Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
Schiaccianoci ed altri racconti
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L'ISTITUTRICE

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L'ISTITUTRICE

 

La signorina Trotti, col gomito appoggiato al tavolino e reggendosi la fronte con la mano guardava dalla terrazza i ragazzi, che facevano il chiasso in giardino.

Stava da una settimana in quella casa; doveva dar lezioni ai ragazzi e condurli a spasso; umile occupazione per lei che aveva sognato di trovar un posto in qualche Scuola normale e vivere col babbo e con la mamma, ed esser libera e padrona di . Ma quell'anno i posti scolastici erano tutti occupati, e le sue condizioni di famiglia non le permettevano di attendere una collocazione molto incerta in avvenire; perciò aveva accettato l'offerta dei signori Molaro. Si sarebbe trovata fra gente perbene, e avrebbe anche potuto aiutare il babbo e la mamma che per tant'anni s'erano imposti gravi sagrifizi per lei.

Non era lieta però: i bambini, contro ogni sua aspettativa, la trattavano con diffidenza, quasi sgarbatamente. Educati male, viziati, bisognava domarli.

Evelina era superba; Ernesto impertinente e bugiardo; Camillo, di studiare non voleva saperne; Lisa e Monaldo, capricciosi e testardi.

Peggio: la signora Molaro mostrava verso i figliuoli una debolezza eccessiva; il signor Molaro, al contrario, un'eccessiva rigidità. Come contentarli? Giacchè, innanzi a tutti, doveva contentar loro. E in quel momento, rifletteva appunto sulla sua difficile situazione, interrompendosi di tratto in tratto per dar la voce ai ragazzi:

Ernesto, non si accosti troppo alla vasca!

Evelina, non gualcisca le rose!

Camillo, lasci in pace i canarini

Lisa, Monaldo, non calpestino l'erba delle aiuole! —

Ma questi facevano il comodo loro. Soltanto alzavano un po' la testa verso il terrazzino dov'era la Signorina, come la chiamavano; ed Ernesto tuffava le mani nell'acqua della vasca per chiappare i pesciolini rossi; Evelina spampanava addirittura qualche rosa; Camillo spaventava con una canna i canarini, e Lisa e Monaldo calcavano coi piedi l'erba delle aiuole.

Apparve su l'uscio vetrato il signor Molaro, che rientrava in casa dal cancello del giardinetto; e visto quel che i ragazzi facevano, si rivolse alla Signorina:

— No, non permetta...! Badi un'altra volta. Non li lasci soli quaggiù; venga qui; sono così cattivi! —

I ragazzi, alla apparizione del babbo, si erano rannicchiati tutti in un angolo, come tante pecorelle spaventate.

Il signor Molaro aspettò che la Signorina venisse giù, guardò con un'occhiata severissima i figli, e ripetè in tono brusco la sua raccomandazione alla istitutrice: — Non permetta..., badi un'altra volta! — Ed entrò in casa.

Dalla vetrata di faccia era comparsa, poco dopo, la signora Molaro:

— Che è stato? Non si divertono? Sono in gastigo? — La signorina Trotti disse quel ch'era accaduto.

— Oh, Dio! Mio marito è un tiranno con questi bambini! Che pretende? Che non facciano il chiasso? Che stiano come tante marmotte?

— Io appuntorispose la Signorina — li ammonivo che fare il chiasso non significa fare delle monellerie. Veda? Ernesto si è bagnato tutta la manica; Evelina ha rovinato la più bella rosa di quella pianta. Guardi come ansano quei canarini! È          opera di Camillo. E qui, osservi, l'erba di quest'aiuola; Lisa e Monaldo si son divertiti a conciarla così.

Be', non è nulla; sia tollerante, Signorina. Non faccia come la signora Mappi, che con la sua severità mi ha costretto.... I ragazzi sono ragazzi. —

La signorina Trotti non sapeva che rispondere. E intanto quei monelli avevano sùbito ripreso a far peggio di prima.

Ogni giorno così. La povera istitutrice si trovava tra due, anzi tre fuochi, mettendo nel conto anche i ragazzi, che volevano sempre agire a modo loro.

Chi doveva contentare? Il signor Molaro era una brava persona, e con quella statura alta e quella barba mezzo grigia precocemente, incuteva più che rispetto, quasi paura.

La signorina Trotti, udendone la voce cavernosa di basso profondo, si sentiva vibrare tutti i nervi. E poi in casa comandava lui, almeno così le pareva nelle prime settimane. Dopo, si era cominciata ad accorgere che tra marito e moglie doveva esserci qualcosa, non grave certamente, ma tale da impedire la buona armonia in famiglia; qualcosa di chiuso, di nascosto, di sotterraneo — ella non sapeva trovare una immagine precisa — insomma qualcosa che non si scorgeva a prima vista, e che si manifestava, evidente, alle persone di casa.

