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I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
E chi il ribelle?
Chi il furibondo che meco imperversa?
Io. — Le schiere mi togli; e il cor pretendi
Togliermi e il ferro?... — Ecco il ripongo. Udirmi
Spero e insieme rispondermi vorrai.
Teucro dov’è?
Suo duce e suo fratel non sei?
Pur a te venne, o Atride, ei su le prime
Ore del dí, mentr’io stava con pochi
All’Ellesponto. Trapassando il campo
Mi soffermai qui teco, indi in consesso,
Senza veder le tende mie; chè Teucro
Ivi io credea. Gli mandai tosto un messo
Che nol rinvenne.
Fra le turbe forse
Non l’indagava.
Fra le turbe stava
La calunnia e il tumulto. — In parlamento
Talun mi disse che da lunge il vide,
Quando il sol giunto a sommo il ciel non era,
Solo e sul lito piú deserto ai numi
Sacrificar, quasi a mortal periglio
S’accingesse. Volai. Tutti partiti
Celatamente eran con lui gli arcieri.
E a’ motti
Che a te presente saettò, rimasi.
Or chi non sa che adulator tuo primo
Seminator di scandali mi chiama
Altamente? Costretto o persuaso
Esser potea da me chi tanto m’odia,
Chi mai verun, tranne il fratel, non ode?
Ma e quando pur... a che inviarlo? e dove
Che omai tu, o re, nol risapessi? e ch’ei
Nol ridicesse al fratel suo? Devoto
Stavasi il grande Ajace al monumento
Del Dio Pelide. Ma il minore Ajace,
Piú che fratel sublime amico, forse
Ove pur sia
Mal si accusa di trame: egli? — e tradirvi
Senza tradir me e la sua patria insieme
Tradir te, il fratel tuo!... — ma e sempre
Udirmi sdegni? e sí m’abborri?...
Il nome
Tuo sempre sdegno io proferir: — ti spregio.
Non vile tuo commiliton m’avesti
Spesso; e pur or tu il confessavi.
E tacqui
Che a te rifugio fu il mio scudo spesso.
Pur co’ Teucri sei prode e vil tra noi.
Non raggiravi oggi vilmente il volgo
E piú vilmente i re? Tua non fu l’arte
Che li sedusse a deferir la lite
A’ prigionieri? Qui tornando il seppi.
Della cieca sentenza il fine astuto
Scerno. Que’ prenci che oltraggi e catene
Difendendo i lor numi hanno mertato,
Sgomentati, ingannati, strascinati
Fien al voler di chi sarà sí basso
Da deludere i miseri, e sí crudo
Da perseguirli, e ritorcere in essi
L’astio del volgo. Ah fien difesi! e il grida
Dal suo trono infernale a me il tremendo
Eaco del mio gran padre avo e d’Achille,
E piú tremenda la pietà mel grida.
E chi librar, chi giudicar può i merti
De’ vincitor meglio che i vinti? Alcuni
Da me fur presi, altri dal forte Ajace.
Di sette prenci prigionieri, due
Fratelli sono di Tecmessa; è l’altro
Suo genitor: suborneranno il quarto.
Tolta ad Achille fu dal re la schiava
E a prevenir egual periglio festi
Moglie la tua: i figli tuoi fien pari
A Teucro in ciò; madre Trojana avranno.
Scudo cosí farti dicevi allora,
Oggi il ridici, a’ miseri: e tu il dei.
Die’ guerra all’Asia il padre tuo già un tempo;
Fu vincitor; ma poi d’ospizio accolse
Pegni e di pace: ed ebbe iliache spose.
A riveder i suoi congiunti a Troja
Finchè spiri la tregua occultamente
Teucro n’andò: seco ha gli arcieri quindi.
— Tacito io penso, se lasciarti io deggio
Te adornato di fraudi e d’impudenza
Al vituperio a cui tu vivi; o dentro
Nel tuo cor negro ove l’invidia rugge
Le calunnie rispingere e i sospetti
Col ferro.
E brando v’ha che meglio uccida
Un greco re? Non hai d’Ettore il brando?
Ahi fatal dono! E il mio ti diedi, o forte
Ettore, il mio, sul campo ove leale
Nemico egregio contro me pugnavi.
Ti valse almeno a morir per la tua
Patria, e cadesti lagrimato e sacro!
