Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
Profumo
Lettura del testo

AI FAMILIARI.

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«»

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Eugenia, rimasta quel giorno più a lungo alla finestra, coi gomiti sul davanzale e la faccia tra le palme, non aveva udito il lieve rumore dei passi di lui, accostatosi in punta di piedi. Sentendosi stringere inattesamente alla vita, diè un grido:

«Ah!... Che paura mi hai fatto

E lo guardava, maravigliata che egli fosse tornato a sorprenderla , e l'avesse stretta a quel modo.

«Siamo a questo?» egli disse, sforzandosi di parere allegro. «Già ti faccio paura

«Così all'improvviso!... Vedi come tremo

«Hai ragione. Scusa. Non lo farò più.»

Non ci aveva badato. E prèsala per le mani, la fissava con lo sguardo che chiedeva perdono.

«Non è niente. È passato!» ella disse. «Ti occorre qualche cosa?»

«Perché?»

«Sei stato qui poco fa; ora ti veggo ritornare...»

«Non mi occorre nulla. Solamente... desidero sapere... se ti senti meglio di ieri» egli rispose con imbarazzo.

Infatti non voleva precisamente dir questo.

«Sì, sì!... Sto bene! Sto meglio! Te l'ho detto! Dio mio!»

«Non stizzirti

«Mi arrabbio perché non sono creduta!...»

«Via, via, sii buona!...»

Le stringeva forte le mani, tendendo le braccia, per rimprovero.

E soggiunse:

«Su, andiamo a vedere le rose fiorite. Così ti svagherai

Eugenia alzò la testa. Era la prima volta che suo marito la invitava ad andare con lui. Dallo stupore, non seppe reprimere le amare parole che le salirono, quasi con scoppio, dal cuore alle labbra.

«E tua madre che ne dirà

Patrizio finse di non avere udito, e ripetè:

«Andiamo! Andiamo

Si era risoluto a interrogare Eugenia, ed era assorbito da questa idea. Volendo adoperare un po' di astuzia per non fare scorgere la sua intenzione, il pretesto di andare a vedere le rose gli era parso buonissimo. Cercava intanto il modo di incominciare; e lungo il corridoio, e scendendo la scala, e traversando il viale degli aranci carichi tuttavia di frutti color d'oro, non disse una parola.

Eugenia, che gli camminava a lato a capo chino, tentando di spiegarsi da sé l'insolito invito, strappava distrattamente, nel passaggio, foglie d'arancio che metteva tra i denti e mordeva, per poi rigettarle con le labbra. Più in , sotto il pergolato, invece di mordere i teneri pampini che andava cogliendo, li lacerava uno appresso all'altro con gesto inquieto; più in , nel viale fiancheggiato da nane siepi di bosso, stroncava i ramoscelli a portata di mano e li lanciava per aria.

«Oggi sei cattiva fin con le piantedisse Patrizio. «Che cosa hai? Non ti riconosco più!»

«Lasciami fare. Ecco le rose

E affrettò il passo.

Si vedevano laggiù, presso il muro di cinta, rosseggianti tra il verde, quasi fiammanti al sole. Due cardellini, che saltellavano su le cime della pianta, fuggirono col lor volo a riprese, non appena li videro accostare. Posatisi sul mandorlo vicino, pigolavano inquieti.

«Quei cardellini hanno forse il nido nel rosaio» notò Patrizio.

Eugenia alzò le spalle.

«Ma che cosa hai insomma?» egli esclamò. «Non ti si può dire niente!»

Eugenia muoveva rapidamente le palpebre, per frenare le lagrime che tutt'a un tratto le avevano gonfiato gli occhi.

«Ecco come stai meglio!» fece Patrizio. «E vuoi farmi credere che non mi nascondi più nulla?»

«Oh!... Te lo giuro... Questo... è un'altra cosa» s'affrettò a rispondere Eugenia, asciugandosi gli occhi con le mani. «Non badarci

Scosse la testa, cercò di sorridere, e corse verso le rose:

«Belle! Son fiorite tutte a una volta. Quanti bocciuoli! E che freschezza! Guarda

Le accarezzava, le sollevava pel gambo, le odorava, ammirandole, girando attorno al rosaio, scoprendone altre più belle, mezze nascoste tra il denso fogliame. E parlava a scatti, passandosi la lingua su le labbra, accompagnando alle parole bruschi movimenti di tutta la persona, quasi volesse così impedire che Patrizio s'accorgesse dell'agitazione di lei.

«È un'altra cosa!» egli si ripeteva mentalmente. «Ma che cosa?» avrebbe voluto gridare.

E tacque, per quelle frequenti viltà del cuore che sopravvengono alle persone lungamente provate dalla sventura. Ignorare, anche per pochi istanti, sembra loro un sollievo.

