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SCENA PRIMA
COST. Povera me! povera me! che giornata è questa per me! Non so s'io viva; mi sento una smania al cuore, che mi pare di essere, il ciel mi perdoni, all'inferno. Ah, mi fossero cadute in terra le pupille degli occhi, pria di vedere quel che ho veduto. Perché venir di soppiatto colei a ritrovar mio marito? E di più ancora, Nardo venirmi a dire ch'ella ha desiderato ch'io non ci fossi! Per bene non ci può essere venuta. Ma! non potrebbono essere questi miei temerari giudizi? Non potrebb'ella essere qua tornata per ragione delle gioje sue?... E se per questo fosse venuta, perché sottrarsi dagli occhi miei? perché desiderare ch'io non ci fossi? E di più poi, perché rimpiattarla nello studiolo, dove non riceve che persone dell'ultima confidenza? Potrebbe averlo fatto, perché veduta non fosse da suo marito... Ma se la venuta sua fosse stata innocente, importato a lei non avrebbe l'esser veduta; e mio marito perché nasconderla, se non ci fosse?... Ma che mai ci ha da essere? E avrò coraggio di pensar male di mio marito? dell'unico bene che ho al mondo, dell'unica mia consolazione che tante prove d'amor mi ha dato, che tanto bene disse ognora volermi? E me ne ha voluto, sì, del bene, me ne ha voluto, e me ne vorrà, spero, me ne vorrà; e se non me ne ha più da volere, colle mani alzate al cielo domando la morte per carità. (con qualche lacrima) Lisetta. (asciugandosi gli occhi)
COST. È ritornato il signor Fabrizio?
LIS. Non ancora.
LIS. Non si è veduto nemmeno lui. E sì l'ora è avanzata.
COST. Mio marito si tratterrà per gli affari suoi. Stupisco del signor suocero, che a quest'ora non manca mai.
LIS. Egli è uscito per andar dal maestro di Franceschino: ma poc'anzi, nel ritornare a casa ch'egli faceva, è stato riscontrato per la via dal signor Fabrizio; si sono posti a discorrere, e non la finiscono ancora.
COST. (Non ha seguitato la donna dunque). (da sé) Convien credere che abbiano degl'interessi che premano.
LIS. Eh signora padrona, non si ha da mormorare, né da pensar male di nessuno: ma le cose chiare e patenti che cogli occhi si vedono, e colle orecchie si sentono, sono poi quel che sono, e non si può dir che non sieno.
COST. Non sarebbe gran cosa, che l'occhio e l'orecchio ingannassero qualche volta.
LIS. La signor'Angiola non è una paglia che si possa prendere in iscambio.
COST. Sì, la signor'Angiola è venuta poc'anzi a discorrere con mio marito. E per questo? Sarà la prima femmina che avrà seco lui trattato, per vendere, per comprare, per raccomandarsi?
LIS. È vero, signora; ma le femmine che vengono solamente per questo, non cercano, pare a me, di parlar al marito di nascosto della consorte.
COST. Quello sciocco di Nardo non ha inteso bene. Ha detto ella, e lo so di certo, che bastavagli rappresentare le premure sue al padrone, senza incomodar la padrona.
LIS. Ma perché serrarla nello studiolo?
COST. Chi ha detto a voi, che l'ha serrata nello studiolo? Non può essere entrata ella là dentro per sottoscrivere un qualche foglio, per far qualche ricevuta, qualche ordine di pagamento? Lisetta, a quel ch'io vedo, voi siete stanca di viver meco. Cento volte v'ho detto, che mi ristuccano ragionamenti simili, fatti così all'impazzata; e poi ve ne fo scrupolo grande, grandissimo, che quando non si san di certo le cose, non si dicono e non si credono. Mio marito non ha mai dato uno scandalo, e non è capace di darlo. La signor'Angiola è persona onesta; e se voi non castigherete la lingua, se non regolerete il pensare, non solo escirete di questa casa, ma non farete mai bene; poiché, figliuola mia, la riputazione che in un momento si toglie, in mille anni non si restituisce più intera.
LIS. Ma io diceva questo perché...
COST. Già mi avete capito, e non occorre mi replichiate.
LIS. Compatisca per questa volta; non dirò più, signora.
COST. Mi pare abbiano picchiato all'uscio di strada.
LIS. Andrò a vedere. (Con tutto questo non credo niente io. Può ben dir che non dica, ma che non pensi poi! Bisognerebbe che mi facesse cambiar la testa). (da sé e parte)