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SCENA 1a
Figlio di Lajo entro Colono ardivi
Riporre il piede?... Oh s'io men tardo quinci
Giungea, di Tebe già alle porte a forza
O vivo, o spento, o a brani fatto addutto
Ben io t'avrei – Finché respira questo
Impuro avanzo del sangue di Cadmo,
È di Creonte vacillante il trono...
Ma il re s'avanza... Arte or qui vuolsi, e somma
Arte – Si finga, ed al venir mio velo
SCENA 2a
Usa a cangiare, a niuno averne, o a starsi
Fra i duo divisa, trepidante, incerta,
Signor fu Tebe da più lustri – Lajo
Tradito, esule Edippo; Polinice,
Ed Eteòcle ambo correano, invasi
Dalla infernal sete d'impero al trono.
Pure allor freno alle discordie oppose
Prego di madre, sì che l'un regnasse
Un anno in Tebe, e fuor l'altro ne gisse.
Primo Eteòcle occupò il seggio, i passi
Drizzò vers'Argo Polinice, fermo
Di ritornar qual non ne gìa più grande.
Ivi accoppiossi con Argìa d'Adrasto
Figlia, e s'avvinse in amistà tenace
Col cognato Tidèo – Già per più lune
Volto era l'anno, e ancor sedea sul trono
Lo spergiuro Eteòcle – Indarno d'Argo
Chiedea ragion del vicendevol patto
L'esul fratello – Oh re, tu sai con quanta
Indomit'oste ultor piombasse il prode
Tidèo su Tebe, e Polinice; audace,
Nel chiuso vallo di morir giurando
Anzi di ceder l'usurpato trono.
E i giuri attenne, che di sangue rosse
Corsero l'onde del rapido Ismeno,
E di Argivi, e Teban morenti, e morti
Ammonticchiati quasi alte cataste
Del nevoso Citero erano ingombri
I due campi – Ma già il suocero Adrasto
Novella adduce a battagliar tremenda
Etola gente, e degli Argivi avviva
L'ardir; qual lampo sui Tebani piombano,
E di loro ne fanno ampio macello
Sicché atterriti, e volti in fuga, indarno
All'ordin gli appellava, e minacciava
Forte Eteòcle, e' che, di ceder prima
Il trono, visti avria co' suoi quei d'Argo
Ristretti, e chiusi entro la tomba istessa.
Oh mostro!
Alfin niun scampo a sé veggendo
Chiamò a concilio Polinice; ei venne,
Ma qual potea fra' regnator duo patto
Esister mai, se era sol uno il trono?
Ne' brandi, ultimo dritto – Ah soffri, ch'alto
Silenzio veli quel dì fero tanto,
In cui trafitti ambo per man d'entrambi
Dessero certa del lor sangue prova.
Oh degna inver prole di Cadmo!
Il trono,
Vuoto di re, tiensi or Creonte...
Il tenga,
Che sommo danno è aversi trono in Tebe!
Ma, che vuol egli? A che d'armati or pompa
Far con tant'oste? Che pretende? Quale
Di nuovo sire ardir novello il muove
Con orgogliosa mostra entro a' miei stati?
El tal non viene – Hanno i Teban le spade
Nel fodero riposte, e in man l'ulivo,
E giuran pace a' Greci tuoi – Deh udirmi
Piacciati, o re – Spenti i fratelli, il trono
Occupò l'avo – A gara Edippo Tebe
Suo re nomava, e invan né preghi, o possa,
O attender breve a rallentar non valse
E a che ne vengon quindi?
A chiederlo da te – Me primo intanto
Mandò Creonte, onde securo farti
Che pronto ei stassi a dar il non suo trono
A Edippo, ove tu 'l renda a Tebe.
E dove
Entro Colono? Or come?... quando?...
Certi m'ebb'io che da Larissa il piede
Quinci movesse anzi dell'alba, scorto
Da Antigone...
Certo colui, canuto, cieco, fiero...