«Un'altra cosa?... Ma che cosa?»

S'udì da lontano la voce del Padreterno che, strascinando pel viale i grossi scarponi, con la zappa su una spalla e la giacchetta in mano, faceva grandi scrollate di capo in segno di approvazione e veniva innanzi, ripetendo:

«Brava! Coglie le primizie per la Madonna? Volevo suggerirglielo. Mi ha prevenuto. Primizie non tardabi, diceva padre Alessio con la parola di Dio

Patrizio sorrise a quel latino storpiato. Ma Eugenia stava per lasciarsi cascar di mano le ultime rose colte; non aveva pensato alla Madonna, e ne era mortificata.

«Eccole; sono tutte qui» disse, indicando, quasi per giustificarsi, anche quelle date a tenere a Patrizio. «Le metterete voi nei vasetti dell'altare. Bastano

«Bastano

Il Padreterno, appoggiata la zappa al muro di cinta, cavato dalla tasca della giacchetta il fazzoletto a scacchi rossi e turchini, lo stendeva per terra:

«Le metterò qui per non gualcirle

«Prendine qualcuna» suggerì Patrizio.

«No, no!»

Anzi ella ne colse due altre appena sbocciate, e le depose sul mucchio.

«Hanno visto il nido dei cardellinidomandò il Padreterno. «Piglierò tutta la covata prima che voli via. Ho preparata la gabbietta. La madre verrà a imbeccare i piccini, finché non avranno imparato a beccare da sé. Sentirà poi che bel canto! Ecco il nido: guardi, signora, com'è ben nascosto! Cinque ovicini

I cardellini strillavano più forte, svolazzando sperduti, minaccianti alla loro maniera.

«Poveri animaletti! Lasciamoli tranquilli

E rifecero silenziosamente i viali, e silenziosamente risalirono la scala; ella, intrigata dell'insolito invito e dell'aspetto chiuso di Patrizio; egli, rampognandosi la propria debolezza, che gli aveva impedito di chiedere in tempo la spiegazione delle strane parole: «È un'altra cosa!». E il segreto del cambiamento di Eugenia stava !

Così nei giorni seguenti si tennero broncio, scambiando poche parole, dandosi internamente torto a vicenda: l'una intestata ad attendere che egli fosse primo a spiegarsi e a farle ragione; l'altro, sbalordito di veder già accaduto tra loro (e gli pareva impossibile!) qualcosa che somigliava a una sospensione di affetto, da cui si sentiva oppresso come da un incubo.

 

Per questo tutti e due accolsero con vivissimo piacere la nuova visita delle figlie del sindaco, che un giorno irruppero rumorosamente nel convento, accompagnate da Pina.

«Abbiamo portato da lavorare» disse Giulia.

«Segno che vogliamo annoiarla a lungo. Per noi è festa venir qui.»

«Grazie» rispose Eugenia.

«E donna Geltrudedomandava Benedetta a Patrizio. «Io me la dico assai con la sua mamma. Si può entrare a salutarla

«Certamente.»

Entrarono tutte insieme. E per un momento la signora Geltrude parve stordita dal gran chiacchierio delle tre sorelle.

«Sempre su questa poltrona! Sempre sola!» la compiangeva Benedetta, che le si era seduta accanto.

Angelica e Giulia si accomiatarono subito.

«Benedetta ama le persone mature. È seria lei!» disse Giulia con una spallucciata, girando attorno a se stessa, come le bambine che si divertono a far gonfiare la gonna.

«Sta' ferma un momentino!» la rimproverò la sorella.

«Non seccarmi

«Faccia come se noi non fossimo qui» diceva Angelica a Eugenia. «Ci tratti confidenzialmente. È il miglior modo per mostrarci che le nostre visite non le dispiacciono

«E l'Agente dov'è andatodomandò Giulia.

«Non si è accorta del commesso venuto a chiamarlorispose Eugenia. «È schiavo dell'ufficio

«Giulia! Giulia

Ma Giulia non dava retta ai richiami di Angelica; e aperto a fessura l'uscio dello studio e spiato con un occhio, domandava:

«È permesso

Prima che Patrizio avesse risposto, ella era già in mezzo alla stanza, battendo le mani dalla maraviglia:

«Quanti libracci! Paiono messali. Fumi, fumi pure; non mi noia. Che pipona! Vieni a vedere Angelica, che pipona

«È la mia compagna di lavoro» disse Patrizio, ridendo.

«Ah, queste cartacce! Rovinano la gente. Lei ha la mano pesante per la ricchezza mobile; lo dicono tutti.»

