Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
Scurpiddu
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- Ora che Scurpiddu è proprietario non guarda in viso a nessuno!

Il Soldato si divertiva a farlo arrabbiare dicendogli così con aria di canzonatura, tutte le volte che lo vedeva.

- O che li ho rubati, forse? - rispondeva Scurpiddu.

- E tu credi davvero che il massaio ti ha regalato i pulcini? Quando saranno cresciuti...Per ora fa spassare il ragazzino! E spàssati! Spàssati!

- Sarà vero, mamma, quel che dice il Soldato?

Ricorreva dalla sua mamma per rassicurarsi.

- Làscialo cantare!

- Domandatelo voi al massaio, - insisteva. - A me, mi ha risposto: «Sì, sì, asino! Sono tuoi!». Ma poi si è messo a ridere. Glielo domanderete, mamma?

- Appena potrò alzarmi da letto, sta' tranquillo.

Gli avea risposto con un fil di voce. Ormai era convinta che da quel letto non si sarebbe più alzata viva.

Medico e medicine niente.

I medici che possono farci col castigo di Dio? Tastano il polso, ordinano intrugli che ci vuole un occhio del capo per pagarli; e poi?... Se il Signore non fa il miracolo, si crepa più presto; e al medico che ci ammazza bisogna dargli anche quattrini, per giunta!

Nella masseria tutti la pensavano così; e la massaia affermava che certe medicine che sapeva lei, decotti di erbe e polveri di foglie secche, tostate, guarivano la gente meglio di qualunque intruglio dello speziale, se Gesù Cristo e la Madonna li benedicevano: il busilli stava qui. Se Dio non vuole...

E Domineddio proprio non voleva che la povera comare Nina guarisse.

- Pei miei peccati! - ella diceva. - Ma è stata la fame, massaia! Tutti i poveretti andavano via, in cerca di un tozzo di pane nei paesi dell'interno dove non avevano avuto la mal'annata... Mio marito diceva: - No, se dobbiamo morire, è meglio morire qui! - Io mi sentii prendere da una vampata di pazzia! La fame! Credetemi, massaia!... La fame! E andai via con gli altri, famiglie intere! Poi nessuno tornava... Chi sapeva la via? E senza un soldo, come avventurarsi? Facevo scrivere una lettera di tanto in tanto... anche al sindaco... Non rispondevano mai. Quando arrivò la notizia della disgrazia di mio marito...

- Lo so, lo so! Me n'avete parlato tante volte. - la interrompeva la massaia.

Ella sentiva bisogno di giustificarsi davanti la sua coscienza riguardo all'abbandono del figliuolo.

E aveva voluto confessarsi l'altra domenica, con Don Pietro venuto a celebrare la solita messa,

Scurpiddu non aveva nessun'idea del grave pericolo di perdere sua madre. Per ciò una sera, tornando alla masseria coi tacchini, non badò molto alla commozione e al turbamento della massaia che gli disse:

- La tua mamma riposa: non disturbarla poveretta.

Il Soldato, quella sera, non solamente non lo stuzzicò come soleva, ma dopo aver mangiato in comune con gli uomini la minestra di fave secche lessate e condite con olio e aceto, tirò fuori da una tasca un suo libro scucito e mezzo strappato, e chiamò Scurpiddu:

- Vieni qua, vediamo se più riconosci un a o un b!

E tutti stavano zitti attorno per sentir compitare il ragazzo.

Era un bel pezzo che Scurpiddu non guardava una pagina del sillabario: pure quella sera ogni lettera, ogni sillaba, ogni parola gli tornava alla memoria, si faceva subito riconoscere, gli balzava su la punta della lingua prontissimamente. Il Soldato n'era stupito e lo stesso Scurpiddu più di lui. Il Soldato, invece di dargli i soliti scapaccioni, per chiasso, gli accarezzava la testa, lo incoraggiava con bravo! bene! E uno degli uomini che stavano attorno, incantati, esclamò:

- Ne sa già quanto il domine, e presto gli metterà la saliva sul naso.

Quel contadino parlava come una volta, quando i maestri di scuola erano preti, e usavano quella sconcezza di far mettere dallo scolaro più bravo un po' di saliva sul naso del compagno negligente, per castigo.

- Va' a dormire! - disse massaio Turi al ragazzo.

