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Ruggero era venuto dall'Agente per congedarsi. Si affrettava a tornare a Siracusa. Pochi altri mesi, e avrebbe avuto addosso gli esami.
«Quel professore di matematiche è assai valente» disse Patrizio. «Lo conosco, di nome soltanto.»
«Le matematiche non divertono» rispose Ruggero.
«E secondo il modo d'insegnarle. Quello là monta in cattedra, prende il gessetto, fa quattro segnacci su la lavagna e sciorina la sua filastrocca; chi capisce capisce. E non ne capisce niente nessuno. Mi rifarò con lei, giacché avrò questa fortuna. Il maestro supplirà al difetto dello scolaro.»
«Studieremo insieme. Parte oggi stesso?»
«Domani. Son venuto a prendermi i comandi di lei e della sua signora. Se mai le occorresse qualche cosa da Siracusa, non mi risparmi.»
«Grazie.»
«Di là c'è mia sorella Giulia.»
«La sua prediletta.»
«È vero: con lei me la intendo meglio che con le altre. Vuol molto bene a donna Eugenia. Verrebbe a tenerle compagnia tutti i giorni; ma stiamo così lontano di casa, e Pina non è sempre libera per accompagnarla.»
«Sarebbe troppo incomodo per la signorina.»
Patrizio di tanto in tanto, dava un'occhiata alle carte che aveva dinanzi, e vi faceva un segno col lapis rosso.
Apparve sull'uscio Giulia, seguita dal dottor Mola.
«Vengo col dottore, perché lei non cerchi scuse né pretesti.»
Patrizio stava per alzarsi da sedere, Giulia lo fermò pel braccio.
«Non si scomodi. Sempre con questi fogliacci tra le mani! E perciò le piglia la malinconia. La sua signora è una santa donna. Io, io verrei a scompigliarglieli dieci volte al giorno. Non vede che viso giallo si fa, stando sempre rinchiuso qui dentro? Glielo dica lei, dottore.»
Il dottore, rimasto presso l'uscio a parlare con Ruggero, accennò di sì:
«Sbrigati però, figliuola mia!» soggiunse, sorridendo. «Ho due malati che mi aspettano.»
«Non mi dica di no» rispose Giulia, rivolta a Patrizio. «Porterò via la sua signora, per una passeggiatina alla Madonna delle Grazie. Dovrebbe venire anche lei. Si divagherebbe e prenderebbe una bella boccata d'aria libera; le gioverebbe tanto!»
«Verso sera, tornerò con le mie sorelle e Ruggero. Avrà da fare anche allora? Ah! capisco! la sua visita... Che coraggio ha! Per me, sarebbe impossibile. Potrà fare la sua visita, e poi venire a trovarci. Prenda la via diritta, fuori il paese; a manca tra gli ulivi, c'è il santuario della Madonna delle Grazie. Gliel'additeranno; s'incontra tanta gente per quella strada. C'è un gran carrubo presso il muricciuolo. Arrivato là, vedrà la viottola... Non può sbagliare. Permette che donna Eugenia venga con noi? È ordine del dottore... Si accosti qui, dottore; ciarlerà dopo. Ho detto bene che è ordine suo.»
«Consiglio.»
«E non c'era bisogno d'invocarlo» disse Patrizio. «Se fa piacere a Eugenia...»
«Lei: «Se fa piacere a Eugenia!». Donna Eugenia: «Se fa piacere a Patrizio!». Chi dovrà decidere? Decido io; decideremo noi, dottore: «Si va alla Madonna delle Grazie!». Benissimo. E questa è fatta. Lei ora può correre dai suoi malati. Io torno di là. Com'è bella oggi la sua signora! Non se la merita. Mi prudono le mani; vorrei arruffarle ogni cosa. Non li posso soffrire questi fogliacci.»
