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SCENA III
Serena. Comincia un po' a seccarmi. E poi... (Suona; entra Agnese) Dimmi: l'avvocato è venuto dal babbo l'altra mattina?
Agnese. Sì, signorina; alle otto.
Serena. Mi era parso di averlo intraveduto di fondo al viale del giardinetto.
Agnese. Il padrone dormiva; l'avvocato ha voluto che lo svegliassi. È entrato in camera; e quando, dopo un quarto d'ora, è andato via, il padrone mi ha chiamato per domandarmi se lei lo avesse visto entrare. Ho risposto: no, come credevo. E lui allora: Non importa che Serena lo sappia.
Serena (sorridendo amaramente). I soliti misteri del babbo!
Agnese (esitante). Non so, signorina, se faccio bene dicendole...
Agnese. Lei mi conosce da anni; non ho l'abitudine di osservare quel che i miei padroni fanno o non fanno; ma, per caso, guardando mentre il padrone parlava, sotto una punta del guanciale ho veduto parecchie carte rosse... Deve avergliele portate l'avvocato, perché il padrone non usa tenere là i suoi biglietti di banca.
Serena (nascondendo il suo turbamento). Sapevo infatti... che l'avvocato doveva esigere certe somme per conto del babbo.
Agnese. Vede se dico la verità?... Suonano.
Serena. Se è qualcuno che cerca del babbo, fàllo parlare con me.