Non sapevano come comportarsi col povero orfanello. Domani sarebbero venuti quattro manovali e il prete per portar via il cadavere di comare Nina. Massaio Turi era andato a far la denunzia della morte al Municipio in Mineo, e aveva combinato il trasporto. La massaia teneva già in pronto un cencio nero da mettere attorno al collo di Scurpiddu, in segno di lutto. Ma non volevano farlo assistere al triste spettacolo, quando i manovali si sarebbero caricato su le spalle il cataletto con la poveretta che aveva cessato di penare. La massaia si aggirava per la cucina mentre la vecchia Tegònia stacciava la farina di grano pel pane da impastare domani, e di tratto in tratto domandava alla vecchia:

- Come si farà per dirgli: Tua madre è morta?

- Glielo dirà il massaio.

- Ah, Signor Iddio!

La morta era lassù sul lettuccio, col lenzuolo tirato su la faccia e una candela della canderola accesa dappiè sur un tavolino. Aveva chiuso a chiave la stanza.

E ora che Scurpiddu era andato a dormire, gli uomini recitavano il rosario in suffragio di quell'anima; la massaia e Tegònia rispondevano dalla cucina senza cessare di far le faccende. Anche lo zi' Girolamo quella sera era venuto nel frantoio con gli altri e diceva la litania, in un latino tutto suo, con voce compunta.

All'ultimo, massaio Turi si rivolse al Soldato.

- Domani andrai tu con Scurpiddu per tenerlo distratto e non farlo accorgere di niente.

- Io gliela farei vedere l'ultima volta, - rispose il Soldato, - Tanto è ragazzo, e alla sua età non si sente gran dolore: si capisce poco.

- No, no. Andrete lassù, all'Arcura, di buon mattino.

Scurpiddu si era levato all'alba, e, raccolte le uova delle tacchine e delle galline dai corbelli del pollaio, le aveva portate alla massaia che già era in cucina a impastare il pane con la vecchia serva.

- Dove vai? - gli domandò, vedendolo andare via.

- Vo a vedere la mamma, se ha bisogno di niente.

- Lasciala riposare; è troppo presto. Prendi intanto un po' di legna per ardere il forno.

Scurpiddu obbedì.

- E due corbelli di sansa, - ordinò la massaia.

- Ti farò una bella focaccia con le ulive nere salate. Ti piace?

- Chicchirichì! - rispose Scurpiddu per ringraziamento.

A quell'allegria spensierata, la massaia si sentì stringere il cuore.

- Ehi, Scurpiddu! - chiamò il Soldato. - Andiamo; oggi verrò con te; vo' imparare il mestiere di nuzzaru.

- E la mamma non debbo vederla?

- La vedrai al ritorno, - gridò la massaia dalla cucina con voce commossa.

Scurpiddu esitò un momento, poi s'avviò verso il pollaio.

Il sole già spuntava dall'alto della collina dell'Arcura.

Lo zi' Girolamo, nell'agghiaccio, scioglieva le funi dalle corna dei buoi e delle vacche e si preparava a partire pel pascolo con le sue bestie. Rallegràti dalla frescura mattutina, i tacchini andavano quasi di fretta per la strada piana sotto gli ulivi che la fiancheggiavano formando una specie di viale.

Tutta la vallata era in risveglio, piena di cinguettii, di stridi di falchetti, di gracchi di tàccole, di muggiti dei buoi che i contadini conducevano al beveratoio prima di attaccarli all'aratro. I pioppi attorno al beveratoio sembravano presi da fremiti con le foglie verdi da un lato e bianchicce dall'altro, che la brezzolina agitava,

Il Soldato e Scurpiddu procedevano muti, dietro il branco di tacchini, l'uno compreso di pietà pel ragazzo ignaro della disgrazia che lo aveva colpito, l'altro col pensiero alla sua mamma non potuta vedere da ier sera.

Scurpiddu ruppe il silenzio: - Quando eravate alla guerra chi sa che paura, Soldato?

- Alle prime fucilate, sì,

- E poi?

- Chi capisce più quel che si fa? Si diventa bestie, come in una rissa.

- È lontano dove si va alla guerra?

- Dove ci conducono; i soldati servono per questo. Se avessi preso nuova ferma, ora sarei per lo meno caporale.

- Che fa il caporale?

- Comanda agli altri soldati, come tu ai tacchini.

- Anche i miei tacchini fanno la guerra. Ve la farò vedere. Capobanda è valente; non si lascia mai sopraffare. Voglio chiamarlo Caporale da oggi in poi.

- Tu non andrai soldato. Sei contento?

- Io, io ci andrei volentieri. Vedrei tanti paesi! Al tempo che guardavo i tacchini del notaio, passavano spesso molti soldati da quelle parti. Non arrivavo neppur a contarli... più di cento alla volta.

- Se tu avessi visto quando al campo eravamo migliaia e migliaia per le manovre!

- Che cosa sono le manovre?

