Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
Serena
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ATTO PRIMO

SCENA I Serena, il dottor Pantini, Paolo Valli, l'avvocato Dara

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SCENA I

 

Serena, il dottor Pantini, Paolo Valli,

l'avvocato Dara

 

Serena. È impaziente, dottore?

Pantini. Ma... io non ho l'abitudine di farmi aspettare!

Serena. Il torto è suo.

Pantini. Torto! Ho voluto procurarmi il piacere di uscire dalla casa di un mio cliente assieme col malato guarito. Non accade spesso, dice quel birbone di avvocato.

Dara (interrompendo la sua discussione col Valli). No; riferivo anzi una sua opinione al signor Valli.

Pantini. Quale? Ne ho tante!

Dara. Questa: La vita è una malattia di cui si guarisce con la morte.

Valli (al dottore). Suppongo che non sarà essa il rimedio da lei usato più spesso.

Pantini. Ah! su questo punto... i miei malati non la vogliono intendere, e guariscono quasi tutti.

Serena. Non è vero, perché, secondo lei, i suoi malati dovrebbero guarire finendo di vivere.

Pantini (ridendo). Ah! Ah! Già! Ah! Ah!

Serena. Quel benedetto babbo! Vado a vedere. (esce dall'uscio in fondo).

Valli (al Dara). Ma, giusta le sue teoriche — per riattaccare il discorso — ci dovrebbero essere al mondo soltanto due classi: quella, la più numerosa, di coloro che non debbono far altro che lavorare; e quella, la più eletta, come lei si esprime, destinata unicamente a godere del lavoro degli altri.

Dara. Sì, caro signore. Godere la vita è un'arte e anche — e più — una tradizione. I soli ateniesi ne hanno posseduto il segreto. Se non dovesse esserci una classe destinata a godere di tutti i benefici del lavoro altrui, la società non avrebbe più nessuna ragione di esistere. E, infatti, non ne ha più alcuna ormai!

Pantini (sorridendo). Lei dunque sarebbe un cliente modello, da lasciarsi guarire a modo mio.

Valli. Anzi non capisco come non si sia già guarito da sé. Simili teoriche sono fatte a posta per disgustare della vita.

Dara. Prova un gran gusto a vivere lei?

Valli. Io sì, e non arrossisco di confessarlo.

Dara. Sfido! È ricco — lo dimenticavo — e, in certo modo, senza avvedersene, mette in pratica quel che dico io. Ha una grande fattoria, fa lavorare tanta gente...

Valli. Ma lavoro anch'io, e sono lieto di lavorare quanto e più degli altri.

Dara. Come non essere soddisfatto?

Serena (rientrando). Il babbo sarà qui fra due minuti; le chiede scusa, dottore.

Valli. Sentiamo, signorina: che ne pensa lei della vita?

Serena. Della vita?... Non so... Che vuole che ne pensi?

Valli. Brava! Gli organismi sani non si accorgono quasi di vivere. È vero, dottore?

Pantini. Non ho inteso. Ero distratto.

Valli. Dicevo che gli organismi sani non si accorgono quasi di vivere. Infatti io mi accorgo di avere testa, mani, gambe, viscere unicamente quando qualcuno di questi membri non fa più bene la sua funzione. Allora sento il bisogno di ricorrere a un medico.

Pantini. Potrebbe anche farne a meno.

Valli. Vivere e non accorgersi di vivere! Ecco lo stato perfetto.

Dara. Ma è anche lo stato animale!

Valli. Mi fraintende.

Dara. Io, invece, ho coscienza di tutto; e questo forma la mia gioia e, nello stesso tempo, il mio tormento. Per ciò non accetto supinamente la vita qual'è; voglio foggiarmela a modo mio. E siccome non riesco, perché molte circostanze sono più potenti di me, così la credo un'infamia, dono di un malefico genio. La mia incessante ribellione è legittimata da questo.

Valli. Capisco la lotta, non la ribellione.

Dara. È tutt'uno.

Pantini (a Serena). Tu stai ad ascoltare, indifferente!

Serena. Io non metto bocca in certe discussioni; sono mezza ignorante. E poi non ho grandi motivi di lagnarmi della vita. Infine, perché stillarsi il cervello senza profitto?

Dara. Se lo stillerà anche lei, signorina, il giorno che si troverà davanti a un ostacolo insormontabile, o che si sentirà schiacciata dalla fatalità di un fatto contro cui non potrà niente.

Serena. Mi rassegnerò.

Valli. Benissimo!

Dara. No, no; vedrà! Si ribellerà peggio di me. E la indignerà il vedere che, quasi la brutalità della natura non bastasse, noi abbiamo fatto e facciamo continuamente ogni sforzo per renderci maggiormente odiosa la vita. Usi, costumi, leggi, credenze religiose, pregiudizi... qual'è il minimo dei nostri spontanei sentimenti che non trovi un vèto pronto a strozzarlo?

Valli. Spontaneo non significa sempre legittimo.

Dara. Tutto è legittimo, se può servire alla felicità di una creatura umana!

Serena (al Dara). Con chi l'ha oggi? È così arrabbiato!... Ecco il babbo.

 

 


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