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SCENA XI
MIL. Pamela, dove si va? (Pamela si volta, e fa una riverenza)
JEV. Signora, il vostro fratello non è in città.
MIL. Lo so, io resterò qui a pranzo in vece sua col cavalier mio nipote.
JEV. Se non vi è il padrone...
MIL. Ebbene, se non vi è, ardirete voi di scacciarmi?
JEV. Compatite, siete padrona d'accomodarvi; ma il signor cavaliere...
MIL. Il cavaliere non vi porrà in soggezione.
JEV. Permettetemi che io vada a dar qualche ordine.
JEV. (Vi mancava l'impiccio di costei). (parte)
MIL. (da sè) (Non temere, chè non son venuta qui per pranzare.)
PAM. (da sè) (Me n'andrei pur volentieri).
MIL. Ebbene, Pamela, hai tu risoluto? Vuoi venire a star con me?
PAM. Io dipendo dal mio padrone.
MIL. Il tuo padrone è un pazzo.
PAM. Perdonatemi, una sorella non dovrebbe dire così.
MIL. Prosuntuosa! M'insegnerai tu a parlare?
MIL. Orsù, preparati a venir meco.
PAM. Ci verrò volentieri, se il padrone lo accorderà.
PAM. Egli mi ha comandato di non venirvi.
MIL. E tu vorrai secondare la sua volubilità?
PAM. Son obbligata a obbedirlo.
MIL. Fraschetta! Lo vedo, lo vedo, ti compiaci in obbedirlo.
MIL. Il tuo dovere sarebbe di vivere da figlia onorata.
MIL. Non lo sei. Sei una sfacciatella.
PAM. Con qual fondamento potete dirlo?
MIL. Tu vuoi restar col tuo padrone, perchè ne sei innamorata.
PAM. Ah! signora, voi giudicate contro giustizia.
PAM. Lo sono, per grazia del cielo.
MIL. Dunque vieni meco.
PAM. Non posso farlo.
PAM. Perchè il padrone lo vieta.
MIL. A me tocca a pensarci. Vieni con me.
PAM. Non mi farete commettere una mala azione.
PAM. Compatitemi per carità.