- La guerra finta. Marce di qua, marce di per pianure, per montagne, sotto la vampa del sole, sotto la pioggia! Quelle sono fatiche! Ma era anche un divertimento.

- Non ammazzavate nessuno, è vero?

- Se era per finta, sciocco!

A metà della salita il Soldato si era fermato.

- Che guardate?

- Niente, - rispose.

Con gli occhi avvezzi a veder bene molto lontano, egli aveva scorto i quattro manovali col cataletto e la cassa mortuaria, e il prete e il sagrestano in cotta, a cavallo, che venivano per la scoscesa di Pietre Bianche, presso il fiumiciattolo delle Balatelle; fra tre quarti d'ora sarebbero stati alla masseria. E disse sùbito:

- I tacchini li condurremo di degli ulivi del Piano del Galluzzo. C'è pascolo grasso da quel lato. Così vuole il massaio.

- Gli amici, vedete, erano qui, tra questi mandorli, - fece Scurpiddu, non si rammentando più delle raccomandazioni di non fiatare dell'accaduto.

- Quali amici?

- Quelli che poi stavano per rubare la giumenta.

E raccontò il fatto, pentendosi della sua imprudenza di mano in mano che parlava.

- Zitto però col massaio, - lo avvertì; - non vuole che si sappia. Ma ora gli amici sono in carcere. Non dobbiamo più averne paura.

Nel Piano del Galluzzo i tacchini si sbandarono sotto gli ulivi. Scurpiddu li rincorreva, chiamandoli per nome minacciandoli con la canna.

- Lasciali pascere un po' qui. - gli disse il Soldato.

Scurpiddu lo interrogava intorno a quei paesi lontani, di del mare. Erano più grandi di Mineo? C'era la chiesa di Santa Agrippina?

Il Soldato sorrideva.

- C'è il duomo a Milano!... Una chiesa che ci si può ficcar dentro Mineo con tutte le sue case, le sue chiese, i monasteri e i conventi...

Scurpiddu stava ad ascoltarlo un po' incredulo.

- Dalla porta di mezzo, il prete che dice la messa all'altar maggiore sembra un bambino di tre anni.

- Bum: - fece Scurpiddu. - A chi volete darla a bere?

- Vedessi poi quante vie! Un bosco. Ci si smarrisce!

- E come fanno le persone per ritrovare le loro case?

- Bestia! - Parlo di chi non è nativo di .

- Il mare, è vero che è più grande della Piana?

- Lo vedi il cielo? Ti pare che finisca , su le colline: arrivi e il cielo non finisce mai. Acqua, acqua, acqua... .come il cielo! Così è il mare.

- E i tacchini? Dove pascolano? Non c'è tacchini da quelle parti?

- Nel mare ci sono i pesci che brùlicano... E più se ne prende e più ce n'è. I tacchini pascolano nelle campagne come queste... Che fai?

- Voglio vedere dov'è lo zi' Girolamo coi buoi.

- Che te n'importa? Vieni qua. Caccia i tacchini più avanti.

Tutte le precauzioni del Soldato però riuscirono vane. Egli si era steso su l'erba, fumando; e il sonno gli aveva fatto la burla di afferrarlo all'improvviso, a piè dell'ulivo, con la pipa in bocca.

Scurpiddu si era affacciato dal ciglione da cui si scopriva tutta la vallata e, laggiù, laggiù, la masseria fra gli alberi e i fichi d'India.

- Soldato! Soldato! - chiamò.

Per la strada, vicino al beveratoio, vedeva passare i facchini di ritorno, col cataletto e su la cassa da morto, ma non distingueva chi fossero, né che cosa portassero.

- Soldato! Soldato! Venite a vedere.

E mentre il Soldato si destava dal sonno e si rizzava da terra già indovinando, Scurpiddu, quasi gli occhi e la mente gli si fossero snebbiati tutt'a un tratto, con le mani tra' capelli, si metteva a gridare:

- La mamma! La mamma!

Correva giù per la china all'impazzata, senza ascoltare il Soldato che lo inseguiva per fermarlo, chiamando.

- Mommo! Mommo!

Gli sembrava sconveniente servirsi del nomignolo in quel punto.

Lo raggiunse a stento. Scurpiddu gli sguizzava tra le mani dibattendosi, gridando: «Mamma! Mammapallido, con gli occhi spaventati, senza una lacrima.

Afferratolo per un braccio e mettendoglisi davanti, il Soldato voleva fare il severo e quasi lo strapazzava; ma gli tremava la voce:

- Zitto! Cheto! Non è vero!

- E allora...perché non mi lasciate guardare? – balbettò Scurpiddu tra i singhiozzi irrompenti. - Oh, mamma! Oh, mammuccia mia!

 


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