Olà qui tosto ambo i stranier sien scorti...
Giova però che in parlar modi io tenga,
Sì che né donde, o per cui muova, o quale
Fin qui mi tragga ei non travegga – Udremlo
Poscia scoprirsi da se stesso.
Ei viene.
SCENA 3a
Oh a che m'appelli?
Frattanto
Proscritto il re per Grecia andava un palmo
Mendicando di terra, che securo
Dal furor fosse de' suoi figli – Il regno
Reggean par essi, ma in breve destossi
Ne' dubbi cuor de' due german la cupa
Invidia, e l'odio dal sospetto, infine
L'ardente brama d'assoluta possa.
Sorse la madre, e li compose – Il patto
Restò fermo tra lor, che per un anno
L'un lo scettro tenesse, e l'altro in bando
Ne gisse, per quindi salir sul trono
Oh di che parla?
Questa
Fu del pugnar sola dimora – Al primo
Cesse il secondo, e in Argo mosse [il primo]
Alla corte d'Adrasto – Era ben forse
Per dieci lune il nuovo anno consunto,
Che il non più re, pur re si stava – In campo
I rotti patti d'Argo il re si mosse
A sostener di Polinice, ond'ebbe
Origin quella ostinata, feroce
Terribil lotta, che di Tebe, e d'Argo
L'età più tarde crederanlo appena.
Odi?
Taci.
Qual fia costui?
Pendé la pugna – A manca, a destra, pieno
D'alta vendetta vola il furibondo
Tidèo coi mille Argivi, e mille arreca
Morti, e sol spera omai nel fuggir scampo
L'atterrito Tebano, e morte incontra.
Già vinto il vallo al vincitor Tidèo
Stan per aprirsi le Tebane porte –
Ecco Eteòcle – Argivi! ormai si cessi
Dal pugnar lungo – Alla fraterna lite
Stranieri voi, grida, versar più sangue
Or fora biasmo – non mertan d'incesto
Fratelli nati che per lor si versi
Umano sangue. Or esci, scendi, o vero
Figliuol non sei di quell'Edippo, tu!
Ecco a tal voce già fende la calca,
E corre, e vola, e stringe, e impugna, e ruota
Attonite si stanno ambo le schiere –
Volaro a mille i colpi, non un grido,
Non un lamento, una parola, tutta
Parea che stesse l'anima, la rabbia
De' due fratelli sui nudati acciari!
Padre... deh vieni... altrove
Andianne...
Statti... assai mi giova [...]
Ai colpi membra alcuna volta i patti,
E scendi, dice, da quel trono, io il sangue
Tuo non anelo, e 'l sanno i Dei, che invoco
In testimonio, s'oltre il seggio, io brami
Stilla versarne – Ben io a sorsi intero
Lo tuo berrei, pria che lasciartel, grida
In suon tremendo Eteòcle, e feroce
I colpi addoppia, e disperato, e cieco
Per furor sommo del fratel sul brando
Cader si lascia, e stramazzando cade
In un fiume di sangue – Allor da vera
Pietà commosso Polinice il ferro
Gitta, e di pianto gli innonda le gote,
E che il perdoni nel scongiura – Or dunque
Poiché sta scritto che cader pur deggia,
Pria di varcar l'onda di Stige, prova
D'alta pace vuo' darti, vien, t'accosta
Figlio d'Edippo, abbracciami, e ricevi
Or da Eteòcle ultimo pegno, eterno,
E sì dicendo nel petto gli asconde
Che il nascer vostro infame, con più infame
Oh donna!...
Ebben?
Oh sventurata, e non colpevol madre!...
Ahi lassa!
Or che?... che vai dicendo?... come...
Gelo d'orrore a interrogarti... parla...
Giocasta...
Poche eran due morti, e...
Taci,
Assai dicesti!
