IntraText Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText | Cerca |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
5. Facciamo finalmente la conoscenza di Coda pelata.
Carmine Liotta, detto Coda-pelata col soprannome di famiglia, stava seduto dentro la merceria di don Franco. La gente faceva ressa davanti alla bottega per vedere l'«americano» e sentirlo parlare. I ragazzi, in prima fila, si davano colpi di gomiti e spintoni per mantenersi il posto.
Don Franco, con la papalina di traverso sulla zucca pelata, tentava di frenare gl'invasori della bottega.
«Signori miei! Io devo fare i miei affari. Un po' di largo per gli avventori, signori miei!»
Coda-pelata sorrideva, superbo di vedersi così corteggiato dai suoi compaesani, concedendosi in spettacolo con le dita piene di anelli, che metteva in mostra togliendosi il sigaro di bocca e riportandovelo lentamente. Diceva:
«Qui posso darmi lo svago di sputare in terra; in America mi prenderebbero la contravvenzione e pagherei la multa».
Scorgendo Stefano e Santi Lamanna che tentavano di farsi avanti, don Franco, scambiatili per avventori, cominciò a gridare, ritto sulla soglia della bottega:
«Lasciate passare le persone... Un po' di educazione, signori miei!»
E rimase deluso vedendo che anche i due fratelli Lamanna venivano per quel demonio di Coda-pelata che faceva ammattir tutti, se ci mancava poco che non lo convincessero a chiuder bottega e andare a metter su una bella merceria in America a «Nuova Yorca»... Ma aveva moglie e figli e non poteva trascinarseli dietro!
Lo ripeteva da sé mentre Stefano e Santi, un po' ritrosi davanti all'aria spavalda di Coda-pelata, gli davano il ben venuto.
«Ho chiesto di voialtri al vostro fratello piccolo», egli disse. «Quando penso che giovanotti come voi si sciupano la vita qui, senza cavare un ragno da un buco... Ne riparleremo più tardi: verrò a trovarvi a casa. Voglio salutare il nonno. Sempre all'erta il nonno, eh?»
Gli occhi, aggrottati ma sfavillanti più che mai, le labbra strette quasi aggrinzite, tutta la persona un po' curva verso Coda-pelata rimasto seduto con una gamba accavalcioni all'altra e la mano inanellata, fermata a mezz'aria, in attesa ch'egli traesse dal sigaro alcuni sbuffi di fumo — mostravano con quanta invidiosa acuità Stefano osservasse il giovane barbiere, confrontando la figura magra, striminzita e umile di una volta, prima che egli fosse partito per l'America, con questa che gli stava ora sotto gli occhi, mutata compiutamente, irriconoscibile.
Lo sguardo di Stefano errava dalla spilla con brillanti che straluccicava sul color granato della cravatta di Coda-pelata, agli anelli delle dita, alla grossa catena d'oro tesa da un taschino all'altro del panciotto, con due ciondoli diversi e una moneta d'oro bucata pendente da una magliettina, d'oro anch'essa, un po' più giù dei due ciondoli. E guardando biascicava leggermente quasi avesse qualcosa di amaro nella bocca, che gli dava fastidio.
Santi, con un vago sorriso sulle labbra stava ad ascoltare quel che Coda-pelata diceva a voce alta, per farsi sentire da tutti, tra uno sputo e l'altro. Non provava invidia, ma una specie di fascino; sarebbe stato giornate e nottate intere a sentirlo parlare di quei paesi dove bastava stendere il braccio per afferrare manate di quattrini. Coda-pelata non diceva precisamente questo, diceva anzi che bisognava saper darsi attorno, lavorare. Colà lavoro se ne avrà per tutti; avevano bisogno di braccia nelle campagne, nelle città... E poi, se uno aveva un po' di gnègnero poteva far da sé.
