IntraText Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
VI. In questa imitazione de' Trovatori il Petrarca inserì un verso tolto da' classici:
Et tinctus viola pallor amantium. Horat.
Pure con quanta dilicatezza e verità lo ha egli migliorato col modo felice — Pallore tinto di viola e d'amore! — Maria Stuarda, destinata dalla prima gioventù all'amore e alle afflizioni, tradusse lo stesso verso d'Orazio nella sua Monodia (conservata da Brantôme) in morte del suo giovane marito, Francesco Secondo:
Mon pâle visage de violet teint,
Sebbene il Petrarca ravvisasse ne' poeti latini i maestri suoi, per gran ventura giudicò nondimeno che non sarebbero potuti degnamente imitarsi nella lingua italiana: quindi tolse da essi parcamente; nè so ravvisare più di due o tre versi di Virgilio, di Ovidio e di Orazio, di cui, tentato piuttosto da inevitabile reminiscenza che da propostasi imitazione, accidentalmente e' si giovasse:
Agnovit longe gemitum prœsaga mali mens. Virg.
Mente mia, che presaga de' tuoi danni.
Elige cui dicas: tu mihi sola places. Ovid.
A cu' io dissi: tu sola mi piaci.
Orazio, col trasporre di poche parole, tramutò la reale passione di Saffo in mera gaiezza e galanteria:
Il Petrarca, tuttochè appena leggesse greco, e i frammenti di Saffo non fossero conosciuti per ancora, raccese il fuoco e il calore che Orazio aveva spento, e coll'aggiungere il sospiro al sorriso e alla voce dell'amata, mostrò come anche la greca poetessa avesse lasciato la pittura imperfetta:
Per divina bellezza indarno mira
Chi gli occhi di costei giammai non vide...
Chi non sa come dolce ella sospira,
E come dolce parla e dolce ride.
Nè l'amore sensuale de' Romani e de' Greci poteva conciliarsi colla dilicatezza della poesia del Petrarca. Le sue più belle imitazioni sono tratte dalle sacre carte; nè tali imitazioni credo essere state per anche avvertite da verun critico, sebbene deggia essere ovvio ad ognuno quanto profondamente tutti i suoi pensieri fossero inspirati dalla religione:
A mezza via, come nemico armato. P. II, Son. 47.
Et veniet tibi, quasi cursor, egestas; et mendicitas, quasi vir armatus. Prov., c. XXIV, v. 34.
E la cetera mia rivolta in pianto. P. II, Son. 24.
Versa est in luctum cithara mea. Job, c. XXX, v. 31.
Qual grazia, qual amore, o qual destino
Mi darà penne in guisa di colomba,
Ch'i' mi riposi, e levimi da terra? P. I, Son. 52.
Et dixi: Quis dabit mihi pennas sicut columbæ, et volabo, et requiescam? Psalm. LIV, v. 7.
Vergine bella, che di Sol vestita,
Coronata di stelle. P. II, Canz. ult.
Mulier amicta Sole, et Luna sub pedibus ejus, et in capite ejus corona stellarum duodecim. Apoc., cap. XII, v. 1.
L'alta aura di pietà e d'amore, che spira nelle opere di lui, a volte sa di profano:
Baciale 'l piede, o la man bella e bianca:
Dille: il baciar sia 'n vece di parole:
Lo spirto è pronto, ma la carne è stanca.
Spiritus quidem promptus est, caro autem infirma. Math., cap. XXVI, v. 41.
A dissipare la gelosia di Laura, rassomiglia l'ardore con che rintracciava le sembianze di lei nel volto di belle donne, alla divozione di un pellegrino che si affisa nell'imagine del Salvatore:
Movesi 'l vecchierel canuto e bianco
Del dolce loco ov' ha sua età fornita,
E dalla famigliuola sbigottita,
Che vede il caro padre venir manco:
Indi traendo poi l'antico fianco
Per l'estreme giornate di sua vita,
Quanto più può col buon voler s'aita,
Rotto dagli anni e dal cammino stanco;
E viene a Roma, seguendo 'l desio,
Per mirar la sembianza di colui
Ch'ancor lassù nel ciel vedere spera.
Così, lasso, talor vo cercand'io,
Donna, quant'è possibile, in altrui
Amore, alludendo alla creazione del primo uomo nella Genesi, dirige il Poeta a scrivere che:
Forma par non fu mai dal dì ch'Adamo
Aperse gli occhi in prima: e basti or questo.
Piangendo il dico; e tu piangendo scrivi.