Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
Gli americani di Ràbbato
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Miss Mary

33. Finalmente Menu conosce miss Mary.

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33. Finalmente Menu conosce miss Mary.

 

Menu si era sentito fortemente intimidire entrando nel salottino di miss Mary, che aveva voluto riceverlo assieme col fratello.

«Ah! Ma è un giovanotto», ella esclamò vedendo Menu. «Come vi chiamate

«Menu... Carmelo», egli si corresse subito.

«Sapreste scrivere una lettera di affari

«Non ne ho mai scritte, voscenza».

«Chiamatemi miss o signorina, come vi piace. Qui il voscenza non usa. Non ci sono cillenze (si dice così?) tra noi. So un po' di siciliano anch'io. Studio con vostro fratello».

Menu guardò, stupito, Santi; gli pareva impossibile che facesse il maestro di scuola. Miss Mary capì:

«Studio per modo di dire», spiegò ridendo. «Ho appreso una parola ieri, una oggi, conversando. Sapete anche voi canzoni, fiabe

«Canzoni, no, fiabe... quelle lette in scuola».

«Le fiabe scritte non mi piacciono. Non ve n'ha raccontate vostra madre

«Sì. Ma non saprei ripeterle come le diceva la mamma; io ero bambino allora. Anche mio nonno ne sa tante!... Poi sono andato a scuola, e le fiabe le leggeva il maestro. Io le rileggevo a casa; le so quasi tutte a memoria».

«No, no, le fiabe scritte non mi piacciono. Ecco, io vorrei essere per voi una buona fata, come quelle delle fiabe. V'insegnerò l'inglese; è indispensabile. E voi, a poco a poco, apprenderete a far qualcosa di meglio che servir da fattorino. Nell'ufficio c'è un altro italiano che vi spiegherà quel che dovete fare. Brav'uomo! Ha perduto un figlio due mesi fa. Non ne ha altri. Vi vorrà bene come figlio, il signor Coralli».

«Ringraziala, baciale la manodisse Santi a Menu.

Menu fece un passo: miss Keller gli tese, ridendo, tutte e due le mani con le dita coperte di anelli.

«È un modo siciliano di ringraziaredisse. «È galante. Ma veniamo al sodo. Avrete una piccola stanza al quarto piano dell'ufficio, accanto a quella del signor Coralli, come parecchi nostri impiegati che non hanno famiglia. Potrete fare pensione con lui e con gli altri. Venti dollari al mese per cominciare... Eh?»

«Signorina! Solamente Dio e la Madonna potranno renderle il bene che fa a me! » disse Santi. E rivolto al fratello soggiunse: «E tu pensa di meritartelo. Hai la fortuna nel pugno; non lasciartela scappare».

Lo zi' Carta fu dispiacentissimo di perdere Menu. Aveva detto parecchie volte a Santi:

«Finché tuo fratello sarà qui, non tenteranno niente contro la mia bottega, per riguardo di Stefano. Credi che non c'entri pure lui nell'affare dell'ultima lettera? Quando uno è cascato nelle granfie di quella gente! A proposito, come va

«Uscirà dall'ospedale tra una settimana. È pentito, è cangiato. Ha visto la morte con gli occhi».

«Speriamolo».

«Se lo aveste sentito parlare ieri! Il cuore mi brillava dalla gioia».

«Dall'ospedale passerà al carcere. È stata una lezione».

«Dice che lui non c'entrava. Ci sono i testimoni».

«Sì? E il giudice se la berrà

«I testimoni dunque a che servono

«Per me, figurati! Lo vorrei già libero, e vorrei vederlo sulla via giusta e diritta».

«Se occorrerà una cauzione...»

«Lascia stare, per mio cattivo consiglio. I soldi che hai messi da parte li hai guadagnati col tuo lavoro. E poi non credo che in questo caso la cauzione sia possibile... Per mio cattivo consiglio... lascia stare».

«No, zi' Carta, voglio aiutare mio fratello in tutti i modi».

«Deve aiutarsi da sé, lavorando onestamente».

«Lavorerà, lavorerà; me l'ha promesso. Dice che vuole andarsene all'Argentina».

«Resti qui, se ha buone intenzioni. E tu sei contento di lasciarmidomandò a Menu.

«Faccio quel che vuole mio fratello».

Altro se era contento! Era rimasto incantato dei modi di miss Mary. Quantunque si fosse allontanato poco dalla bottega del fruttaiolo, Menu aveva acquistato, inconsapevolmente, una scioltezza di maniere che lo rendeva diverso dal ragazzo timido e un po' rozzo arrivato da Ràbbato. Si vedeva dalle lettere che scriveva ogni quindici giorni al nonno e che questi si faceva leggere dal dottor Liardo.

L'impressione che il povero vecchio ne riceveva era così viva da spesso interrompere il dottore.

«Mi par di sentirlo parlare

E siccome Menu gli descriveva la vita di New York, il nonno Lamanna esclamava meravigliato:

«È davvero un altro mondo, signor dottore

La gnà Maricchia andava a farsi rileggere la lettera dalla maestra venuta ad abitare di faccia. Non era mai sazia.

E ne ragionava, col nonno, a tavola, confusamente, perché tutti e due certe cose non arrivavano ad intenderle bene, non ostante le spiegazioni del dottor Liardo e della maestra. Vivevano così, col cuore, in continua relazione con quei cari lontani, però afflitti che le lettere di Menu parlassero poco di Stefano e ne riferissero soltanto i saluti. Il Lamanna alzava gli occhi al cielo, compiangendo la povera madre che ignorava, contento che ignorasse.


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