Ugo Foscolo
Ajace

ATTO SECONDO

SCENA PRIMA Calcante, Agamennone

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ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

Calcante, Agamennone

CALCANTE

Canuto, inerme, il tuo potere io temo,

Ma piú il cielo e l’infamia.

AGAMENNONE

E non ti armavi

Tu dello scudo e del furor di Achille?

quell’insano, o imperversar di plebe,

le bende divine onde t’ammanti

T’eran difesa: quelle bianche chiome

E il tuo pallore di pietà m’han vinto.

Tremende or fai l’armi d’un’ombra, e nuovi

Achilli al volgo, profetando, accenni?

Qui dove io sto, qui dov’io t’odo e tremi,

Stanno numi ed altari, e questo è loco

A men astuti oracoli. — Rispondi;

L’armi d’Achille a chi prepari?

CALCANTE

Il vero

In me difese Achille; il ver che giova

Alla salute degli Achei: deh come

Tu, cui temono tutti, il vero temi!

Dirlo or dovrei, difenderlo non posso.

AGAMENNONE

Vecchio, presagi a te non chiesi; i lieti

Spregio e gli avversi: al detto mio rispondi:

L’armi d’Achille a chi prepari? — Taci? —

Ov’è il tuo ardir? — Mi tralucea la trama;

Or la discerno. Ahi frodolento! ardire

Non hai tu dunque di nomarmi Ajace?

CALCANTE

Al grande Ajace i figli degli Achei

Dier l’ardue spoglie; io no: che a lui funesta

E a noi di pianto e a te d’infamia forse

Temo la troppa sua virtú sublime.

AGAMENNONE

Ah tu l’esalti, oggi che è polve e larva

La tua vantata deità d’Achille;

Oggi un campion ti vai mercando, e il pasci

D’orgoglio, e di fatali armi lo cingi.

Le torte vie che a vendicarti apristi,

In onta tua ricalcherai. Ritorna

In campo, e le armi rendi vili al volgo. —

Che stai? — Le palme al cielo tendi; e immoti

Gli occhi a me volgi? — Mi obbedisci: o eterna

Notte starà sul guardo tuo che al cielo

Furar presume l’avvenire e i fati.

CALCANTE

Però non temo, chè piena imminente,

Non la tua, la divina ira discerno.

Re de’ regi, t’arresta. Audaci modi

Assumo e tu mi sforzi: io troppo vissi. —

L’ufficio mio compiuto era dal giorno

Che condottiero a tanti re ti elessi:

Veraci e sante le parole mie

T’erano allor che per l’ignoto Egeo

Attraverso le folgori e la notte

tanta gioventú che giace

Per te in esule tomba, o per te solo

Vive devota a morte. Oggi mentito

Accusi il Dio che il ver m’ispira. Ah! gli anni

Lunghi ch’io vissi tra le gioje, il lutto,

Gli errori, i vizii e le virtú di tanti

Forsennati mortali, il ver sovente

M’insegnano. Sciagure oggi e delitti

Ben presagir poss’io, poichè pur sempre

Colpe e sciagure rinascenti io veggio.

E voi piú ch’altri; voi, l’invidie, gli odj,

L’orgoglio vostro, e le trame, e le furie

Mi siete numi e l’avvenir mi aprite.

Divinità che dal sen mi prorompe

E mai quetar per lagrime non posso

È il dolor mio; speme e pietà lusinga

Mi fanno, e parlo. Or gli ultimi consigli

Ti mando al cor. — Ajace avi e valore

Vanta comuni al generoso Achille,

E implacato, magnanimo, mortale

In ogni impresa che alla patria noccia

L’avrai nemico: ma guerrier sublime

Per la tua gloria ei pugnerà, se a gloria

Piú che a possanza, o Agamennone, aspiri.

AGAMENNONE

Gloria!... Indistinti tu mi davi, eterni

Di parricida e re de’ regi i nomi.