Consumato appena
L'orrendo fratricidio, ella di Tebe
Esce, e qual folgor taciturna, e calma
Trascorre il campo, e giunta dove estinti
Giaceansi i figli senza dir parola
Svelle il pugnal dallo squarciato fianco
Di Polinice, e ancor caldo di sangue
Oh che rimembri?
Edippo? Ei più non vive or forse, e s'anco
Egli si fosse altrui non osa, ahi misero,
Svelar sua stanza, non che il nome...
Patir se 'l puote, il ciel spietato?... Oh terra!
A che non t'apri, e ne' tuoi cupi abissi
L'autor non conscio di tanti delitti
Alfin non serri? Oh potess'io di questo
Sangue fatal l'infame avanzo or tutto
Versar colle mie man col ferro istesso!
Oh tu, cui non oso nomar tremando
Madre, né sposa, fra i cui caldi amplessi
Di natura, e d'amor gustai la piena
D'atroci inesplicabili trasporti...
Tu che m'ascolti or forse dal tremendo
Varco di Stige attonita ch'io viva,
Tu il sai, sanlo gli Dei, se spinti entrambi
Da gratitudin, da rispetto, ai voti
Delle Furie, del popolo, del Cielo
Piegando... e invano la virtù ne stava
Profondamente entro del cuor scolpita,
Né i rimorsi, il terror, né la temuta
Ombra paterna a rinfacciar non sorse
I turpi amplessi, ed il macchiato letto
Alla moglie innocente, al figlio ignoto,
Finché non fosse de' celesti inganni
L'opra nefanda consumata appieno!
Oh Dei feroci! Dei di nostra stirpe
Assai più iniqui, protettori a un tempo,
E vindici di vostre colpe istesse
Se possa è in voi, quanto in me sprezzo, a prova
Me fulminate... Oh con chi parlo? Ahi dove,
Dove son l'are, i simulacri, quali
I riti tenebrosi, e i culti infami,
Che origin tratta non abbian dal sangue
Degli insensati, e creduli mortali!
Onde tal furie?
Egli si perde!... Ahi padre...
Oh donna, va, scostati, fuggi, osserva
Là di quel vecchio la terribil ombra,
Che ritta ritta sui piedi v'attenta,
E col dito t'accenna il ferro ond'ebbe
Trafitto il fianco... Io lo ravviso al bruno
Lungo suo manto, al fero volto, al grave
Incesso, agli atti, al sangue, che gli cola
Per l'ampia piaga... oh tu se' desso, o Lajo...
Ma voi, chi siete? ... Chi son quei, che il corpo
Livido, e scarno a mezzo alzan dall'urna,
E con ambo le palme ad una ad una
Ricercansi le viscere, e le gittano
A me sul volto?... Oh non gli odi siccome
Colla lor fera, e minaccevol voce
Di compassione, di pietà non degna
Del sangue lor t'accusan?... Va, minore
Di lor non sia, scostati...
Staccarmi imprendi da' tuoi fianchi, io lunge
Andronne io mai...
Ma chi sei tu? Che ascondi
Sotto quel manto insanguinato?
Ahi lassa!...
Egli vaneggia!
A che scuoti
Quella tua teda?... Il cuor? Ecco!... nol vedi?
Qua, qua pianta quel ferro, o feri, o dallo,
Vedrai s'io braccio abbia in ferir mal atto...
Ma ella s'invola, e me qui lascia... oh duro,
Crudo mio stato, che né darmi or posso,
Né avermi morte... Oh se già un tempo, appena
Dall'alvo uscito della madre avesti
Cura di me, se mi sanasti il piede
Tenero, infermo, e ognor scorta mi fosti
Fosse a Lerna, a Corinto, o quando uccisi
L'ignoto padre, o il dì che dolci furie
Per te gustai fra le materne coltri,
Sì che fui padre di quattro fratelli,
Se stanco di soffrir tanti delitti
Mi svelsi poscia dalla fronte gli occhj,
Odimi, Aletto, tu il vedesti, degno
Ben fui di te, forse maggior di quanti
Fur tuoi seguaci... Oh s'io lo fui? Non basta?
