Carlo Goldoni
Il matrimonio per concorso

ATTO SECONDO

SCENA SEDICESIMA   Lisetta e detti.

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SCENA SEDICESIMA

 

Lisetta e detti.

 

LIS. E bene, signore, che cosa dite voi di Filippo?...

ROB. Dico ch'egli è un'indegno, ch'egli ha innamorato, ch'egli ha sedotto questa signora, (accennando Doralice) e che se voi aveste riputazione, non soffrireste un oltraggio simile sugli occhi vostri. (parte)

LIS. (Ah Filippo briccone! ah perfido scellerato!)

DOR. (Me infelice! posso essere più vilipesa di quel ch'io sono?)

LIS. E voi, signora mia, siete venuta da casa del diavolo per tormentarmi?

DOR. Rispettate in me una fanciulla onesta e civile. La figliuola di Anselmo Aretusi non soffre di essere insultata da chicchessia.

LIS. Se foste onesta e civile...

DOR. Non vi avanzate più oltre. Se non vi fosse nelle mie camere una francese, a cui vo' nascondere questa novella offesa dell'onor mio, chiamerei mio padre, e vi farei da esso mortificare qual meritate. Bastivi sapere per ora, che al mio genitore sono stata chiesta in isposa, ch'ei mi ha proposto un marito che non conosco, che la persona che mi onora nelle mie camere non mi ha permesso di rispondergli, d'interrogarlo, di formar parola. Se mio padre è ingannato, se un temerario ha avuto l'ardire di burlarsi di lui, s'egli è legato, s'egli v'appartiene, tanto meglio per me. Informerò immediatamente il mio genitore. Saprà egli vendicare l'offesa, sarà giustificata la mia condotta, e si pentirà dell'ardire chiunque ha avuto la temerità d'insultarmi, e di perdermi villanamente il rispetto. (parte)

 

 

 


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