Ma io?... vedi... le furie mi strascinano
A bagnarlo di sangue, di quel sangue
Che tu abborrivi, e ch’io finor difesi.
Ed io finor tacito veggio in uno
Sospetti indegni, empio furor nell’altro.
Necessità d’alto severo quindi
Imperio veggio. — Ajace; di me pensa
Che vuoi; non mento perchè nessun temo.
Le tue schiere sviarti o menomarle
Non curo. Teucro e i suoi senza mio cenno
Nè indizio mio, se pur son lunge, il campo
Abbandonaro: usati modi; ogni uomo
Qui si fa duce, e divezzarvi intendo.
S’anco tornasse vincitor, punito
Il vo’, ch’egli piú ch’altri impaziente
È d’ogni legge, e d’ogni applauso sempre
Avido; ei primo e temerario sempre.
Che s’ei tradisse... in te fidar piú a lungo
Potrei?... — Cessa la tregua. Ebbro il trojano
Di sua vittoria noi tremanti estima
Da che spense l’eroe; s’accorga ei dunque
Se Atride vince. Fin dall’alba indissi
Però l’assalto ad innoltrata notte,
Sí volli, e il voglio perchè il volli. E spenta
Pria nel mio campo ogni discordia volli.
Giudici sien, poco rileva, i prenci
Stranieri. Io il dissi; odilo ancora: Troja
Mai non cadrà, mai per l’acciar d’Achille.
Pari alle tue, pacate odi parole. —
Nessun di noi l’armi, per esse, pregia.
Te ambizion, me libertà sospinge,
Livor costui: ardon le brame; e incerto
Sovrasta evento; onde temiam noi tutti.
E tu piú ch’altri, a cui temenza detta
L’imperioso favellar. — D’altrui
Schermo in battaglia ebbe mai d’uopo Ajace?
Sol contro te che a tirannia prorompi
L’armi bramo di lui che i feri moti
Della superba anima tua gelava.
Minor di posse, e pari d’alma, vedi
Me, alle tue mire ambiziose inciampo;
Vedi d’Achille adoratori i greci
Che amor li stringe e meraviglia e l’alta
Religion de’ suoi avi celesti.
Ma il lungo imperio tuo molti fea queti
Al giogo, quindi fu protratto ognora
Lo sterminio di Troja; e tuo d’altronde
L’utile e il vanto ne bramavi. Spento
Alfin è Achille e avvilir vuoi la fama
D’Achille e me. La meraviglia tutta
Poi che l’amor non puoi, tendi in te solo
Trar della Grecia; e guidarla a trionfi
Col tuo valore o a sempiterne guerre,
Finchè di forti vedovata e lassa
Da te pace ed onore abbia e catene. —
Me vile fa d’un vile oggi la gara:
E ov’ei deturpi del Pelide il brando,
Creduto opra divina, anche gli Dei
Fien vano scudo a libertà: Costui
Spregi, ma allenti alle sue trame il freno.
S’ei me tradisca e te ad un tempo, ignoro.
Teucro da lui credo aggirato; e certo
I frigi prenci ingannerà se forse
Nol fe’. Me non vedranno. Inviolato
Servar giurai dell’assemblea il decreto.
Stolto decreto; e giuramento ahi! stolto.
Ma rivocarlo ella può sempre. — Intanto
Non però cessa oggi la lite vera,
E magnanima sia: Apertamente
Dimmi se re son io? Se a Telamone
Il valor mio frutterà infamia e ceppi?
Ma bada, o re, che a terminar tal lite
A noi non resta che la sorte e il volgo.
Tu col terrore; io con l’amor; costui
Con fraudi nuove, lo trarremo al sangue.
Udir detti ribelli, e a tuoi furori
Libero abbandonarti, a te sia prova
Se Agamennon t’avanza. Odine i cenni. —
I re prigioni fien giudici; e tosto. —
L’armi, e le ottenga chi si vuol, fien vili. —
Nè piú a contender di parole, accolti
Fien d’oggi innanzi a pugnar meco i duci;
E all’intimata pugna fra brev’ora
Mi seguiran. — Di Teucro, ove non rieda,
Mi sarà pegno il figlio tuo. — Chi sia
Qui re il saprai. — Seguimi Ulisse.