Carlo Goldoni
Il poeta fanatico

ATTO SECONDO

SCENA DECIMA

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SCENA DECIMA

 

Tonino e Beatrice

 

TON. Patrona reverita, con chi la ghala?

BEAT. Con quella temeraria di vostra moglie.

TON. Desgraziada! Cossa ghala fatto?

BEAT. Mi ha perduto il rispetto.

TON. Baronzella! La prego dirme, come èla stada! La castigherò. (Bisogna imbonirla, chi vol magnar in pase). (da sé)

BEAT. Fa la dottoressa, dice gli apologhi, dice le favole, e offende, e tocca sul vivo. In casa mia?

TON. Me par impussibile che Corallina sia stada capace de un’insolenza de sta sorte, perché so con quanta stima e con quanto respetto la parla de ella. No la fa che lodarse della so bontà, della so cortesia. (Voggio veder se me basta l’animo de farmela amiga, acciò che no la me rebalta). (da sé)

BEAT. Questa non è la maniera di vivere a spalle altrui, a forza d’impertinenze.

TON. Mi ghe assicuro, che sparzeria tutto el sangue che gh’ho in te le vene, perché mia muggier non gh’avesse sto desgusto.

BEAT. Vi dispiacerà, perché temete ch’io vi faccia uscire di questa casa.

TON. La me perdona, no la me cognosse. Mi son un omo che vive per tutto e se no la me vede volentiera, in sto momento son pronto andar via. Me despiase unicamente esser stà causa del so disturbo, perché, la me permetta che ghe lo diga de cuor, ella xe una persona che stimo infinitamente, e ghe zuro che in tutto quel mondo che ho praticà, non ho trovà una persona più giusta, più amabile, più discreta de ella.

BEAT. Signor poeta, mi burlate voi?

TON. No son capace de torme sta libertà. Ella la xe una signora che obbliga a prima vista, che liga i cuori delle persone, e che imprime in tel medesimo tempo amor, reverenza e respetto.

BEAT. Signor Tonino, non istate così in disagio. Accomodatevi, sedete.

TON. Per obbedirla, accetterò le so grazie. (Eh, questa colle donne la xe una scuola che no falla mai). (da sé, prende le sedie)

BEAT. (Povero giovane! le sue disgrazie mi muovono a compassione). (da sé)

TON. La se comoda prima ella.

BEAT. (È tutto civiltà; bisogna sia una persona ben nata). (da sé)

TON. Chi dirave mai che una signora come ella, savesse cussì ben governar una casa, e gh’avesse massime cussì giuste, cussì economiche, cussì esemplari?

BEAT. Certo, se non foss’io, povero mio marito! Questa casa andrebbe in rovina.

TON. Mah! L’è stà ben fortunà el sior Ottavio a trovar una muggier com’ella. Una certa simpatia sento che me obbliga e me trasporta a consacrarghe colla mazor onestà e modestia tutto el mio cuor.

BEAT. Ah, signor Tonino, voi siete poeta.

TON. Cossa vorla dir per questo?

BEAT. Siete avvezzo a fingere.

TON. Un tempo i poeti finzeva, quando i se serviva delle favole per spiegar i propri pensieri, e quando colle iperboli e coi traslati i vestiva de finti colori le parole e i concetti. Adesso la poesia è deventada piana e sincera, e che sia la verità, la senta un sonettin, che ho fatto za un’ora in lode de ella.

BEAT. In lode mia?

TON. In lode soa.

BEAT. Così presto?

TON. L’averlo fatto presto, giustifica che l’ho fatto de cuor. (No la sa, che so improvvisar). (da sé)

BEAT. Io veramente non amo la poesia.

TON. Se no la vol che ghe lo diga, pazienza.

BEAT. È un sonetto in mia lode?

TON. Senz’altro.

BEAT. Via, perché l’avete fatto voi, lo sentirò volentieri.

TON. (Sentirse lodar piase a tutti, e specialmente alle donne). (da sé) La senta, e la compatissa.

 

SONETTO

Morbido e folto crin, fra il biondo e il nero1,

Spaziosa fronte, e bianco viso e pieno,

Occhio celeste, or torbido, or sereno;

Angusto labbro, rigoroso, austero.

Tenera e breve man, degna d’impero,

Candido, bipartito, amabil seno,

D’ogni proporzion corpo ripieno,

Aria sprezzante, e portamento altero.

Questa è di voi visibile bellezza,

Ma di gloria maggior degna vi rende

La velata beltà, che più si apprezza.

Spirto, che tutto vede e tutto intende,

Arte, che tutto brama e tutto sprezza,

Cuore, che manda fiamme, e non s’accende.

BEAT. Caro signor Tonino, voi mi mortificate.

TON. Ho dito anca poco a quello che dir doveria. Oh, se a sto sonetto ghe podesse metter la coa, la sentirave qualcossa de più.

BEAT. Io non lo merito certamente.

TON. Ma possibile che la sia tanto nemiga della poesia?

BEAT. In verità, che ora la poesia mi comincia a piacere.

TON. Ela contenta che ghe daga qualche lizion?

BEAT. Sì, mi farete piacere.

TON. Benché el so sior consorte ghe ne sa più de mi, el poderà insegnar meggio.

BEAT. Oibò, non ha maniera, non ha comunicativa. Imparerò più facilmente da voi.

TON. Dirala più mal dei poeti?

BEAT. No certamente.

TON. Ghe vorla ben?

BEAT. I poeti della vostra sorte meritano tutta la propensione.

TON. Ghe piase el mio stil?

BEAT. Voi componete con una grazia che innamora.

 

 

 





p. -
1 Questo all’incirca era il ritratto dell’Attrice che faceva la parte di Beatrice: la signora Catyerina landi.



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