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ATTO PRIMO
Scena Quattordicesima. La contessa Beatrice servita dal conte Lelio, Rosaura dal conte Onofrio, il conte Ottavio e dette
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Contessa Beatrice - Vi dimando scusa, se vi ho fatto aspettare.(ad Eleonora ed a Clarice)
Contessa Eleonora - Niente, contessina mia, niente.(a Beatrice)
Contessa Beatrice - In verità, aveva del rammarico per causa vostra.(come sopra)
Contessa Clarice - Voi siete piena di gentilezza; abbiamo aspettato pochissimo.(a Beatrice)
Contessa Eleonora - Chi è questa dama? (a Beatrice accennando Rosaura)
Donna Rosaura - Una vostra umilissima serva.(inchinandosi ad Eleonora)
Contessa Beatrice - Appunto, io desiderava di farla conoscere a voi due, che siete le più compite dame della nostra conversazione.(ad Eleonora ed a Clarice)
Contessa Eleonora - Per parte mia vi sono molto tenuta, dandomi questo vantaggio.
Contessa Clarice - Io pure mi chiamerò fortunata per questo felice incontro.
Contessa Beatrice - Sediamo, se vi contentate. Chi è là? Da sedere.(i servitori portano le sedie)
Donna Rosaura - (Io non so qual abbia ad essere il mio posto). (da sé)
Contessa Eleonora - Contessa Beatrice, fateci il piacere, ponete a sedere quella dama vicino a noi.
Contessa Clarice - Ecco il suo posto. In mezzo.
Contessa Beatrice - Signora donna Rosaura, compiacete quelle due dame.
Donna Rosaura - Per obbedirle, anderò. (s'incammina, poi siede in mezzo alle due dame suddette)
Contessa Eleonora - (Avete sentito? Le ha detto: signora donna Rosaura; non è titolata). (a Clarice, piano)
Contessa Clarice - (Non importa, basta che sia nobile). (ad Eleonora)
Contessa Beatrice - (Dimmi, è stata portata certa cioccolata?). (ad un Servitore, piano)
Servitore - (Illustrissima sì).
Contessa Beatrice - (Presto corri a farne tre chicchere).
Servitore - (Subito! Già l'acqua è calda). (parte)
Contessa Beatrice - Conte Ottavio, accomodatevi lì, presso la contessa Clarice.
Conte Ottavio – Obbedisco. (vuol sedere presso Clarice)
Contessa Eleonora - Si obbediscono volentieri questi dolci comandi. (con ironia ad Ottavio)
Conte Ottavio - I comandi della contessa Beatrice sono da me in ogni tempo stimati.
Contessa Eleonora - Ma specialmente adesso, che vi fanno sedere vicino a una bella dama. (accennando Clarice)
Contessa Clarice - Ah, ah; ora vi ho inteso. Conte Ottavio, questo non è il luogo vostro.
Conte Ottavio - Ma qual è il mio luogo?
Contessa Clarice - Cercatelo; questo assolutamente non è.
Conte Ottavio - Io non credeva di meritarmi di essere discacciato. (si alza, e parte di là) Sarà più discreta a soffrirmi la Contessa Eleonora. (va a sedere presso Eleonora)
Contessa Eleonora - Io non servo per ripiego a nessuno (si alza, e gli volta la schiena).
Contessa Eleonora - Andate dove siete stato sinora.
Conte Ottavio - Signora contessa Beatrice, in casa vostra decidete voi.
Contessa Beatrice - In casa mia non comando, quando vi sono delle dame, alle quali, per debito e per rispetto, devo cedere tutta l'autorità.
Conte Ottavio - Sicché dunque me ne posso andare.
Conte Onofrio - (Conte Ottavio, sentite una parola. Frattanto che queste pazze puntigliose taroccano fra di loro, volete venir con me in cucina a mangiar quattro polpette?). (ad Ottavio, piano)
Conte Ottavio - (Vi ringrazio, per ora non ho appetito). (ad Onofrio)
Contessa Eleonora - Conte Lelio, venite qui.
