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SCENA III
Valli (entrando affrettatamente, con ansia). È andato benissimo! Una semplice scalfittura... L'altro è ferito gravemente.
Serena. Il babbo si è battuto?
Sig.a Venanzia. Un duello? Perché?
Sig.a Valli. Respiro. Non ne potevo più dall'ansietà!
Valli (a Serena). Stia tranquilla; una lieve scalfittura al mento.
Sig.a Venanzia. Alla sua età! Pare impossibile! (Alla Valli, in disparte). Per qualche donnaccia, mi figuro!
Sig.a Valli. Zitta! Ti dirò poi.
Valli (a Serena). Sarà qui tra pochi minuti.
Sig.a Venanzia. Ecco perché da due giorni sembrava una mosca senza capo! Non voglio vederlo!... (Alla Valli) Usciamo. Si è forse curato di noi? Come se non esistessimo. (La signora Valli la tira da parte).
Serena (al Valli). Mi dica tutto. Non sia malamente pietoso!
Valli. Lo vedrà coi suoi occhi.
Sig.a Valli (continuando con la signora Venanzia). Pel morto, apparentemente; ma in realtà... Ed ha detto: questa è l'ultima mia pazzia!
Sig.a Venanzia. E ricomincerà oggi stesso!... Povere trentamila lire! In che mani! Io rimpiango quelle; lui, lui potevano farlo a fette; non mi sarei commossa.
Sig.a Valli. Intanto hai le lacrime agli occhi!
Sig.a Venanzia. Per quella là! Che bestia sono io! Prendermi tanta premura degli altri! Potrei starmene tranquillamente in campagna. Nossignore... Infine! È forse mia figlia?
Sig.a Valli (a Serena). Dovrebbe già essere qui.