«Giulia

«Che glien'importa a lui? Fa il suo dovere. Si sa, le tasse non piacciono a nessuno. Me intanto, non mi tassa, caro Agente. Papà, se la vegga lui. Strilla anche lui però, è vero?... Ah!... Dice papà, se vogliono vedere i flagellanti la sera del Venerdì Santo. La processione passa sotto casa nostra. Verremmo a prenderli, facendo la visita ai sepolcri. Papà ha già ottenuto il permesso dal sottoprefetto. Gran spettacolo! Sono sei anni che la processione dei flagellanti non si fa più. L'aveva proibita il municipio del partito caduto. Frammassoni! Verranno? Non ci dica di no. A questa processione che si fa soltanto a Marzallo, accorre tanta gente da lontano. Vedrà che folla!... Noi staremo a guardare comodamente dall'alto

«Rompa la clausura per quel giorno» soggiunse Angelica «anche per far piacere a papà

«Se la mamma sta bene» rispose Patrizio.

«Altrimenti verrà lei sola» disse Giulia a Eugenia. «È fissato

E rivolgendosi a Patrizio domandò:

«Che cosa sono questi messali

«Il catasto...»

«Ah, la lista dei fondi! Ci sono dunque scritti anche San Basilio, Correntello, Saltovecchio? Ci faccia vedere. Saltovecchio è la dote della mamma. Vi andiamo a villeggiatura in settembre. Dovrebbero venirci anche loro, almeno per un giorno...»

Patrizio, preso e aperto un volume del catasto, lo sfogliava lestamente.

«Ecco qui Saltovecchio...»

«E perché ve l'ha scrittodomandò Giulia, dopo aver letto.

«Non ve l'ho scritto io, signorina

Giulia passava la mano sul dorso dei volumi, contandoli lestamente: dieci... quindici, trenta. Giunta presso la finestra, si affacciò spingendo il capo molto in fuori:

«Che bella vista

Vedendole cavare di tasca il fazzoletto bianco e portarlo alla faccia come per soffiarsi il naso, Angelica si precipitò anche lei verso la finestra, e affacciatasi un istante, afferrò la sorella pel braccio e la tirò sgarbatamente dentro.

«Tanto!» borbottava Giulia, mordendosi le labbra «Lo sposerò! Lo sposerò! A dispetto di tutti! Lo sposerò

Angelica, accigliatissima, spiegava la cosa ad Eugenia:

«Non possiamo fare un passo fuori di casa, senza vederci dietro quella malombra! Papà non vuole; la mamma non vuole!... E costei fa la civettona! Eccolo soggiunse, tirando Eugenia per una mano e costringendola a guardare dalla finestra. «Sì, sì! Levati il cappello, imbecille!....Mi ha scambiata, e mi saluta. Imbecille

«Imbecille sei tu!» brontolò Giulia, accostandosi vivacemente a Patrizio.

E, prèsolo pei petti dell'abito, gli spalancava in faccia gli occhioni neri:

«Dica: hanno fatto così anche con lei, quando amoreggiava con la sua signora? Non capiscono che è peggio! Bravo giovine, ricco, istruito, sul punto di prendere la laurea d'avvocato; che pretendono di più? E poi, piace a me. Non le pare che basti? Lei è piaciuto a donna Eugenia; donna Eugenia è piaciuta a lei: ed ora sono felici! Ogni volta che li vedo, fo tanto di cuore. Paiono due innamorati, dopo... dopo quanti mesi di matrimonio? Sette? Otto?»

«Qualche settimana di più.»

«E dopo trent'anni, saranno tuttavia gli stessi, perché si son presi d'amore e di accordo, anche a dispetto dei parenti. La mamma dice che morrà di dolore, se sposo Corrado. Storie! Dice sempre che sta per morire, e non muore mai. Dio le dia cento anni di salute, povera mamma! Io però ho la testa dura. Sente come è dura

E si picchiava su la fronte con le nocche delle dita.

«Quei sono i commessidomandò a un tratto, dopo aver dato una guardatina nella stanza accanto. «Che fanno? Scrivono tutto il santo giorno? Quanto guadagnano? Li paga lei o il governo

«Li pago io.»

«Li pagherà bene, certamente; lei ha buon cuore. Lo abbiamo disturbato. Scusi. Come? È di legno questa pipa? E non si brucia? Che puzzo! Non capisco che gusto proviate voialtri uomini a fumare. Ruggero, mio fratello, fuma sigarette, sa? Torna a casa per le feste di Pasqua. Venerdì sera lo vedrà. Arriva domani. Con lui siamo pane e cacio. È vero che ogni volta mi cava di tasca i pochi quattrini che metto da parte!... Glieli do volentieri. Buon figliuolo!... Allegrone! Facciamo il chiasso per le stanze come due bambini. E donna Benedetta ci sgrida! E donna Angelica fa il muso! Noiose le mie sorelle! Sente le risate di Pina? Matta! Oggi ha le lune allegre

Dietro l'uscio che dava nel corridoio risonavano gargarismi, scale ascendenti e discendenti prolungatissime, intramezzate a colpi di tosse di un'altra persona, che rideva insieme con lei, strillando quasi la strozzassero.

