Carlo Goldoni
Il matrimonio per concorso

ATTO PRIMO

SCENA DICIASSETTESIMA   Roberto, poi Pandolfo

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SCENA DICIASSETTESIMA

 

Roberto, poi Pandolfo

 

ROB. Oh cieli! qual incanto è mai questo? Sono qui venuto per ischerzo, e mi trovo impegnato davvero. Il suo volto mi piace, la sua maniera m'incanta. Parmi ch'ella sia fatta per formare la felicità d'uno sposo.

PAND. (Chi è questi? Sarebbe egli per avventura alcuno de' concorrenti?)

ROB. (S'io mi inducessi a sposarla, che direbbe il mondo di me? Eh, l'onestà della giovane giustificherebbe la mia condotta).

PAND. Signore, la riverisco.

ROB. Servitore umilissimo.

PAND. Domanda ella di qualcheduno?

ROB. Sì signore, aspetto qui una persona; se non do incomodo...

PAND. Scusi, compatisca. È venuto forse vossignoria per vedere la giovane di cui parlano i Piccioli affissi?

ROB. Lo sapete anche voi, signore, che questa giovane si trova qui?

PAND. Lo so certo, e lo deggio sapere più di nessuno.

ROB. Non nascondo la verità. Sono qui per questa sola ragione, e attendo il padre della fanciulla.

PAND. Signore, se volete conoscere il padre della fanciulla, eccolo qui a' vostri comandi.

ROB. Voi?

PAND. Io.

ROB. (Veggendo ora la figura dell'uomo, non mi maraviglio più delle sue stravaganze).

PAND. Ci avete qualche difficoltà? Non avete che a domandare a Filippo, al locandiere.

ROB. Lo credo a voi, poiché me lo dite.

PAND. Avete veduta mia figlia?

ROB. Per dirvi la verità, l'ho veduta.

PAND. E bene, che vi pare di lei? Siete persuaso?

ROB. Signore, vi assicuro che mi ha piaciuto infinitamente; ed oltre al merito suo personale, riconosco in vostra figliuola un fondo di virtù e di bontà che innamora.

PAND. Ah, che ne dite? Gli Affissi sono sinceri?

ROB. Circa alla sincerità dell'esposto, non vi è niente che dire: ma caro signor... come vi chiamate in grazia?

PAND. Pandolfo, per obbedirvi.

ROB. Caro signor Pandolfo, esporre una giovane in tal maniera alla pubblica derisione, è un avvilirla, un discreditarla, un sagrificarla.

PAND. Eh scusatemi, non sapete in ciò quello che vi diciate. Ho fatto, ed ho fatto bene per più ragioni. In primo luogo in Inghilterra si usa, in secondo luogo quest'uso si dovrebbe praticare per tutto; mentre, se vi è qualche buona giovane da maritare, sono sì poche al mondo, ch'è bene che il pubblico le conosca; e in terzo luogo, se tutti i matrimoni si facessero per concorso, non si vedrebbero tante mogli e tanti mariti pentiti al terzo giorno, e disperati per tutta la vita.

ROB. Io non sono persuaso delle vostre ragioni. Se ciò qualche volta si è fatto in Londra, sarà perché in Inghilterra sono quasi tutti filosofi, e fra mille filosofi ragionati, ve n'è sempre qualcheduno di stravagante. Oltre a ciò bisogna vedere...

PAND. Signore, questi sono ragionamenti inutili. Vi piace o non vi piace la mia figliuola?

ROB. Per dir vero, mi piace infinitamente.

PAND. Bisognerà vedere, se voi avete la fortuna di piacere a lei.

ROB. Mi pare, mi lusingo dalla bontà ch'ella ha avuto per me, che la mia persona non le dispiaccia.

PAND. Tanto meglio. La cosa sarà fattibile. Mi parete un uomo proprio e civile, a riserva di certi scrupoli un po' stiracchiati. Non sono malcontento di voi. Vi posso dare delle buone speranze.

ROB. Volete voi che parliamo insieme alla giovane?

PAND. Non l'avete veduta? Non le avete parlato? Per ora basta così: il vostro nome, il vostro cognome, lo stato vostro, la condizione?

ROB. Io mi chiamo Roberto Albiccini: sono italiano, negoziante in Parigi; e godo di una fortuna forse più che mediocre.

PAND. Benissimo. Le condizioni non mi dispiacciono. Favorite di ritrovarvi qui innanzi sera.

ROB. Ma perché non possiamo presentemente...

PAND. Non signore. Sono un galantuomo, non voglio mancare alla mia parola. Ho proposto il concorso, e non voglio deludere i concorrenti.

ROB. Ma volete ancora persistere...

PAND. Tant'è, o rassegnatevi a quanto vi dico, o vi escluderò dal concorso.

ROB. Non occorr'altro; ho capito. (Che bestia d'uomo! che stravaganza! che stolidezza! Un padre di tal carattere dovrebbe farmi perdere qualunque idea sulla figlia, ma no, il merito della povera sfortunata m'impegna sempre più a procurare di liberarla dalle mani di un genitore villano). (parte)

 

 

 


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