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7. Stefano e Santi prendono la decisione di partire.
«Basta», concluse Coda-pelata dopo una pausa. «Che direste, nonno, se io conducessi via Stefano e Santi?»
«Parto anche io», soggiunse Garozzo.
«Se tu sei pazzo, figliuolo mio, non saranno pazzi i miei nipoti».
«Non parlerete così», insistette Coda-pelata, «quando vedrete arrivarvi i loro bei vaglia postali, quando vedrete tornare i nipoti con le tasche piene di dollari».
«Che sono i dollari?»
«Pezzi da cinque lire e quarantaquattro centesimi, in argento! Là li chiamano dollari, e ci sono anche in oro. Questo è un dollaro mezz'aquila, si dice così, e vale venticinque lire; me ne son fatto un ciondolo per la catena del mio orologio. Se fossi rimasto qui, a radere la barba dei contadini, sarei più morto di fame di prima».
«Voi siete il demonio tentatore, don Carmine!»
Lo zi' Santi lo guardava da capo a piedi, quasi per persuadersi che colui che gli stava davanti agli occhi fosse proprio il giovane barbiere di quattr'anni fa, magro e mal vestito. Ricordava che era venuto a salutarlo: «Parto per l'America!» «Dio ti aiuti!» gli aveva risposto, con accento di compassione...
«Dunque?» fece Coda-pelata. «Pensateci bene. Si va via tra quindici giorni. Voialtri non dite niente?»
«Partiremo anche noi» riprese Stefano con voce più cupa del solito, e senza guardare in faccia il nonno, né la madre ritta in piedi, sempre appoggiata con le spalle allo stipite dell'uscio, immobile come una statua.
«E il danaro pel viaggio chi ve lo dà?»
«Venderemo un pezzo di terra», rispose Stefano al nonno.
«Non occorre», interruppe Coda-pelata. «C'è chi lo presta con la cautela del fondo... e anche della casa».
«Partiremo anche noi», replicò Stefano con voce più risoluta e più aspra. «Santi ed io!»
«Santi tra due anni deve andare soldato...»
«Verrà a posta».
«Oh, voi, don Carmine, accomodate le carte come vi piace!»
«Resto io con te, nonno! Ti terrò compagnia io, nonno, insieme con la mamma! Poi, quando Stefano e Santi saranno tornati ricchi, andrò anch'io a far quattrini».
«Bravo Menu!» disse Coda-pelata, rizzandosi da sedere per prender commiato, accarezzando con la mano una spalla del ragazzo.
Lo zi' Santi era sbalordito, quasi le parole di Stefano: «Partiamo anche noi!» gli avessero dato una mazzata sulla testa.
«Figli miei, perché volete andarvene?» disse la gnà Maricchia, col pianto nella gola.
«Perché?... Ma come?» rispose Stefano irosamente. «Avete sentito, avete visto, e vorreste che ci lasciassimo scappar di mano la fortuna? Dobbiamo stentare ancora, perdere la giovinezza e la salute su quei maledetti quattro sassi nella Nicchiara? Io son risoluto, vado in America. Se lui...» e si rivolse a Santi: «Perché stai muto tu?»
«Nonno, mamma, se ci volete bene, lasciateci andare!» supplicò Santi. E gli tremava la voce.
Nessuno più disse niente. Parve che in quel giorno e negli altri che seguirono un silenzio di profonda tristezza incombesse sulla casa dei Lamanna, quasi vi fosse accaduta una grande sventura.
Menu aveva tentato di fare ridere il nonno, dicendo: «Nonno, avresti dovuto farti raccontare la storia dello ziff-zaff-ziff!»
Ma il nonno era rimasto a capo chino, con gli occhi socchiusi e le mani sulle ginocchia. La gnà Maricchia andava attorno per le faccende di casa, e di tratto in tratto si asciugava gli occhi con la cocca del grembiule. Stefano e Santi erano ripartiti zitti zitti per la Nicchiara.