Conte Lelio - Dove comanda la contessa Beatrice.
Contessa Beatrice - Sì, sì, sedete presso di lei, ch'io sederò qui vicino a voi.
Conte Ottavio - Posso aver l'onore di sedervi appresso? (a Beatrice)
Contessa Beatrice - Siete padrone, se queste dame non s'oppongono.
Contessa Eleonora – Oh, siete pur buona! Accettarlo voi, quando lo hanno rifiutato le altre!
Contessa Beatrice - Dice il proverbio, che i bocconi rifiutati sono i migliori.
Contessa Eleonora - Sì, sì, tanto più ch'è un boccone grosso.
Conte Ottavio - E voi siete un bocconcino... (verso Eleonora)
Contessa Eleonora - Via tacete. (ad Ottavio con imperio)
Conte Ottavio - Ma se due dame...
Contessa Clarice - Basta così, non dite altro. (col medesimo tuono)
Conte Ottavio - Contessa Beatrice...
Contessa Beatrice - Via, quando lo dicono, tacete.
Conte Ottavio - (Ecco qui. Le donne sono tutte puntigli, e noi abbiamo da soffrire senza parlare). (da sé)
Conte Onofrio - Io sederò presso di voi, se vi contentate. (a Clarice)
Contessa Clarice - Mi fate onore.
Contessa Eleonora - Contessa Beatrice, favorite dirci, chi è questa dama.
Contessa Beatrice - È una signora di Castellamare.
Contessa Eleonora - (guardando Clarice) Ehi, di Castellamare!
Contessa Clarice - (guardando Eleonora) Castellana!
Conte Lelio - (Principiano ad arruffare il naso). (piano a Beatrice)
Conte Ottavio - (Contessa, siete in un brutto impegno). (piano a Beatrice)
Contessa Beatrice - La nostra signora donna Rosaura, è piena di merito. Oltre le ricchezze non ordinarie della sua casa, possiede poi molto spirito, e molta virtù.
Contessa Eleonora - È ricca? Me ne rallegro. (deridendola)
Contessa Clarice - È virtuosa? Brava. (fa lo stesso)
Donna Rosaura - Io non sono né ricca, né virtuosa; ma quello di cui mi pregio, è di essere vostra umilissima serva.
Contessa Eleonora - Obbligatissima, ah, ah, ah. (ride, guardando Clarice)
Contessa Clarice - La ringrazio, ah, ah, ah. (ride, guardando Eleonora)
Donna Rosaura - (Come! Mi deridono? E la contessa Beatrice non parla?) (da sé)
Conte Lelio - (Prevedo, che voglia nascere qualche brutta scena). (piano a Beatrice)
Conte Ottavio - (Le avete scelte dal mazzo queste due signore). (piano alla detta. Servitori con tre cioccolate)
Contessa Beatrice - Ecco la cioccolata per chi non l'ha bevuta. Noi l'abbiamo presa. (i servitori la portano ad Eleonora)
Contessa Eleonora - Non ne voglio. (i servitori la presentano a Clarice)
Contessa Clarice - L'ho bevuta.
Conte Onofrio - Non la volete? La beverò io. (ne prende una chicchera. Servitore va da Ottavio)
Conte Ottavio - Obbligato. L'ho presa.
Contessa Beatrice - Questa signora ha molta stima per le dame palermitane, ed è venuta apposta a Palermo per conoscerne alcuna delle più cortesi, e poter poi rappresentare al di lei paese con quanta urbanità e pulitezza si trattino da noi le persone di merito come lei.
Donna Rosaura - La signora contessa Beatrice mi fa troppo onore.
Conte Lelio - Infatti presso le persone del secondo ordine passa la nostra nobiltà per austera e troppo sostenuta; non è mal fatto disingannare chi pensa malamente di noi, e dobbiamo ringraziare la signora donna Rosaura, che ci abbia offerta l'occasione di far conoscere al mondo che sappiamo distinguere il merito in ogni rango e in ogni carattere.
