9 -
Come la lotta delle parti lo coinvolse
Era al tempo di costui la
fiorentina cittadinanza in due parti perversissimamente divisa, e, con
l'operazioni di sagacissimi e avveduti prencipi di quelle, era ciascuna assai
possente; intanto che alcuna volta l'una e alcuna l'altra reggeva oltre al
piacere della sottoposta. A volere riducere a unità il partito corpo della sua
republica, pose Dante ogni suo ingegno, ogni arte, ogni studio, mostrando a'
cittadini più savi come le gran cose per la discordia in brieve tempo tornano
al niente, e le picciole per la concordia crescere in infinito. Ma, poi che
vide essere vana la sua fatica, e conobbe gli animi degli uditori ostinati,
credendolo giudicio di Dio, prima propose di lasciar del tutto ogni publico
oficio e vivere seco privatamente; poi, dalla dolcezza della gloria tirato e
dal vano favor popolesco e ancora dalle persuasioni de' maggiori, credendosi, oltre a questo, se tempo gli
occorresse, molto più di bene potere operare per la sua città, se nelle cose
publiche fosse grande, che a sé privato e da quelle del tutto rimosso (oh
stolta vaghezza degli umani splendori, quanto sono le tue forze maggiori, che
creder non può chi provati non gli ha!); il maturo uomo e nel santo seno della
filosofia allevato, nutricato e ammaestrato, al quale erano davanti dagli occhi
i cadimenti de' re antichi e de' moderni, le desolazioni de' regni, delle
province e delle città e li furiosi impeti della Fortuna, niuno altro cercanti
che l'alte cose, non si seppe o non si poté dalla tua dolcezza guardare.
Fermossi adunque Dante a volere
seguire gli onori caduchi e la vana pompa de' publici ofici; e, veggendo che
per se medesimo non potea una terza parte tenere, la quale, giustissima, la
ingiustizia dell'altre due abbattesse, tornandole ad unità, con quella
s'accostò nella quale, secondo il suo giudicio, era più di ragione e di
giustizia, operando continuamente ciò che salutevole alla sua patria e a'
cittadini conoscea. Ma gli umani consigli le più delle volte rimangon vinti
dalle forze del cielo. Gli odii e l'animosità prese, ancora che sanza giusta
cagione nati fossoro, di giorno in giorno divenivan maggiori, intanto che, non
senza grandissima confusione de' cittadini, più volte si venne all'arme con
intendimento di por fine alla lor lite col fuoco e col ferro: sì accecati
dall'ira, che non vedevano sé con quella miseramente perire. Ma, poi che
ciascuna delle parti ebbe più volte fatta pruova delle sue forze con
vicendevoli danni dell'una e dell'altra; venuto il tempo che gli occulti
consigli della minacciante Fortuna si doveano scoprire, la fama, parimente del
vero e del falso rapportatrice, nunziando gli avversarii della parte presa da
Dante di maravigliosi e d'astuti consigli esser forte e di grandissima
moltitudine d'armati, sì gli prencipi de' collegati di Dante spaventò, che ogni
consiglio, ogni avvedimento e ogni argomento cacciò da loro, se non il cercare
con fuga la loro salute; co' quali insieme Dante, in un momento prostrato della
sommità del reggimento della sua città, non solamente gittato in terra si vide,
ma cacciato di quella. Dopo questa cacciata non molti dì, essendo già stato dal
popolazzo corso alle case de' cacciati, e furiosamente votate e rubate, poi che
i vittoriosi ebbero la città riformata secondo il loro giudicio, furono tutti i
prencipi de' loro avversari, e con loro, non come de' minori ma quasi
principale, Dante, sì come capitali nemici della republica dannati a perpetuo
esilio, e li loro stabili beni o in publico furon ridotti, o alienati a'
vincitori
|