Carlo Goldoni
La buona figliuola

ATTO PRIMO

SCENA UNDICESIMA   La Marchesa Lucinda, poi Cecchina

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SCENA UNDICESIMA

 

La Marchesa Lucinda, poi Cecchina

 

LUC.

Manderò la sfacciata

A far vita meschina e ritirata.

Ma per sfuggire col german l'impegno,

Finger è forza, e simular lo sdegno.

CEC.

Eccomi a' suoi comandi.

LUC.

Sì, Cecchina,

Fosti sempre bonina, e lo sarai;

E un piacer che ti chiedo, or mi farai.

CEC.

Vuol, parlando così, mortificarmi.

La padrona ha il poter di comandarmi.

LUC.

Aspasia, mia sorella,

Brama una giardiniera. Ella pregommi

Che io ti avessi al suo desir concesso,

E di cederti ad essa ho già promesso.

CEC.

(Povera me!) (da sé)

LUC.

Sollecita

Renditi al cenno mio.

CEC.

Dunque, signora,

Seco non mi vuol più?

Non l'è più cara la mia servitù?

LUC.

Sì, mi sei cara; e se di te mi privo,

Alfin ti mando dai congiunti miei.

CEC.

Ma io... padrona... voglio star con lei.

LUC.

Lo dici per amor?

CEC.

Certo... lo giuro.

LUC.

Dunque se dell'amore

Per la padrona tua vanti sincero,

Mostra coll'obbedir che dici il vero.

CEC.

Signora mia... con vostra permissione...

L'ha saputo il padrone?

LUC.

Colle donne

Ei non ci deve entrare:

Vattene, e non mi far più replicare.

CEC.

Obbedirò; ma se il padrone mio...

LUC.

La padrona son io.

CEC.

Non dico, ma l'andarmene di qua

Senza dirlo al padrone, è inciviltà.

LUC.

Che giovane civile!

Vanne, non replicare:

O, disgraziata, ti farò portare. (Cecchina resta mortificata e piangente)

 

 

 


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