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ALL'ORNATISSIMO CELEBERRIMO MONSIEUR DE VOLTAIRE GENTILUOMO ORDINARIO DELLA CAMERA DEL RE
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Non è possibile, Signor mio, che io possa rendere a Voi una parte di quel gran bene, che a me avete fatto colle vostre parole, coi vostri scritti, e colla vostra affezione. Sono parecchi anni, ch'io sudo per l'onor mio, e nell'Italia medesima dov'io son nato, non mancarono quelli che hanno tentato di amareggiarmi il pane, e di oscurare il mio nome. Uscito è dalla Francia il mio scudo, la mia difesa, la corona de' miei travagli, e l'avvilimento degli emuli perniciosi. Voi siete quello, Signore, che sollevandomi con autorevol mano al dissopra degl'invidiosi, mi avete in tale situazion collocato, che la morte medesima non potrà più farmi discendere. Le preghiere, ch'io ho fatte finora al Cielo, sono state quelle di tutti gli uomini che bramano di sollevarsi dal fango, ma non ho mai ardito di chiedere l'approvazione e le lodi dell'Uomo grande, dell'Uomo del secolo, di Monsieur Voltaire. Questa è una grazia, che io ho conseguito senza sperarla, lontano dalla lusinga di meritarla.
Non crediate però, Signore, che l'averla ottenuta vaglia ad insuperbirmi, e farmi creder di essere quel ch'io non sono. Io so quello che in me stimate, lo so benissimo, e le lodi del vostro labbro tendono ad un'ammirazione tutta degna di Voi. Voi ammirate in me la Natura, Voi date lode a questa Madre universale benefica, che ha voluto spargere in me i suoi doni, ed arricchirmi di quel potere che da Lei sola, e non dall'arte si acquista. La vostra lettera de' 24 Settembre dell'anno scorso mi chiama Figlio della Natura. Voi conoscete la madre; Voi amate i suoi parti; ecco l'origine dell'amore che mi portate. La fantasia, la fecondità, che in me vi piace di commendare, procedono da quel fonte inesausto, più liberale ad una pianta che all'altra, senza merito del cultore, ed io ricevo gli elogi vostri, come posseditore dei beni della Natura, in quella guisa che stimasi un uomo ricco, come depositario dei beni della Fortuna. Deggio non pertanto moltissimo ringraziarvi, e vi ho un'obbligazione infinita, poiché, dando Voi a conoscere il tesoro che io posseggo, a me si danno gli applausi, che sarebbono con più giustizia alla mia Benefattrice dovuti.
Voi mi amate dal tempo che mi leggete, ed io vi venero, e vi ammiro, e vi studio dacché avete arricchita delle opere vostre la Repubblica Litteraria. Voi siete, per comune consentimento di tutta l'Europa, lo scrittore più accreditato del Secolo. Ha rinnovato la vostra penna l'aureo stile dei felici tempi d Augusto, e Voi solo, velocemente scorrendo per l'ampia via delle scienze, avete epilogato in Voi stesso la faconda Oratoria di Cicerone, la grave sonora Epica di Virgilio, il soave metro d'Ovidio, la dolce Lirica e la Scenica cognizione d'Orazio, e la verità, e l'eleganza, e la storica precisione di Giulio Cesare. Il vostro stile, la maniera vostra di scrivere è originale; Voi sapete innalzarvi con maestà, ed abbassarvi con grazia, sapete unire la dolcezza alla forza, onde potete ad un tempo istruire, convincere, e dilettare. Si scorge ne' scritti vostri il Filosofo, il Teologo, il Fisico, l'Oratore, il Poeta; Voi avete una mente geometrica, un cuor libero e sciolto, una penna pronta e felice, e se cento uomini dotti in una facoltà si distinguono, Voi state a fronte di tutti in ogni scienza, e in ogn'arte. Chi possiede e intende le vostre opere, può esser contento d'avere il modo d'apprendere col mezzo loro, e di erudirsi bastantemente con facilità, con diletto, e con sicurezza. La Natura vi ha lavorato, e l'arte ha perfezionato il lavoro. Se è vero di me quello che vi compiacete di dire, ambi siamo Figliuoli della medesima Madre, ma Voi il Primogenito, ed io il Cadetto, anzi Voi il primo, ed io l'ultimo. Deggio dunque a Voi quel rispetto che devesi dal Fanciullo al capo della Famiglia, e tributarvi la riverenza, la servitù, e gli omaggi. Molto più ancora vi deggio per l'amor vostro, e per la cura che avete dell'onor mio. La lettera sopr'accennata, che con tanto amore mi avete scritta, ha girato per le mani di cento e cento persone, e molto più i vezzosi versi, che per me vi siete degnato di voler impiegare. I miei amici si sono meco moltissimo rallegrati, ed i nemici hanno tentato di far passare tutto ciò per un'impostura, chiamando la lettera e i versi: Opera de' Mascherati Volteri. Voi li avete smentiti, senza sapere di farlo. Nell'erudita Epistola, che avete diretta a sua Eccellenza il Signor Marchese Francesco Albergati, Senator di Bologna, stampata a Ginevra, dietro al vostro ammirabile insigne Tancredi, avete al pubblico autenticati i sensi vostri onorevoli in favor mio; e la risposta del Cavaliere suddetto fa eco alle dolci parole vostre, e stabilisce sempre più la mia perpetua felicità. Ora i maligni, che non ponno dirmi impostore, mi diranno vanaglorioso. Ma chi può essere rimproverato di amar la Gloria, e qual Gloria maggiore poss'io bramare di questa? E se la sorte mi benefica a cotal segno, perché ho io da nasconderne il benefizio, e non dar lode piuttosto alla Providenza, ed al buon animo di chi mi onora? Io non credo in faccia degli uomini aver in questo peccato di vanità, sendo assai compatibile chi si aiuta per aver nome e concetto. La stessa brama onorata è quella che ora mi porta a dedicare a Voi, Signor mio, una delle mie Commedie. Sarà indelebile quest'ornamento alle opere della mia mano, e tanto più sarà grande il fregio che ne riportano, quanto Voi vi dimostrate contento ch'io mi valga del nome vostro ad un sì vasto glorioso fine. Se tutti i parti del mio talento hanno il favore della Natura e il difetto dell'arte, doveva io scegliere almeno, per presentarvi, quello che mi paresse il meno imperfetto. Ma oltreché io medesimo non saprei scegliere forse senza passione, sono portato dalla necessità di offerirvi ora questa Commedia, comunque siasi, senza porla all'esame.
Dopo la mia Pamela Fanciulla dee seguire la Maritata, novella azione sull'argomento medesimo. Quest'opera non più stampata dee compiere il primo Tomo della mia presente edizione; e mi preme sopra ogn'altro interesse, e sopra qualunque bene, che il nome vostro rispettabile illustre non tardi a comparir tra' miei fogli, e diferito non siami il massimo de' miei vantaggi. Leggete, se vi piace, questa Commedia non come quella che potrebbe al genio vostro meno disconvenire, ma come una delle moltissime da me scritte, e ricevete la dedica non di essa, ma del mio profondo rispetto cui ho l'onore di protestarmi.
Vostro Devotiss. Obbligatiss. Servitore