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La signora Felicita, poi la signora Leonide; e detti.
FELIC. Signore zio, ho sentito tutto; siate benedetto; mi raccomando a voi; se voi non mi maritate, non v'è nessun che ci pensi. (piangendo)
LEON. E così, signor Ridolfo, quando si parte?
RID. Sorella carissima, per ora non si parte più.
RID. Il signor Geronimo mi ha toccato il cuore, facendomi toccar con mano la verità. I denari che destinati avevo per la villeggiatura, pagheranno una parte de' miei creditori; e per il resto, se il signor Geronimo non mi aiuta, io non so più come tirare innanzi.
GERON. Non ho difficoltà di prestarvi mille scudi, e anche più se vi occorrono, purché li veda bene impiegati. Ma per andare in villa? piuttosto che pagar i debiti con quel denaro che avete serbato per i cavalli, per i trattamenti, per il gioco, per la villeggiatura? Avrei rimorso, se lo facessi. Sono amico de' galantuomini, non nego un piacere a chi mi par che lo meriti; ma non contribuisco a pazzie, a disordini, a vanità.
FELIC. Signora Leonide, che vuol ella fare? Ci goderemo in città con più comodo.
LEON. Una bellissima novità. Che diranno i convitati da noi?
RID. Torneranno alle case loro.
LEON. Non mi sarei creduta una cosa simile.
FELIC. È un peccato con quel bell'abitino da viaggio.
LEON. Mandi a chiamare monsieur Lolì, che gliene faccia uno compagno.
GERON. Figliuoli miei carissimi, signori amatissimi, mi spiace infinitamente vedervi tutti essere malcontenti; però voglio procurare di confortarvi, voglio farvi toccar con mano, che sono di buon cuore per tutti...