Carlo Goldoni
Pamela maritata

ATTO TERZO

SCENA PRIMA   Milord Bonfil poi Isacco

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ATTO TERZO

 

 

 

SCENA PRIMA

 

Milord Bonfil poi Isacco

 

BONF. Non ho provato mai un'angustia d'animo quale ora provo. Meglio per me sarebbe stato, che milord Artur mi avesse prevenuto nel colpo, e mi avesse tolta la vita. Mi sovviene de' teneri miei affetti con quest'ingrata, ricordomi gli amorosi trasporti, gli affanni, le dubbietà, i combattimenti dell'animo, ma niente di ciò può paragonarsi alle smanie che mi agitano presentemente. Trattavasi allora di consolare il mio cuore, ora trattasi di lacerarlo per sempre. Quell'onore che argomentava contro la mia passione, mi porge ora la spada in mano per cancellarne gli oltraggi. Ma che? potrò esser severo con colei che ho amato teneramente? con colei che a mio dispetto ancor amo? Ah sì, in grazia di questi teneri affetti, scemisi a me il cordoglio, ed a lei la vergogna. Le si risparmi la solennità del ripudio. Sappia il di lei padre le mie intenzioni. Non lascierò di procurare a questo buon vecchio la sua libertà, e s'ella si accomoda a non iscostarsi dal suo genitore, sarò pronto anch'io a sagrificare la pace, l'amore, e la successione della famiglia a quell'astro che mi ha seco lei sì barbaramente legato. Ehi.

ISAC. Signore.

BONF. Il conte d'Auspingh.

ISAC. Sì, signore. (parte)

 

 

 


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