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PROP. Signora compatisca se l'ho privata del segretario.
GIU. Tutto quello ch'ella fa, è ben fatto. (scrivendo)
PROP. Se ha bisogno di scrivere, la servirò io.
GIU. Obbligatissima. So far da me, quando occorre.
PROP. Non vorrà che io sia a parte de' suoi segreti?
GIU. Io non ho segreti, signore. (piega la lettera)
PROP. Ha una gran premura di piegar quella lettera. Ha timor ch'io la vegga?
GIU. No, signore, se comanda, si serva. (gliela presenta)
PROP. Oh! io non sono curioso.
GIU. Crederei che di una dama, qual io mi sono, non gli dovessero venire in capo sinistri sospetti. (seguita a piegar la lettera)
PROP. Oh! che dice mai? Davvero si vede che non ha la mano a piegar le lettere. È avvezza col segretario. Vuole che faccia io?
GIU. Via, mi farà piacere. (si alza)
PROP. Lo farò volentieri. Osservi, non faccio per dire, ma la piegatura non va bene. (apre la lettera) Non creda già ch'io abbia intenzione di leggere.
GIU. Oh! son persuasissima. Son certa che non ha veruna curiosità, che supporrà la mia lettera indifferente, e che si compiacerà, senza leggerla, di piegarla, di sigillarla, e di farle la soprascritta.
GIU. A don Sigismondo, padre di don Alessandro degli Alessandri. Lo conosce?
PROP. Lo conosco benissimo. È il padre di quel civilissimo cavaliere, che per rispetto s'inginocchia a' piè delle dame.
PROP. Sarà servita. (procurando di leggere furtivamente)
GIU. Se mi permette, vado per un picciolo affare, e poi torno.
GIU. Intanto avrà la bontà di chiudere e sigillare.
PROP. Senz'altro.
GIU. Se vuol leggere, legga; ma non vi è bisogno.
PROP. Oh! non perdo il tempo sì inutilmente.
GIU. (Legga pure il curioso, s'illumini l'indiscreto, e si prepari a pagarmi caro l'insulto). (parte)