Ugo Foscolo
Jacopo Ortis

PARTE SECONDA

XXIX - Continuò la lettera per Teresa.

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XXIX - Continuò la lettera per Teresa.

 

Torno a te mia Teresa. Se mentre io viveva era colpa per te l'ascoltarmi; ascoltami almeno in queste poche ore che mi disgiungono dalla morte; e le ho riserbate tutte a te sola. Avrai questa lettera quando io sarò sotterrato; e da quella ora tutti forse incomincieranno ad obbliarmi, finché niuno più si ricorderà del mio nome - ascoltami come una voce che vien dal sepolcro. Tu piangerai i miei giorni svaniti al pari di una visione notturna; piangerai il nostro amore che fu inutile e mesto come le lampade che rischiarano le bare de' morti. - Oh sì, mia Teresa; dovevano pure una volta finir le mie pene; e la mia mano non trema nell'armarsi del ferro liberatore, poiché abbandono la vita mentre tu m'ami, mentre sono ancora degno di te, e degno del tuo pianto, ed io posso sacrificarmi a me solo, ed alla tua virtù. No; allora non ti sarà colpa l'amarmi; e lo pretendo il tuo amore; lo chiedo in vigore delle mie sventure, dell'amor mio, e del tremendo mio sacrificio. Ah se tu un giorno passassi senza gettare un'occhiata su la terra che coprirà questo giovine sconsolato - me misero! io avrei lasciata dietro di me l'eterna dimenticanza anche nel tuo cuore!

Tu credi ch'io parta. Io? - ti lascierò in nuovi contrasti con te medesima, e in continua disperazione? E mentre tu m'ami, ed io t'amo, e sento che t'amerò eternamente, ti lascierò per la speranza che la nostra passione s'estingua prima de' nostri giorni? No; la morte sola, la morte. Io mi scavo da gran tempo la fossa, e mi sono assuefatto a guardarla giorno e notte, e a misurarla freddamente - e appena in questi estremi la Natura rifugge e grida - ma io ti perdo, ed io morrò. Tu stessa, tu mi fuggivi; ci si contendeano le lagrime. - E non t'avvedevi tu nella mia tremenda tranquillità ch'io voleva prendere da te gli ultimi congedi, e ch'io ti domandava l'eterno addio?

Che se il Padre degli uomini mi chiamasse a rendimento di conti, io gli mostrerò le mie mani pure di sangue, e puro di delitti il mio . Io dirò: Non ho rapito il pane agli orfani ed alle vedove; non ho perseguitato l'infelice; non ho tradito; non ho abbandonato l'amico; non ho turbata la felicità degli amanti, né contaminata l'innocenza, né inimicati i fratelli, né prostrata la mia anima alle ricchezze. Ho spartito il mio pane con l'indigente; ho confuse le mie lagrime alle lagrime dell'afflitto; ho pianto sempre su le miserie dell'umanità. Se tu mi concedevi una patria, io avrei speso il mio ingegno e il mio sangue tutto per lei; e nondimeno la mia debole voce ha gridato coraggiosamente la verità. Corrotto quasi dal mondo, dopo avere sperimentati tutti i suoi vizj - ma no! i suoi vizj mi hanno per brevi istanti forse contaminato, ma non mi hanno mai vinto - ho cercato virtù nella solitudine. Ho amato! tu stessa, tu mi hai presentata la felicità; tu l'hai abbellita de' raggi della infinita tua luce; tu mi hai creato un cuore capace di sentirla e di amarla; ma dopo mille speranze ho perduto tutto ed inutile agli altri, e dannoso a me, mi sono liberato dalla certezza di una perpetua miseria. Godi tu, Padre, de' gemiti della umanità? pretendi tu che sopporti miserie più potenti delle sue forze? o forse hai conceduto al mortale il potere di troncare i suoi mali perché poi trascurasse il tuo dono strascinandosi scioperato tra il pianto e le colpe? Ed io sento in me stesso che agli estremi mali non resta che la colpa o la morte. - Consolati, Teresa; quel Dio a cui tu ricorri con tanta pietà, se degna d'alcuna cura la vita e la morte di una umile creatura, non ritirerà il suo sguardo neppure da me. Sa ch'io non posso resistere più; e ha veduto i combattimenti che ho sostenuto prima di giungere alla risoluzione fatale; ed ha udito con quante preghiere l'ho supplicato perché mi allontanasse questo calice amaro. Addio dunque - addio all'universo! O amica mia! la sorgente delle lagrime è in me dunque inesausta? io torno a piangere e a tremare ma per poco; tutto in breve sarà annichilito. Ahi! le mie passioni vivono, ed ardono, e mi possedono ancora: e quando la notte eterna rapirà il mondo a questi occhi, allora solo seppellirò meco i miei desiderj e il mio pianto. Ma gli occhi miei lagrimosi ti cercano ancora prima di chiudersi per sempre. Ti vedrò, ti vedrò per l'ultima volta, ti lascierò gli ultimi addio, e prenderò da te le tue lagrime, unico frutto di tanto amore!