CALCANTE

Misero re! Pur mi vedesti assiso

Sull’altar della Dea, l’intera notte,

Disdir l’orrendo sacrificio: e quanto

Te scongiurando e abbracciando non piansi!

Piangevi tu, ma non mi udivi. A’ tuoi

A’ fidi tuoi, prezzo del sommo impero

Vittima davi Ifigenia. Per essi

Del terror delle furie ardean le schiere

E a nudi brandi intorno mi fremeano

Pallide, atroci, e deliravan sangue,

Che le infernali Deità placasse.

Dell’innocente giovinetta il crine

Coronò il fratel tuo; gittò sovr’essa

Il vel. Con fredde mani ella le mie

Strinse, al cielo mirando. Io te mirava

E ancor credea che tu padre saresti!

Raccapricciando ritraevi il volto,

E il tuo scettro tremante la bipenne

Accennavami... eterno in cor mi geme

Della morente vergine il sospiro! —

Tu regni; in pianto e nel rimorso regni:

avrai nuovo poter senza novella

Vittima.

AGAMENNONE

Al dolor mio vittime voglio.

Questo infamato scettro, ecco, vel rendo:

Tremar vi fea; calcatelo. Ch’io possa

Me stesso almen non abborrir! — Io tutti

Punirò meco. Le viscere arcane

Mi sbranano l’Eumenidi. Ma voi

Astuti, sconoscenti, invidi prenci,

Che scerre un tra la mia figlia e il trono

Pur mi traeste, siate avvinti al giogo

Del parricida Agamennone.

CALCANTE

Amaro

Pianto i celesti move. E allor la Grecia

Liberator ti ha venerato; e placa

Di tutto il sangue de’ suoi figli l’ombra

D’Ifigenia; e ancor ten resta il merto.

Ma bada, o re, che insultator dell’are

E della patria libertà non forse

Ti creda un volgo aspro, a’ delitti pronto,

ancor dai vizj maturato al giogo.

Or nume è Achille: a lui la fama diede

Origine celeste, armi fatali,

E tu il chiamavi un germe di Giove;

E in lui certo splendea parte del cielo!

Poscia che al lutto degli Achei rapita

La polve dell’Eroe fu dal sepolcro

Correano a fuga a terror a tumulto.

E chi potea, tranne quell’armi e il nome

Renderli a speme, e a cenni tuoi sommessi?

Tu temi Ajace: re potente sei,

Ei nullo invidia, ei non t’adula, e il temi?

Altri l’immensa ambizion ti pasce,

Dell’invidia la rabbia altri rovescia

Dal proprio cor nel tuo. Temi chi il nome

Odia d’Achille e la virtú d’Ajace.

Te solo un , te d’ogni eroe deserto,

Affronterà l’assalitor tuo vero.

Col ferro no; con la notturna frode

Le querele eloquenti e la feconda

Calunnia tutti a sgominarti il trono

Moverà i federati. Ardi, soggioga

L’Asia: di schiavi barbari e di regie

Spoglie trionfa. — Alle fraterne greche

Terre e a’ lor numi abbi rispetto, Atride.

AGAMENNONE

Oggi o non mai fia manifesto al mondo

Che fin ch’io spiro e ch’io vedrò la terra

Me i greci sempre obbediranno; e tutti.

Anche il mortale che amar odiarlo

Vorrei, che forse me non odia... Ajace...

Primo cadrà se a me non serve. — Gli altri?

O vili o insani o perfidi son tutti.

Traditor mille io veggio. O umana stirpe

Nata a ingannare ed a tremar! Ma infame

Fia il traditor che mi farà piú forte.

Indi a mio grado io spezzerò que’ vili

Stromenti, allor che rammentarmi il nome

Non s’ardirà d’Ifigenia. Me solo

Giudice avrò, carnefice me solo.

Ma voi, chinate gli occhi vostri: io sdegno

Lagrime e lodi; il terror vostro io voglio.


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