Che far potea? Tormi la vita? Questa
Era, tu 'l sai, sacra a tue furie ultrici,
La rispettai per più piacerti, cara
Mi fu sinché di consumar delitti
Novella speme m'avvivava il seno –
Or che mi resta? A' tuoi temuti altari
La mia coscienza, il mio destin, la voce
Del Profeta guidommi – Eccoti, io vengo
Ad implorar de' tuoi decreti il fine,
E s'anco sazia non sei di vendette,
Tebe rimanti; su quell'empia volgi
Il tuo furor, la tua vendetta, e passi
Sovra i figli dei figli il rio flagello;
Fa ch'uom non cinga quell'infausto serto
Di raggrumato sangue ognor cosperso,
E ognor di risse eccitator, se prima
Non giunge i falli ad uguagliar d'Edippo –
A tal feroci, ed esecrati voti
Sangue di Cadmo, or ti ravviso – Edippo
A che ti celi?
E 'l voglio, e 'l cerco, e tu tel pensi?
Or dona
Il voler delle furie, e degli estinti.
SCENA 4a
Non si lasci, seguitelo, consiglio
All'oprar quindi avrem dal tempo, noi...
SCENA 1a
Dunque sperar dal gran Tesèo può Tebe
Salvezza intera? Oh di qual gioja immensa
Brillar vedransi i volti egri, e languenti
De' vecchi padri, e delle madri afflitte
Alla fausta novella – Oh se d'altari
Larga a ragion ti fu l'Attica terra,
Di gratitudin monumento eterno
Il ben d'Edippo, assai più ch'altro affetto
È sprone all'oprar mio – L'udrem qui in breve
Chi sa? Lusinga tal mi serbo in petto,
Ch'io trar nel possa ai comun voti.
Il Cielo
Le tue cure magnanime secondi.
Ma dimmi intanto di Creonte dubbia
Non è la fede?
Andria Creonte, ove spergiuro ei fosse,
Dal furor di Teseo? M'odi, e tu stesso
Se loco a dubbio abbiavi, apprendi – Appena
Sul vuoto seggio de' nepoti estinti
Salì Creonte, che la non placata
Ira del Ciel con nuovi aspri flagelli
Tebe percosse, e gli olocausti, e 'l pianto,
E le preci, e le morti a nullo i Numi
Avendo, a interrogar l'Oracol santo
Si volse in Delfo – Empiea del tempio il foro,
Il delubro, le loggie, il fior più scelto
Dell'adunata gioventù Tebana –
Bella era l'alba, e mai più bello apparve
Il sol su Delfo – A piè dell'are pronte
Già stavano le vittime, già i ferri
Sacerdotai pendeano in alto, quando
Romoreggiar orrendamente il tuono
S'udì, tremar la terra, e le colonne
Vacillar del gran tempio – Immota, e presa
Da terror, da stupor la circostante
Turba di gridi assordava le volte...
Alfin tornò la calma, e di vivace
Splendor rifulser le già spente tede,
E di tutti brillò nel petto un lampo
Di spenta gioja, allor il Dio parlò:
«Pace avrete, o Tebani, ov'anco in Tebe
Edippo regni» – Disse, e di repente
Con fragor cupo il ciel tuonando, in mezzo
A buja notte ci trovammo – A Lerna
Pelide, in Argo Antino, ed io sin dentro
Larissa i passi affretto, onde d'Edippo
Indagar l'orme, e 'l sesto dì ne vide
Tornarsi Tebe senz'altra speranza
Dal riaver più mai – Quando di Lerna
Pastor, veduto averlo, afferma, presso
La palude di Prosina, e i suoi passi
Ver Colono drizzar – Deh chi potrebbe
Pingerti allor l'impazienza, i gridi
De' cittadini? E come a gara ognuno
Ferro brandisse, ed asta, e in men che il dico
Ne' tuoi stati piombasse – Indi messaggio
Eccolo, ei viene.