 

Io giungeva alle ore 5 da Venezia, e lo incontrai pochi passi fuori della sua porta, mentr'ei s'avviava appunto per dire addio a Teresa. La mia venuta improvvisa lo costernò; e molto più il mio divisamento di accompagnarlo sino ad Ancona. Me ne ringraziava affettuosamente e tentò ogni via di distormene; ma veggendo ch'io persisteva si tacque; e mi chiese di andare seco lui fino a casa T***. Lungo il cammino non parlò; andava lento, ed aveva in volto una mestissima sicurezza: ah doveva io pure avvedermi che in quel momento egli rivolgeva nell'animo i supremi pensieri! Entrammo pel rastrello del giardino; ed ei soffermandosi, alzò gli occhi al cielo, e dopo alcun tempo proruppe guardandomi: Pare anche a te che oggi la luce sia più bella che mai?

Avvicinandosi alle stanze di Teresa, io intesi la voce di lei: - ma il suo cuore non si può cangiare: - so se Jacopo che m'era dietro uno o due passi, abbia udito queste parole; non ne riparlò. Noi vi trovammo il marito che passeggiava, e il padre di Teresa seduto nel fondo della stanza presso ad un tavolino con la fronte su la palma della mano. Restammo assai tempo tutti muti. Jacopo finalmente. Domattina, disse, non sarò più qui - e rizzandosi, si accostò a Teresa e le baciò la mano, ed io vidi le lagrime su gli occhi di lei; e Jacopo tenendola ancora per mano la pregava perché facesse chiamare la Isabellina. Le strida e il pianto di questa fanciulla furono così improvvise ed inconsolabili che niuno di noi poté frenare le lagrime. Appena ella udì ch'ei partiva, gli si attaccò al collo e singhiozzando gli ripeteva: o mio Jacopo perché mi lasci? o mio Jacopo torna presto: né potendo egli resistere a tanto pietà, posò l'Isabellina fra le braccia di Teresa che non proferì mai parola - Addio, egli dissele, addio - e uscì. Il signore di T** lo accompagnò sino al limitare della casa e lo abbracciò più volte e lo baciò gemendo. Odoardo che gli era a lato ne strinse la mano, augurandoci il buon viaggio.

Era già notte; e non sì tosto fummo a casa egli comandò a Michele di allestire il forziere, e mi pregò istantemente perché tornassi a Padova a pigliare le lettere esibitegli dal professore C***. E partii sul fatto.

Allora sotto la lettera che la mattina avea apparecchiata per me, aggiunse questo proscritto:

 

Poiché non ho potuto risparmiarti il cordoglio di prestarmi gli ufficj supremi - e già m'era, prima che tu venissi, risolto di scriverne al parroco - aggiungi anche questa ultima pietà ai tanti tuoi beneficj. Fa ch'io sia sepolto, così come sarò trovato, in un sito abbandonato, di notte senza esequie, senza lapide, sotto i pini del colle che guarda la chiesa. Il ritratto di Teresa sia sotterrato col mio cadavere.

25 Marzo, 1799

L'amico tuo

JACOPO ORTIS

 

Uscì nuovamente: e trovandosi alle ore 11 appiè di un monte due miglia discosto dalla sua casa, bussò alla porta di un contadino, e lo destò domandandogli dell'acqua, e ne bevve molta.

Ritornato a casa dopo la mezzanotte, uscì tosto di stanza, e porse al ragazzo una lettera sigillata per me, raccomandandogli di consegnarla a me solo. E stringendogli la mano: Addio Michele! amami; e lo mirava affettuosamente - poi lasciatolo a un tratto, rientrò, serrandosi dietro la porta. Continuò la lettera per Teresa.

 


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