Giulia accennò con la mano a Eugenia e ad Angelica perché venissero a veder Pina, e intanto apriva l'uscio tutto a un tratto, per sorprenderla.

Aveva proprio le lune allegre! Girava, girava saltellando, tenendo spiegata, con le braccia in alto, come un gran ventaglio, la sua mantellina di panno turchino scuro; e stralunava gli occhi, e storceva la bocca, continuando i gargarismi e le scale ascendenti e discendenti delle sue risa. Dorata si teneva i fianchi, non ne potendo più.

Viste uscire nel corridoio le padroncine, Patrizio ed Eugenia, Pina fermàtasi un istante, con una smorfiaccia sul viso da strega, tornò a lanciarsi in quel suo ballo di San Vito, facendo buffe riverenze ora a Patrizio, ora a Eugenia. I commessi, attirati fuori dal chiasso, battevano le mani allegramente:

«Brava, gnà Pina! Brava, gnà Pina

«Pazza! Pazza!» le gridava il Padreterno, sbucato dalla sagrestia, con gesti di maraviglia e di compatimento. «Pazza! Pazza

«Io pazza, ma voi...»

E Pina si arrestò per finir la frase con un gesto della mano, tenendo aperto soltanto l'indice e il mignolo.

Il Padreterno, che non voleva sentirselo dire nemmeno coi gesti, mostrò i pugni.

«Se non fosse il rispetto delle signore!...»

Zuccaro intervenne per allontanarlo e non fargli vedere il gesto villano di Pina, che agitava in alto la mano con l'indice e il mignolo più ritti che mai.

«Volete mettervi con una pazza

«Pazza! Pazza! E intanto dice la veritàscappò fuori al Padreterno.

Patrizio non aveva mai riso tanto in vita sua. Eugenia, accesa in volto, quasi raggiante d'ilarità, rideva ancora dopo che le figlie del sindaco erano andate via.

«Così ti vorrei sempre!» le disse Patrizio, prendendola pel mento.

«Fosse vero!» ella rispose, accigliandosi.

«Ne dubiti

«Sì!»

«Ne dubitiincalzò Patrizio.

«Sì!»

«Perché?»

«Non lo so!... Mi pare che tu sei cambiato

«Io? Sei cambiata tu, oh, molto cambiata! Volevo dirtelo da un pezzo

Si guardarono stupiti, quasi tutti e due avessero pronunziato una bestemmia.

«No, non sono cambiatadisse Eugenia, abbandonando affettuosamente la testa sul petto di Patrizio.

«Poco fa, nella selva» egli rispose, con umile accento di preghiera «che intendevi? Parla!... Guardami in faccia... Ti sfuggì di bocca: «È un'altra cosa!».»

Ella appoggiava più fortemente la testa sul petto di lui, invece di sollevarla e guardarlo in faccia.

«Che cosa intendevi

«Sciocchezza! Non badarci

«Dimmelo; tanto meglio, se è una sciocchezza

«Te l'ho già detto: mi pareva che tu fossi cambiato. Dio mio!» soggiunse, voltando la testa perché la voce suonasse più chiara. «Potremmo esser felici, e soffriamo tanto! Tu non hai fiducia in me; sei chiuso nuovamente. Se sono malata, che colpa ne ho io? Ebbi torto, tacendo. Ma ora sto meglio. Ora sto bene. Non ho voluto ingannarti. La mia malattia ti tiene di cattivo umore, non negarlo. Che colpa ne ho io? Ho detto tutto al dottor Mola; ho detto tutto anche a te! Avevo vergogna. Non credevo che fosse così grave. Guarirò presto; vedrai. Senti? Il profumo è quasi sparito. Oggi, forse, è un po' più di ieri. Sono stata agitata in questi giorni. Domani diminuirà. Sparirà presto. Non dirmi più niente. Dio mio! Dio mio!...» ella cominciò a singhiozzare.

Patrizio la stringeva fra le braccia. La commozione gli impediva di parlare, quasi stesse per rompersi dentro di lui qualcosa da cui era stato lungamente avvinto e impedito in tutti i movimenti del cuore... Uno sforzo, un piccolissimo sforzo, e la sua liberazione sarebbe avvenuta! Ma i suoi occhi si volsero con ansietà verso l'uscio di rimpetto, paventando un'improvvisa apparizione; e le braccia gli si rallentarono, e la parola gli rimase a mezza gola.



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