Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
Serena
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ATTO TERZO

SCENA VI Agnese, Elena Scotti e detti.

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SCENA VI

 

Agnese, Elena Scotti e detti.

 

Agnese (meravigliata e lietissima). Ah, Signore benedetto!

Loreni. Ti stupisci anche tu, Agnese?

Agnese. (ad Elena) Venga avanti, signorina.

Elena. (Baciando Serena) Vi ho visti! Come sei commossa! (Nel dare la mano al Loreni, si accorge della ferita che egli ha al mento).

Loreni. Un segno che sparirà fra qualche giorno e che vorrei visibile sempre, per ammonimento perenne.

Serena. Si è battuto, Elena!

Elena. Oh, Dio! Perché?

Loreni. Perché, arrivati a una certa età, noi torniamo a commettere delle ragazzate, forse per tentare d'illuderci che il peso degli anni non ci è grave.

Elena. Lei non è in questo caso.

Loreni. Il guaio è che, spesso, i giovani fanno la stessa cosa all'inverso: vogliono apparire vecchi prima del tempo. Faccia capire lei, signorina, a una persona di sua conoscenza, che questo è male peggiore. Non voler essere giovani quando si è giovani!... Gran delitto!... Glielo faccia capire lei!... Scusi; vado a dormire; non chiudo occhio da due notti. (Bacia Serena ed esce).

Elena. Dice bene tuo padre... Oh! Serena mia! Questo salotto, che rivedo dopo sette mesi, mi fa vivamente ripensare quanto tu sei stata buona con me. Ero uscita di qua irritata dal credere che tu non fossi stata sincera... E tu mi hai perdonata, mi hai voluta con te in campagna, mi hai confortata, mi hai consolata nel gran dolore!

Serena (sempre più agitata per tutta la scena e con crescente abbandono). Non mi stimare più buona che non sono; sono stata egoista... È orribile, Elena!... Anche mio padre contro di lui! Perché lo rammentano?... Perché non lo lasciano in pace e non lasciano in pace pure me?... Tu sola mi rimani; tu che non puoi essere gelosa del culto di gratitudine postuma e di espiazione di cui sarà colma tutta la mia vita!

Elena. È imprudente abbandonarti così, senza ritegno, a questo strano eccesso di sentimento. Tu covi un nemico dentro di te!

Serena (c. s.). Egli solo mi ha amato davvero! Io sentivo allora un'invincibile ostilità contro di lui; non credevo alle sue parole, mi sembrava ch'egli avesse fatto una scommessa con sé stesso, di vincermi, di conquidermi, per orgoglio, non per altro; e questo me lo rendeva odioso. Pure, da principio, lo stimavo non ostante tutto quel che sapevo del suo carattere, dei suoi sentimenti, delle sue follie... Una natura così rigogliosa, così straordinaria m'incuteva rispetto per la forza che ostentava... Ma, il giorno che egli si mostrò crudele e senza pietà con te...

Elena. Io non gli porto più rancore!

Serena (c. s.). Allora fui crudele e spietata anche io!... Ed ebbi torto, Elena; ebbi torto!... Ah! quando sono sola, ora mi affluiscono alle labbra tutte le parole buone che avrei potuto dirgli; tutti i caritatevoli strattagemmi che avrei potuto usare per ricondurlo a te..., per non farlo disperare della vita almeno; ora, ora che non servono più!... E qui, allo stesso posto dove tu ti trovi, egli mi diceva: — Siamo forse liberi di amare o di non amare? — E mi sembrò una bestemmia!... Lasciami dire! Con te sola posso parlarne; con te sola posso sfogarmi!... Sei stata amata anche tu, prima, sinceramente. Nei suoi scatti di passione, ora ne sono convinta, egli non mentiva!

Elena. Tu mi atterrisci, Serena! Speravo di rivederti più calma.

Serena (c. s.). Oh, sarei calma, se mia zia e, ora, mio padre non volessero occuparsi dei fatti miei!

Elena. Ma è per tuo bene.

Serena. Chi lo sa!

Elena. Puoi dubitarne?

Serena (c. s.). Egli, egli soltanto mi ha amata davvero... fino alla morte! Non gli ho creduto quand'era vivo; lasciate che io gli creda ora che si è ucciso! Non fo male a nessuno!

Elena. A te stessa fai male. Non si può vivere sempre sognando. Tu erri, se credi che può durare così! Ah, Serena! Le circostanze della vita ci sforzano a consolarci fin dei più tremendi dolori!

Serena (c. s.). Parlavi diversamente tre mesi fa!

Elena. Allora eravamo tutt'e due sotto il colpo del tristissimo avvenimento; ci sembrava giusto, eroico, santo votarsi insieme alla memoria di lui; tu, perché ti aveva amata, non riamato; io, perché l'avevo amato e avevo tanto sofferto per cagione sua. Bisogna avere poco più di vent'anni, come te; bisogna essere stordita dal dolore, come me in quel punto, per fantasticare simili voti e supporre che sia possibile mantenerli.

Serena (c. s.). Ti hanno suggerito di dirmi questo?

Elena. Me lo suggerisce il cuore, la ragione... Io non ne ho parlato con nessuno dei tuoi. È un segreto tra noi due, e rimarrà sempre un segreto, anche quando, in avvenire, sorrideremo, compatendoci, di ciò che allora sarà divenuto un lontano ricordo.

Serena. (Cupa e diffidente) Tu puoi dimenticare, ne hai il diritto: io, no!

Elena. Come mi pento della storditaggine di averti secondata in questa — lasciamelo direfissazione! Devi dimenticare pure tu! È assurdo rendersi misera la vita per una stranissima idea!

Serena (c. s.). Dimenticare, a che scopo?

Elena. Verrà la tua volta — non è mai tardi: amerai. Quando meno ce lo attendiamo, il cuore fiorisce o rifiorisce. Anche io, vedi, disperavo; credevo che la vita non avrebbe più avuto consolazioni per me; mi credevo colpita, ferita a morte; e non solamente nel cuore, ma — ed è spesso assai peggio! — nella stima della società... Ed ecco una mano pietosa che mi vien tesa per rilevarmi...

Serena (stupita). Tu sposi?

Elena. Inaspettatamente.

Serena (indignata). Tu hai il coraggio?...

Elena. È un onest'uomo; gli ho detto tutto. Mi ha risposto: — Sapevo! Anzi è per questo...! — Gli ho baciato tutte e due le mani, con le lagrime agli occhi. Se non potrò amarlo come lui (non si ama due volte allo stesso modo) gli sarò moglie fedele e devota.

Serena (c. s.). (Alzandosi da sedere) Ho su le labbra un'amarissima parola... ma la trattengo.

Elena. Forse non la merito, Serena!

 

 


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