di Menu è assicurato. La figlia del banchiere Keller, l'attuale mio padrone, lo ha preso a ben volere. Il ragazzo è assennato, diligente; parla inglese; la signorina gli ha fatto da maestra. È stata una fortuna. Menu si farà strada, nonno».
«Tu parli, figlio mio, come se io dovessi campare fino a cento anni», disse tristamente lo zi'Santi. «Credevo di non più vedervi. Sono stato male, molto male nei giorni scorsi. Il Signore mi ha concesso la grazia di rivedere almeno voi due, te e Menu; mi basta. Se arriverò a vedere mio fratello... Può essere qui da un giorno all'altro... Guarda come tua madre si beve con gli occhi le parole di Menu».
Menu parlava sottovoce, quasi facesse gravi confidenze, e la gnà Maricchia sorrideva, asciugandosi di tratto in tratto gli occhi con una cocca del fazzoletto che aveva in testa.
«Ed ora andiamo a letto», disse il nonno. «Dovete essere stanchi del viaggio. Avremo da chiacchierare domani, domani l'altro e ancora! Ancora!»
«Sì, un po' stanchi, nonno», rispose Menu.
«Mi par di essere tornato ragazzo!»
«Infatti, ora sei vecchio», rispose il nonno. Gli posò una mano sulla testa e soggiunse: