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Doralice, madame Fontene, Pandolfo e Lisetta
PAND. Sentite, signorina? E voi volevate fare lo stesso. (a Lisetta)
LIS. (Ho piacere. Filippo non sarà contento).
FONT. Ma cara signora Doralice, chi mai è questo amante di cui siete invaghita?
DOR. Oh dio! non so più di così. Mi parve il giovane il più saggio, il più onesto del mondo.
PAND. Vi dirò io chi è, s'ella non lo vuol dire. È Filippo, il padrone di questa locanda.
DOR. Come! non è vero niente. Quegli ch'io amo, quegli che mi ha promesso di amarmi, è il signor Roberto degli Albiccini.
PAND. Il signor Roberto? Quel giovane mercadante?
DOR. Sì appunto, si è spacciato meco per mercadante.
PAND. Non può esser vero. Il signor Roberto è innamorato di mia figliuola.
LIS. No, caro signor padre, ora siamo alle strette. Bisogna ch'io sveli la verità. Vi è dell'equivoco, vi è dell'imbroglio. Roberto non mi conosce, mi crede moglie di un altro. (Povera me! Filippo sarà innocente, io l'ho maltrattato da colonnello).
DOR. Ma che incantesimi sono mai questi? Che disordini! Che confusioni!
FONT. Andiamo, andiamo ad aspettar vostro padre. Si verrà in chiaro di tutto, si saprà tutto, vi è rimedio a tutto.
DOR. Ma se viene mio padre con monsieur la Rose? Se mi obbliga a doverlo sposare?
FONT. Se poi vostro padre vi obbliga, non saprei che farvi. Noi siamo nate per obbedire. (parte, ed entra in camera)
DOR. L'obbedienza è giusta, ma il sagrifizio del cuore è crudele. (entra in camera)