Carlo Goldoni
Il Moliere

ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

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ATTO PRIMO

 

 

 

SCENA PRIMA

 

Moliere e Leandro.

 

LEAN.

Eh via, Moliere, amico, mostratevi gioviale;

Un autor di commedie, un uom che ha tanto sale,

Che con le sue facezie fa rider tutto il mondo,

Co’ propri amici in casa non sarà poi giocondo?

MOL.

Oh quanto volentieri al diavol manderei

Tutte le mie commedie e i commedianti miei!

LEAN.

Oh bella, oh bella, affè, or sembra che v’attedie

L’amabile esercizio di schiccherar commedie;

E pur v’hanno acquistato la protezion reale,

E un migliaio di lire di pensione annuale.

MOL.

Servirgran monarca, se non foss’io obbligato,

Vorrei andare a farmi rimettere soldato,

O sopra una montagna a viver da eremita,

Anzi che pel teatro menardura vita.

LEAN.

Ma ditemi, di grazia: dite, che cosa avete?

MOL.

Deh, non mi fate dire... Per carità, tacete.

Il pubblico indiscreto non si contenta mai.

Oh quanti dispiaceri, quanti affanni provai!

E quel ch’or mi deriva da’ miei nemici fieri,

Sembravi ch’esser possa un dispiacer leggieri?

LEAN.

Dir v’intendete forse, d’allor che l’Impostore

Vi venne proibito?

MOL.

Di quello, sì signore.

Noi tutti eravam lesti; di popolo era piena,

Come di Francia è l’uso, oltre il parter, la scena;

Quando a noi giunse un messo col reale decreto,

In cui dell’Impostore lessi il fatal divieto.

LEAN.

Ma se vi fu sospeso un’altra volta ancora,

Perché violare ardiste l’ordine uscito allora?

MOL.

Il Re dappoi lo lesse, e l’approvò egli stesso,

E di riporlo in scena diemmi il real permesso.

Fu mia sventura estrema, che in Fiandra indi sen gisse,

E la licenza in voce mi ha data, e non la scrisse.

Spedito ho immantinente un abile soggetto,

E a momenti la grazia in regal foglio aspetto.

Vedranno quei ministri, che a me non prestan fede,

Che a Molier si fa torto, quando a lui non si crede.

E gl’ipocriti indegni spero avran terminato

Di cantar il trionfo, ch’hanno di me cantato.

LEAN.

Ma per dir vero, amico, avete agl’impostori

Rivedute le buccie.

MOL.

Eh, che son traditori.

Dall’altra trista gente difender ci possiamo;

Ma non daglinimici che noi non conosciamo.

Ed è, credete, amico, , lodevol opra

Che l’arte degl’indegni si sappia e si discopra.

LEAN.

Basta, vi passo tutto; ma vedervi desio

Senza pensieri tristi, allegro qual son io.

MOL.

Un uom che ha il peso grave di dar piacere altrui,

Non può sì lietamente passare i giorni sui.

Voi altro non pensate, che a divertir voi stesso;

Viver senza pensieri a voi solo è permesso.

LEAN.

È tutto il gran pensiere, che m’occupa la mente,

La mattina per tempo bilanciar seriamente

Qual partita d’amici a scegliere ho in quel giorno,

Per passar la giornata in questo o in quel contorno.

MOL.

Siate più moderato: so io quel che ragiono.

LEAN.

Viver, viver vogl’io. Filosofo non sono.

MOL.

E ben: chi viver brama dee usar moderazione.

LEAN.

Chi sente voi, Moliere, io sono un crapulone.

MOL.

A un amico si dice la verità sincera:

Qual siete la mattina, voi non siete la sera.

LEAN.

Bevo, eh?

MOL.

Sì, un po’ troppo.

LEAN.

E il vin desta allegria.

MOL.

Talvolta...

LEAN.

E il vostro latte v’empie d’ipocondria.

Fate così anche voi: bevete, e state allegro

Che latte? altro che latte! mescete bianco e negro.

MOL.

Voi non m’insegnerete una sì trista scuola.

LEAN.

Né io la vostra imparo; no, sulla mia parola.

MOL.

Oibò, quell’inebriarsi!

LEAN.

Ditemi, amico mio,

A letto più contento andate voi, o io?

MOL.

Voi non potete dire d’andar contento a letto,

Un ebrio non discerne il bene dal difetto.

LEAN.

Oh, oh! mi ha inaridito filosofia il palato.

Ecco, per causa vostra sentomi già assetato.

MOL.

Volete il col latte?

LEAN.

No, no, non m’abbisogna:

Più tosto una bottiglia del Reno o di Borgogna.

MOL.

A quest’ora?

LEAN.

Non bevo, come voi vi credete,

Quando suonano l’ore, ma bevo quando ho sete.

Se foste galantuomo, di quegli amici veri,

Me la fareste dare adesso.

MOL.

Volentieri.

Dalla Béjart potete andar per parte mia;

Il vin che più vi piace, fate ch’ella vi dia.

LEAN.

Ah! sì sì, la Béjart a voi fa la custode!

MOL.

Ell’è una brava attrice, che merta qualche lode:

Son anni che viviamo in buona compagnia,

Ed ella gentilmente mi fa l’economia.

LEAN.

Ehi, per cagion di questa, un mi fu narrato,

Che al comico mestiere vi siete abbandonato.

MOL.

No, no, son favolette.

LEAN.

Eh taci, malandrino,

Ti piacciono le donne.

MOL.

Quanto a voi piace il vino.

LEAN.

Bada bene, che il vino non mi può far quel danno,

Che agli uomini sovente le femmine fatt’hanno.

MOL.

Vedo venire a noi della Béjart la figlia.

LEAN.

Amico, l’occasione che cosa ti consiglia?

Sono del sangue istesso.

MOL.

Via, via, siete sboccato.

LEAN.

Un comico poeta s’avrà scandalizzato?

Di quello che tu vuoi; la gente è persuasa

Che, come sul teatro, tu fai le scene in casa.

MOL.

Giudizio, se si può, giudizio, chiacchierone.

LEAN.

Osserva, se ho giudizio; non ti do soggezione.

Addio.

MOL.

Dove, signore?

LEAN.

A bere una bottiglia,

E a trattener la madre, fin che stai colla figlia.

 

 

 


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