Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
Gli americani di Ràbbato
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La prima lettera

13. Arriva la prima lettera dall'America!

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13. Arriva la prima lettera dall'America!

 

Il nonno non voleva darlo a vedere, per non affliggere la nuora, ma era commosso anche lui di quella partenza che gli rammentava la partenza dei nipoti. Aveva un triste presentimento: non li avrebbe più riveduti. Erano già trascorsi tre eterni mesi senza che essi avesser mandato un rigo di lettera. Se non si fidavano di scrivere, potevano ricorrere a Coda-pelata o a uno scrivano di quelli che si trovano in piazza nelle grandi città, con tavolino, carta, penna, calamaio, e riempiono un foglio per due soldi... Li aveva visti a Catania. Non si maravigliava tanto di Stefano, quanto di Santi. Ma, pur rammaricandosi internamente, li scusava:

«Sono giovani. Chi sa quante cose nuove vedono! Devono anche pensare a collocarsi».

E che gioia il giorno dopo, quando Menu tornò a casa gridando per le scale: «Mamma!... Nonno! » e balzò con un bel salto nella camera, agitando in alto una lettera.

«Me l'ha dato il postino per via

La gnà Maricchia gliela strappò di mano per baciarla, quasi dovesse trovare sulla busta l'impronta dei baci dei figli lontani.

«Sentiamo... Saprai leggerladisse il nonno a Menu. «Chi sa che scarabocchi! Si vede dalla soprascritta».

«A li mano del signori Santo Lamanna. Rabbatto Talia, Siggilia...»

«Ci ha messo due t e due g

E con un certo sorriso di sufficienza Menu aperse la busta e spiegò il foglio. La lettera diceva precisamente così in un italiano-siciliano di equivoca ortografia:

 

«Caro nonno, cara mamma, caro fratello.

Semo arivati qui in una cità che si chiama Nuova iorca ed è più grande di tutta la Siggilia che fa spavento tanta è la popolazioni nelle strate. Uno si perde. Ma cci sono molti nostri paesani che pare di essere a Rabato e si fa tanto di cuore sentendo il nostro linguaggio. Abbiamo ncontrato Nascarella con la moglie e la figlia che suonano lorganetto. Hanno li cappelli come le signore, che si riconoscono a stento: la figlia canta le canzonette napoletane: la matre raccoglie i soldi col pattino che ci mangiano ci bevono pagano la casa, e ci ne restano. Non avemo visto ancora il Salone di Coda-pelata che è chiuso, dice, per farlo meglio; ma Nascarella cià detto che non è vero e sta a picciotto in un altro salone.

Noi ci colloghiamo in una masseria per lavori di campagna; poi, dice, avremo li terreni. La paga è buona.

Non stati inpensiero per noi. Faremo fortuna. In questi paesi ognuno fa persé, abiamo la testa ntronata dalla gran gente che va e viene; pare che tutti corrono come savessero gli sbirri alle calcagne e noi dobbiamo fare pure così. Le masserie le chiamano ferme come se potessero scappare; e se non vi fossero i nostri paesani non ci capirebbe nessuno perché parlano una lingua ingresa che pare se la masticano coi denti mentre il linguaggio siggiliano è tanto spiccio che sarebbi meglio parlassino siggiliano. Figurativi che per dire: buona sera dicono: cuttinaite.

Noi stiamo bene e così speriamo sentire di voi. Bacciamo la mano alla mamma, al nonno e salutamo a Menu: la risposta mandatela come è scritto qui. Salutate li vicini e tutti gli amici che domandano di noi.

Vostri cari nipoti

Stefano Lamanna

Santo Lamanna»

Menu dovette leggere tre volte di seguito questa lettera, e in certi punti spiegarla alla mamma che piangeva, per le buone notizie, diceva. Il nonno aveva ascoltato serio serio; crollando la testa ogni volta che Menu arrivava al punto in cui si parlava del salone di Coda-pelata.

«Dice dunque che non è vero

«Forse Nascarella parla per invidia», faceva osservare la gnà Maricchia.

«E le Nascarella madre e figlia coi cappellini come le signorediceva Menu, messo in allegria da questa notizia.

«Chi sa che cappellini! Qui avevano a stento una mantellina di panno e uno scialletto di lana da cinque tarì».

«Anche la figlia di Cudduzzu, mamma, tornò dall'America col cappellino e faceva ridere».

«La paga è buonaripeteva quasi incredulo lo zi' Santi.

«La bella Madre Santissima deve aiutarli. Ho fatto dire una messa per loro», concluse la gnà Maricchia.

E ogni giorno, appena Menu tornava da scuola, voleva riletta la lettera quasi così si mettesse in diretta comunicazione con quei due figli alla strania.


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