Donna Rosaura - Sentimenti propri d'un cavalier generoso.
Conte Ottavio - Mi pare che il signor don Florindo abbia tralasciato di negoziare. (a Rosaura)
Donna Rosaura - Sì signore. Sono più di tre mesi.
Conte Onofrio - E poi, una bella donna si ammette per tutto.
Contessa Clarice - Quel giovine, guardate se è venuta la mia carrozza. (ad un servitore, e s'alza)
Contessa Eleonora - Contessa, è tardi, bisogna ch'io vada. (a Beatrice, e tutti s'alzano)
Donna Rosaura - (Ho inteso. Queste dame non mi vogliono; ma la contessa Beatrice me ne renderà conto). (da sé)
Contessa Beatrice - (Cara amica, vi prego, fatemi questa finezza, dissimulate qualche poco. Soffrite per amor mio. Se sapeste in qual impegno mi trovo, mi compatireste). (va vicino a Clarice, e le parla piano)
Contessa Clarice - (Vi pare una cosa ben fatta? Mettermi a sedere vicino ad una mercantessa?) (a Beatrice, piano)
Conte Lelio - (Cara signora contessa non fate questo dispiacere alla contessa Beatrice, non le fate un affronto di questa sorta). (ad Eleonora, piano)
Contessa Eleonora - (L'affronto l'ha fatto a me, invitandomi a questa bella conversazione). (a Lelio, piano)
Contessa Beatrice - (È una giovane propria e civile, mi è stata raccomandata da un ministro della corte. Ella ha dell'altissime protezioni. Credetemi, che questa cosa vuol esser la mia rovina). (a Clarice, piano)
Contessa Clarice - (Se fossi sola, non m'importerebbe, ma ho riguardo per la contessa Eleonora. La conoscete; sapete chi è. Una ciarliera, che lo direbbe per tutto. Fate ch'ella se ne vada, e vedrete se le farò delle cortesie). (piano a Beatrice)
Conte Lelio - (Finalmente non è una plebea; è una signora ricca, onesta, e civile; possibile che abbiate cuore di mortificarla così?). (piano ad Eleonora).
Contessa Eleonora - (A casa mia, o a casa sua non averei difficoltà di trattarla, ma qui dove vi sono due altre dame, guardimi il Cielo). (piano a Lelio).
Servitore - Illustrissima, la carrozza non è venuta. (a Clarice)
Contessa Clarice - Grand'asino quel cocchiere! Non la finisce mai. Contessa Eleonora, se volete andare, non restate per me, ch'io aspetterò la carrozza. (Servitore via)
Contessa Eleonora - Dunque anderò io. Amica, compatitemi, non posso più trattenermi. (a Beatrice) Signora Rosaura, vi riverisco. (sostenuta)
Donna Rosaura - Serva sua. (mortificata)
Contessa Eleonora - (Povera ragazza, mi fa compassione). (a Lelio)
Conte Lelio - (Volete, che andiamo a casa sua a consolarla?).
Contessa Eleonora - (Se credessi che non si sapesse, lo farei volentieri).
Conte Lelio - (Oggi ci parleremo). (ad Eleonora)
Contessa Eleonora - Conte Ottavio, andiamo. (gli dà la mano)
Conte Ottavio - Sono a' vostri comandi. Vedete, se anche voi, vi degnate del boccon rifiutato? (ad Eleonora, dandole mano)
Contessa Eleonora - Signor no, non mi degno. Non ho bisogno di voi. (parte scacciando da sé Ottavio)
Conte Ottavio - Che maladetti puntigli! Non si sa come vivere, non si sa nemmeno come parlare. Tutto prendono in mala parte; tutto le mette in ardenza. Pur troppo è vero: i puntigli delle donne fanno impazzire i poveri uomini (parte).