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DOR. Eccolo il mio povero padre; vi prego di non mortificarlo soverchiamente.
FONT. Come?
ROSE Chi?
DOR. Non lo vedete il mio genitore?
ROSE Questi?
FONT. Non è egli?...
ANS. Sì signori, io sono il padre di questa giovane. Che difficoltà? Che maraviglie? Cosa vogliono da lei? Cosa vogliono da me?
FONT. (Non capisco niente). (da sé)
ANS. Vossignoria non è ella monsieur la Rose?
ROSE Sì signore, mi conoscete?
ANS. Vi conosco per detto del signor Roberto Albiccini.
DOR. (Ah, il signor Roberto ha parlato a mio padre). (da sé, con allegrezza)
ROSE Ditemi in grazia, prima di ogni altra cosa, questa giovane non è la figlia del signor Pandolfo?
ANS. Come di Pandolfo? Ella è Doralice mia figlia.
FONT. Non è questa la giovane ch'è sugli Affissi? (ad Anselmo)
ANS. Non signora, mi maraviglio, non son io capace d'una simile debolezza.
DOR. Non sono io sugli Affissi? (ad Anselmo, con trasporto di giubilo)
ANS. No, figlia mia, non pensar sì male di tuo padre.
DOR. Ah caro padre, vi domando perdono. Mi hanno fatto credere una falsità. Oh cieli! sono rinata, sono fuor di me dalla consolazione. (si getta in braccio ad Anselmo)
ROSE (Mi pareva impossibile). (a madame Fontene)
FONT. (Penava a crederlo anch'io).
ROSE Ma voi, signore, chi siete? (ad Anselmo)
ANS. Anselmo Aretusi, per obbedirvi.
ROSE Il mio corrispondente di Barcellona?
ROSE Vi son debitore. Faremo i conti. Vi soddisfarò. Avete una figliuola di un merito singolare. Vi domando scusa, signora mia, se un equivoco mi ha fatto eccedere in qualche cosa... ma io fortunatamente so di non avervi perso il rispetto. Veramente madama... (verso madame la Fontene)
FONT. Sì, madama Fontene si dà ora a conoscere a madamigella Aretusi, pregandola di perdonare...
DOR. Madama, favorite, con licenza del mio genitore, favorite di passare nelle mie camere.
FONT. Accetto con soddisfazione l'invito. (Ah quanto sarebbe necessario qualche volta un po' di prudenza). (entrano nell'appartamento)