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GUIDO Fuggi! - Il mio duol col tuo periglio accresci.
CORRADO Che dirò al signor mio, che lagrimando
Jer m'imponea di non tornarmi al campo
Senza di te? Sotto Salerno ei stesso
M'accompagnava; ei mi fu solo ajuto.
Al mio salir furtivo. Intorno al vallo
Chiuso nell'elmo, e fra nemici e l'ombre
Dubbioso errando, or ch'io ti parlo, aspetta
Il figliuol suo - Me misero! m'avanza
Poco omai della notte.
Quando a forza dal suo petto mi svelsi,
Non giovò il pianto a rattenermi, ah come
Ei non pensò che tu a mortal periglio
Venivi indarno; e che da questa casa
Prego o ragion non porrìa tormi? A lui
Torna, o Corrado; e tu per lui pugnando
Più degnamente spenderai la vita. -
La mia - dal di che la serbò Ricciarda,
A lei tutta io la deggio.
Che Guelfo ignori che in sua reggia vivi
GUIDO Non so - ma Guelfo, ahi! di Ricciarda è padre.
CORRADO Fremi dunque in nomarlo, e vedi sempre
Non di tuo padre il reo fratello in Guelfo
Che sue spoglie desia; non l'uccisore
D'un fratel tuo; ma di Ricciarda il padre?
Quei che dopo la lunga inutil guerra
A trucidarti, o Guido, armi più certe
Trovò nell'amor tuo? Che mentre in moglie
Ti promettea la figlia, ei sul tuo grembo
Nel convito ospital d'orrido tosco
Ti rapiva il fratello? E se Ricciarda
Da' labbri tuoi non rimovea quel nappo
Né ti scampava in tempo, or giaceresti
Compagno alle insepolte ossa fraterne.
E or mentre il padre tuo corre a vendetta
E sovrasta a Salerno, e qui guidarti
Può la vittoria, armi abbandoni e padre
E patria e l'ombra del fratello inulta.
Or tutti a un tempo (né di me ti parlo
Ma se tu peri, io non vivrò) noi tutti,
E pria l'amante tua misera donna.,
Teco strascini a orribili sciagure
GUIDO Perché Guelfo conosco, io mai Ricciarda
Non lascerò. S'oggi ei trionfa in guerra,
Io spento forse in campo; o vinto, errante
N'andrei.... E allor di lei che fia? di lei
Che in lunghi orridi guai (né di ciò duolsi)
Vive per me? Schiava d'iniquo padre,
Con lentissime angosce e sotto il ferro
Sconterà allor d'avermi amato e salvo.
GUIDO E allor più il temo - allora
Pria di sua man darà Salerno al foco
Che in poter nostro: ultima gioja, e tomba
Gli saran le rovine: e in quelle fiamme
Per torla a me seppellirà la figlia.
CORRADO Tardar l'assalto potrem noi; spianarti
Più vie che intanto al campo d'Averardo
Unica: - e vana! e s'io la nutro, temo
Che Ricciarda non m'odj. Or tu, se come
Gentile animo chiudi, amore intendi,
Sai che quando ogni speme altra è perduta,
Resta il conforto e il dolce alto desio
Di morir presso a lei per cui non puossi
Viver più omai. - Ben tu per l'infelice
Mio genitor che il morto figlio piange,
E invan l'altro richiama, almen tu vivi -
Indarno io prego? E tu mi guardi, e gemi;
E mi sforzi ai rimorsi e al pianto e all'ira!
CORRADO Dunque per sempre il padre tuo ti perde?
GUIDO Te perde a un tempo; e di pietoso amico
Mal tu le parti con mio padre adempi.
Finché di noi tu incerto il lasci, incerto
Sta d'assalir le rocche, e tempo e ardire
Cresce a' nemici: ma se tu di speme
Ch'io rieda il togli, anche il timor torrai;
E nel suo cor magnanimo e guerriero
Tornerà l'ira e la fidanza: e teco
Gli fia certo il trionfo; e nelle sorti
Avverse, almen tu – che di me più l'ami
Pur troppo! - a lui figlio sarai.... Ma cresce
L'alba, e cinto esser puoi da mille ferri.
Qui ogni uom l'abborre e ogni uom veglia per Guelfo –
Né parti? - A senno tuo parti, o rimani:
Mi sarà nuova piaga ogni tuo detto;
Ma finché morte su Ricciarda pende
Più che sul padre mio, m'odi, Corrado -
Non ch'uom mortale mai. né Iddio potrebbe
Far ch’io mi parta, o snudi in guerra il brando.
CORRADO Abbi il mio pianto, o Guido; altro non posso:
Ti fia dannoso or il mio sangue. Addio.
Amaro nunzio ad Averardo io torno.
Disperato partito, a racquistarti,
Piglierà al certo; e ov'ei non giunga in tempo
Sappia da me dove cercarti estinto.
GUIDO Se pur fuggir salvo potrai!... ma vieni -
Quinci ti fia cauto il partir: trapassa
L'arche e le volte oltre la quinta tomba;
Quivi è una lampa, e il mio secreto albergo:
Scendi un lungo trar d'asta a un arco angusto
Che mette al fosso; ivi men alta è l'onda.
Te il ciel guidi, o Corrado. Al padre narra,
Che ingrato io son - ma e più infelice. Addio.
CORRADO Non sia questo l'amplesso ultimo nostro!