«Intanto non lo fai lavorare!» disse il dottore. E soggiunse, rivolto a Patrizio: «Andiamo bene. Ora avremo la buona stagione, e sarà un grande aiuto alla cura. L'odore è sparito, o quasi. Io però non guardo ai fenomeni materiali soltanto, non mi lascio illudere dalle apparenze. Ho fatto un po' di predica alla signora. Mi pare triste, impensierita; non ha il suo viso ordinario. C'è stata la disgrazia, intendo, ma bisogna essere ragionevoli. Lo ripeto anche a voi, caro Agente. Rassegnarsi alla volontà di Dio è un gran rimedio pure ai nostri giorni. La vostra signora è forse impensierita anche per voi. Contenetevi, per amor di lei. Tanto, affliggendosi, non si rimedia a niente. Uno dopo l'altro, passeremo tutti per là. Chi ha fatto la vita, ha fatto la morte. Vuol dire che dev'essere così.»
«Quanto alla morte» disse Giulia «il Signore non ha fatto una bella cosa. Io ne ho una paura! Voialtri medici, che vedete morire tante persone, avete un cuore di sasso. Lasciamo l'Agente con i suoi fogliacci. E da oggi in poi, sappia che la sua signora sarà portata via quasi tutti i giorni. Non risponde? Le dispiace?»
«Anzi, ringrazio lei e le sue sorelle.»
«Ringrazia a denti stretti. Parlo per chiasso. Io, che sono di umore allegro, non posso vedere visi lunghi. Se fossi sua moglie - già non lo sposerei, è troppo serio -, ci accapiglieremmo tutta la giornata. Sposerei piuttosto il dottore che ha sempre lieta cera come me. Mi vuole per moglie?... Mi vuole per moglie?... Mi vuole?»
«E... quel tale?» le disse il dottore, chinandosele all'orecchio.
«Sempre mala lingua! Vada via, ad ammazzare quei poveretti che lo aspettano... E questa sera poi, prima del tramonto, faccia una passeggiatina verso la Madonna delle Grazie. Lei è di casa là, con fra Lorenzo il custode. Ora che non c'è più clausura...»
«C'è sempre! I conventi non li ha aboliti la Chiesa!» esclamò il dottore.
«Per carità non toccargli questo tasto!» disse Ruggero che rideva.
Giulia entrò saltellando nel salottino di Eugenia. «Come sono contenta! Faremo la passeggiata, forse verrà anche l'Agente... dopo la visita al camposanto. Non so come gli regga l'animo. Tutti i giorni!»
«Tutti i giorni!» sospirò Eugenia.
«Tu intanto va' dalla zia Vita e torna subito» disse Giulia a Ruggero.
«A giulebbarmi un'altra predica! Scommetto...»
«A proposito!»
Giulia prese le mani di Eugenia.
«Mi lasci vedere. Egli dice che le sue mani sono più piccole delle mie. Misuriamole, così, l'una su l'altra... Vedi? Più belle, non lo nego; ma più piccole, no. Uguali.»
«Scusi» disse Ruggero a Eugenia. «Permetta che le misuri io.»
Ella era diventata rossa. Il contatto delle mani di Ruggero, che adattava palma su palma, dito su dito della destra di lei e di quella di Giulia, le faceva strana impressione, quasi di cosa che non stesse bene, e perciò ritirò vivamente la mano, dicendo:
«Ha perduto; le mie sono più grandi.»
«Uguali» replicò Giulia «non faccia la modesta, ma più belle! Ho vinto un paio di guanti, numero sei; è un acconto, ricordatene. Noi ci divertiamo così» continuò, appena Ruggero fu andato via. «Se fossero state qui Angelica e Benedetta, avrebbe visto che occhiatacce! Con loro non si può scherzare. Bel giovane mio fratello, è vero? Scapato, ma di buon cuore. Il giorno che vorrà bene a una donna e la sposerà, costei sarà felice. Io lo canzono: «Alla tua età, non sei ancora innamorato!». «Mi riservo» risponde. Si riserva a certe scappatelle! E papà strilla, minaccia, urla. Oh! Con chi non urla papà? Io però lo lascio urlare come se niente fosse. Siamo duri di testa tutti e due; ma io, per di più, sono donna, e: «Forbici! Forbici!». Quando ho torto però, ne convengo; mi rimetto subito.»
Parlava dimenandosi su la seggiola, dondolandosi, stirando le falde della veste su le ginocchia, gesticolando con le mani per aria, facendo scoppiettare le labbra alla fine d'ogni periodo, come per gustare il sapore lasciatole in bocca dalle proprie parole.