«Io per esempio, appena arrivato, mi son messo per giovane da un barbiere napoletano. Avevo la mano lesta, leggera; e da quelle parti tutti hanno fretta, e non vogliono star sotto il rasoio più di cinque minuti. Io... ziff-zaff-ziff!... senza dire una sola parola, mentre il padrone indugiava, attaccando discorso coi clienti, raccontando i fatti suoi, e gli altri giovani facevano lo stesso. Io... ziff-zaff-ziff!... col rasoio sempre arrotato di fresco; ne avevo tre di mio, li portavo in saccoccia... E tutti, dopo aver provato, volevano esser rasi da me, dal siciliano.. Allora, da rabbatano scaltro, il giorno che un cliente (ricco signore, si vedeva, mi dava una mancia a parte a ogni rasa), il giorno che egli aveva dovuto attendere per aver fatta la barba da me... ziff-zaff-ziff!... chi se l'aspettava? Dice: "Perché non aprite un salone voi?" Dico io: "E i quattrini chi me li dà?" Dice: "Se manca soltanto per questo!" Qui un galantuomo avrebbe mai avuta la tentazione di prestarmi cinque soldi? E quello lì, senza pensarci su due volte: "Ecco trecento dollari!" Quanti sono trecenti dollari? Una miseria! Mille e ottocento lire. Più di cent'onze come si dice da noi... E la mia fortuna era fatta! Glieli ho restituiti? Ma che! ziff-zaff-ziff!... e in meno di sei mesi, compensati; quel signore voleva essere raso una volta al giorno. Pareva che provasse un gran gusto a sentirsi insaponare la faccia in un nomine patri, e poi... ziff-zaff-ziff!... via con le gote lisce, come se non vi fosse mai cresciuto un pelo».
La gente scoppiava a ridere a ogni «ziff-zaff-ziff!» di Coda-pelata che gestiva quasi avesse sotto le mani il cliente da radere, e agitava un fantastico pennello, faceva una fantastica saponata, dava un'affilatura a un non meno fantastico rasoio sulla costa carnosa della mano e poi — ziff-zaff-ziff! — sembrava di veder andar via il cliente ben raso e soddisfatto.
Soltanto Stefano non aveva riso, con le mani dietro la schiena e i cupi occhi intenti su Coda-pelata che, di tratto in tratto, si voltava verso di lui per scorgere l'effetto delle sue parole.
Ora, mutato argomento, egli parlava delle campagne.
«Ma bisogna vedere. Altro che feudi! Al confronto, mettiamo, la piazza qui davanti è un fazzoletto da naso».
E ne sciorinò uno di seta, traendolo dalla tasca del petto della giacca.
«Vi dicono: "Volete dei terreni? Prendeteli; li pagherete poi; intanto coltivateli!". Dissodarli costa fatica. Sicuro! In quattro e quattr'otto si rizza una casa, di legno; c'è sempre tempo a fabbricarla in muratura... Ma il padrone siete voi. Se avete braccia sode e buona volontà...»
E mentre egli parlava, Stefano aveva la visione del pezzo di terreno che si sarebbe preso, un feudo, giacché ognuno poteva staccarsene quanto voleva; e Santi pensava che, insieme col fratello, si sarebbero arricchiti in pochi anni. Poi avrebbero venduto ogni cosa, e sarebbero tornati al paese a fare i signori, con le dita piene di anelli, e le catene d'oro al panciotto come Coda-pelata. Allora essi avrebbero preso moglie e i Lamanna non sarebbero stati più i poveri contadini che erano ora. In che modo non sognare ad occhi aperti, dopo quel che udivano da quella bocca che non si fermava un momento, tante e tante cose aveva da dire?
L'orologio della chiesa di Sant'Isidoro cominciò a suonare i cento rintocchi alternati di mezzogiorno.
«Ancora all'antica! » esclamò Coda-pelata traendo di tasca il suo orologio d'oro. «Neppure gli orologi qui hanno fretta. Basterebbero dodici tocchi!»
«Il vero orologio è lo stomaco», disse don Franco. «Dunque più tardi a casa vostra», fece Coda-pelata, rivolto ai fratelli Lamanna.
«È... che col nonno...» rispose Stefano esitando.
«Me lo immagino; ha idee di cent'anni fa! Se si dovesse dar retta ai vecchi, si rimarrebbe eternamente come le chiocciole nel loro guscio!»
Stefano e Santi presero lestamente la via di casa, senza scambiarsi un motto.
La gnà Maricchia aveva già preparata la tavola. Si attendeva il loro ritorno per scodellare i maccheroni col sugo di pomidoro.
Si fermarono stupiti sulla soglia della stanza.
Menu in piedi, davanti al nonno, rifaceva parola per parola la narrazione di Coda-pelata, con la intonazione della voce, coi gesti, e tutti i suoi «ziff-zaff-ziff!». Il nonno rideva, e lo interrogava esclamando:
«È un gran ciarlatano!»
Il ragazzo, scappato di casa dietro i fratelli, era tornato poco prima che suonasse mezzogiorno.
E riprendeva, stimolato dalle risa del nonno:
«Io, ziff-zaff-ziff!» E quel signore: «Ecco qui mille lire, cento onze! Ziff-zaff-ziff!»
«È un gran ciarlatano», ripeteva il vecchio, scotendo la testa.