Infatti la cameriera una volta le aveva detto:

— I padroni si bisticciano di , pei ragazzi. Si bisticciano spesso per tante piccole cose; e potrebbero esser felici! Che gli manca, Dio mio! —

La signorina Trotti non s'era voluta mostrare curiosa e indiscreta, e aveva tagliato corto alla conversazione.

Che vita però, con quei benedetti ragazzi! Che tormento farli studiare, farli stare puliti, farsi ubbidire, educarli, correggerli!

Quasi ogni giorno a tavola c'era qualcuno di loro che non doveva mangiare le frutta e il dolce; spessissimo erano tutti a una volta in gastigo, privati di qualche piatto, perchè la Signorina si era accorta che la punizione della gola riusciva la più efficace.

Ma che valeva punirlo a tavola, se poco dopo Ernesto le veniva dinanzi, sbocconcellando una fetta di torta, piluccando un grappolo d'uva, mostrandoglielo sfacciatamente e quasi rinfacciandola?

— Me l'ha dato la mamma! —

Ma che valeva punire Evelina, condannandola a rimanere chiusa a chiave nella stanza di studio, se la mamma, poco dopo, di nascosto, le portava giocattoli, dolci e il gattino, la sua passione e il suo maggiore svago?

Ed Evelina impertinente e superbiosa, glielo mostrava dalla finestra, tenendolo per le zampine:

Guardi, Signorina!... —

Qualunque altra si sarebbe stretta nelle spalle, avrebbe lasciato fare; ma la signorina Trotti aveva un'elevata idea dei suoi doveri d'istitutrice; non voleva, come diceva lei, mangiarsi il pane di quella casa a tradimento.

Ne discorse con la sua mamma e col suo babbo, e confortata dalla loro approvazione, un bel giorno si presentò al signor Molaro e parlò schiettamente e francamente:

Vado via per questo; è inutile che io stia qui. —

Giusto quel giorno il signor Molaro aveva avuto un tremendo bisticcio con la moglie, e alla dichiarazione della signorina Trotti, montò su le furie.

— Anche lei va via? Come la signora Rappi! No; così, su due piedi, no! no! —

E le voltò le spalle, e la lasciò sola nel salotto.

Alla povera Signorina erano venute le lagrime agli occhi.

Perchè piange? — La signora Molaro, udita di la voce grossa del marito, era sùbito accorsa. — Ah, fa piangere pure lei!... Come sono infelice! No, Signorina, non vada via; lo faccia per riguardo di me che le voglio bene. Mio marito è cattivo, ostinato; tiranno a dirittura! Si figuri.... si figuri!... —

E si metteva a piangere anche lei.

La signorina Trotti scoppiò però in un'irrefrenabile risata quando la signora, nello slancio dell' effusione, le fece capire il gran motivo di dissenso tra marito e moglie.

— Suo marito non voleva tagliarsi quella barbaccia da brigante!... Se la lasciava crescere per farle dispetto! Con quella barba, lei non.... gli poteva.... voler bene! —

E singhiozzava, singhiozzava!

Pareva impossibile, ma tutto il guaio della loro casa proveniva dalla barba del signor Molaro.

E parve fosse accaduto un miracolo quando, due ore dopo, il signor Molaro si presentò alla Signorina con la barba tagliata. L'amore dei figliuoli, finalmente, ne aveva potuto più della sua sciocca vanità d'uomo. E chi lo aveva spinto al sacrifizio era stata lei, minacciando d'andarsene via! Egli aveva capito, tutt'a un tratto, che per educar bene i ragazzi, prima d'ogni cosa, bisogna che babbo e mamma siano d'accordo. Se la sua signora si mostrava troppo indulgente verso i ragazzi, la colpa era di quella barba; ella si vendicava di quel che le pareva un dispetto, contrariando lui in tutto e per tutto! E si era risoluto al gran sacrifizio!

— Ma è ringiovanito! — gli disse ingenuamente la Signorina.

— È vero? è vero? Non sta meglio così? — ripeteva la signora Molaro, che non credeva ai suoi occhi.

Erano accorsi anche i bambini.

— Come sei brutto, babbo mio! — esclamarono ridendo Ernesto ed Evelina, mentre Lisa e Monaldo quasi non lo riconoscevano.

Quel taglio della barba — è proprio vero che le piccole cause possono produrre grandi effetti! — portò una rivoluzione in famiglia. I ragazzi si accorsero presto che ora babbo e mamma andavano d'accordo contro di loro, e che la Signorina era padrona di gastigarli come meglio le piaceva. Da prima le tennero un po' di broncio, ma le buone maniere di lei, e anche un po' le cattive, vinsero presto ogni resistenza. Ernesto non fu più ostinato e non disse più bugie; Evelina smise la sua superbia e divenne affabile, modesta; Camillo cominciò a studiare con gusto; e Lisa e Monaldo non ebbero più capricci di sorta alcuna.

— Il prodigio è tutta opera sua! — dicevano marito e moglie alla signorina Trotti.

E la signorina Trotti rispondeva ridendo:

— No, il prodigio l'ha fatto la barba miracolosa! Peccato che non ne abbiano conservati i peli, come reliquie!


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