Eugenia, un po' chinata verso di lei, la guardava con lieve sorriso d'invidia e le mani abbandonate in grembo, piena d'ammirazione per tanta gaiezza, tanta spensieratezza e tanta fortezza di carattere. Era stata forte di carattere anche lei se non allegra a quel modo; ma ora si sentiva fiaccata!
«Che cosa ha? Non sta bene?» domandò Giulia. «Il dottore ha detto all'Agente: «La signora è impensierita». Per lui, come crede il dottore? Lo lasci sfogare. Si tratta della madre. Deve sentire un gran vuoto, povero Agente! Anche lei, suppongo...»
Eugenia la fissò, quasi non avesse inteso bene. Un gran vuoto anche lei per la morte della suocera? Le pareva uno scherno.
«Parliamo di cose allegre» riprese Giulia. «Ho qui, in gola, qualcosa che mi fa groppo: mi confiderò con lei. È così buona, e può intendermi; deve aver sentito anche lei il gran bisogno di mettere un'altra persona a parte della propria contentezza. Non si annoierà?»
«Ma le pare?»
«Mi dia del tu; è più spiccio.»
«Anche lei... anche tu, allora.»
«Non ci riesco. Quando sarò maritata, forse» soggiunse dopo breve pausa, ridendo.
«Chi sa che si figura!» esclamò Eugenia. «Maritata! Siamo tutte così. C'immaginiamo il paradiso.»
«Oh, non parli come la mamma!»
«Lo so; se non si prova da sé, non ce ne sappiamo persuadere. Di' intanto... Questa volta ho detto: di'!»
«Brava! Son venuta sola a posta. Con le mie sorelle, sto in guardia; mi spiano. Sono furibonde; pretendono che la minore deve sposare dopo di loro. Se non c'è un cane che le voglia! Se dovessi attendere, starei fresca. Piene di superbia, si credono tante principesse: «Quello è brutto! Questo non è di buona famiglia! Quest'altro è senz'arte né parte!». Perché abbiamo delle terre? Papà, quando pensa che deve dare la dote, strilla, quasi sentisse strapparsi un'ala di fegato. La mamma, peggio. Corrado si contenta di poco, per ora... Infine la roba non si può portar via nell'altro mondo; appartiene a chi appartiene. Che m'importa se il nonno di Corrado faceva il carrettiere? Suo padre è ora un proprietario. Corrado fra poco sarà avvocato. È studioso, non ha vizi; mi vuol bene, ci vogliamo tanto bene!... Perché crolla la testa?»
Eugenia ricordava. Le pareva di sentirsi ripetere le sue stesse parole ai parenti: «Mi vuol bene! Ci vogliamo tanto bene!». Sogni! Fantasie! E per ciò crollava la testa.
«Mi ha scritto che n'ha già parlato in famiglia» riprese Giulia «e che i suoi ne sono contenti, la mamma più di tutti, donna alla buona, caritatevole e di umore allegro. Ce la diremo! In agosto egli prenderà la laurea, e in settembre farà fare la richiesta a papà. Abbiamo fretta tutti e due! So quel che avverrà. Papà, probabilmente, dirà di no. Non mi mettano con le spalle al muro!... Farò una sciocchezza!»
«Che sciocchezza?»
«Niente! Niente!... Se lei leggesse le lettere di Corrado! Otto, dieci pagine fitte per volta. Mi fanno piangere di piacere. Ne ho un mazzo alto così. Viene di tanto in tanto un uccellino, e me ne porta una di nascosto. In casa non sospettano niente. Gli torcerebbero il collo, e gliene capitasse qualcuna in mano... Ma con le ragazze innamorate non ce ne può neppure il demonio! Faceva così anche lei?»
Eugenia si sentiva presa da immenso sconforto. Le confidenze di Giulia le risuscitavano nella memoria tutto il suo dolce passato. Sì, aveva fatto così anche lei! Sì, aveva pianto di piacere anche lei, leggendo e rileggendo le lettere di Patrizio! Sì, aveva sofferto, lottato anche lei... e aveva vinto! Ma poi?