Carlo Goldoni
Lo scozzese

ATTO SECONDO

SCENA SESTA   Don Properzio e detti.

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SCENA SESTA

 

Don Properzio e detti.

 

PROP. Servidore umilissimo della signora.

GIU. Serva sua.

PROP. Signor segretario, una parola.

FABR. Comandi. (s'alza)

PROP. Venga qui. Si contenti di venir qui. Si compiaccia d'incomodarsi, e di venir qui.

GIU. Via, andate. Il padrone comanda, andate. (a Fabrizio)

FABR. (Oh, se non fosse per lei, non ci starei un momento). (s'avvia alla volta di don Properzio)

GIU. (Non vi vuol poco a dissimulare). (da sé)

FABR. Eccomi a suoi comandi. (a don Properzio)

PROP. Sa ella, signor segretario, che cosa le devo dire?

FABR. Se non me lo dice, non saprei indovinarlo.

PROP. Devo dirle, ascolti bene, le devo dire che casa mia non è più per lei; che il suo servizio non fa più per me; che favorisca di andarsene in questo punto; e che non me lo faccia dire due volte.

FABR. Ha sentito? (a donna Giulia)

GIU. Ho sentito. Comanda chi puote, obbedisca chi deve.

PROP. Viva la sapientissima mia signora.

GIU. Non è tempo ora ch'io gli risponda. Verrà il momento ancora per me. Scriverò io la lettera a don Sigismondo. (va a scrivere)

FABR. Posso sapere almeno per qual ragione mi licenzia? (a don Properzio)

PROP. Non è necessario ch'io ve la dica.

FABR. È necessario che si sappia, per il mio decoro, per la mia onoratezza.

PROP. Vi farò un benservito.

FABR. Me lo faccia dunque.

PROP. Ve lo farò.

FABR. Me lo faccia ora.

PROP. Non ho tempo presentemente da spendere due o tre ore a stendere un benservito.

FABR. Questo è una cosa che si fa in un momento.

PROP. Voi fate le cose in un momento. Vada ben, vada male, si fa in un momento. Io le cose mie non le faccio in momenti. Un attestato non è una lettera. Si fa presto a scrivere una lettera d'invito ad un cavaliere, un viglietto di appuntamento per ritrovare la dama, una risposta graziosa ad un appassionato servente; queste sono cose che si scrivono in un momento, perché la mano è avvezzata, perché l'abilità del segretario in simili affari è eccellente.

FABR. Signore, capisco il senso del vostro ragionamento.

PROP. Ed io ho piacere di esser capito.

FABR. Mi vergognerei a giustificarmi.

PROP. Io non ci penso che vi giustifichiate, mi basta che ve n'andiate.

FABR. I nostri conti, signore.

PROP. Per questo non preme. Io non intacco la vostra pontualità.

FABR. Son creditore di cinque mesi.

PROP. Non so niente. A me non avete servito sei volte l'anno. Se mi seccherete, non vi farò il benservito.

FABR. Me lo faccia, o non me lo faccia, son conosciuto. Mi paghi, o non mi paghi, sarò lo stesso. Faccio il mio dovere colla signora, e gli levo l'incomodo immediatamente.

PROP. La signora non ha bisogno di complimenti.

GIU. Andate, Fabrizio, vi dispenso da qualunque uffizio.

FABR. (Povera sfortunata!) Servidore umilissimo. (a don Properzio)

PROP. La riverisco. (a Fabrizio)

FABR. (Mi piange il core a lasciare una padrona di tanto merito e di tanta bontà). (parte)

 

 

 


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