Carlo Goldoni
Componimenti poetici

SONETTI SACRI

LETTOR UMANISSIMO

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LETTOR UMANISSIMO

Quello il quale commette furto, deve per ogni legge restituire, quindi è che de’ punti rapiti al nostro celebre Predicatore io fo pronta restituzione. Se questa però fosse l’unica pena de’ rapitori, molti più si avventurerebbero al furto, poiché il castigo nulla più infelici farebbeli; ma le afflittive pene della Giustizia son alleno il loro spavento. Quale dunque, dopo la restituzione, sarà la mia pena? Se riguardo la cosa rapita: sono massime d’Evangelo, che predicate da un zelante apostolo del Signore, spettano a cadaun de’ Cristiani; se rifletto al luogo: egli è il tempio di Dio, il quale a noi permette, anzi noi consiglia chennò a rapir la sua gloria; se considero i mezzi: non mi sono servito che delle potenze dell’anima, non soggetta per natura che a Dio; se il tempo: fu egli della Quadragesima, tempo in cui si provede lo spirito di massime di verità; se il fine: non ad altro oggetto, che per istabilirmi nell’animo i divini precetti; onde per tutto questo non mi vorrei prender spavento, anzi fastoso me ne anderei del mio furto. Ecco però ciò che abbatte la mia vanità: ponendo me infelice ed abietto a confronto di cotesto celebre per dottrina, profittevole per l’apostolico zelo, insigne, facondo, erudito Predicatore, dico rampognando a me stesso: Comprendi, meschinello di te, dalla sproporzione il delitto. Questo è il forte motivo, per cui sì ratto m’indussi, non solo i punti rapiti a restituire, ma eziandio a confessare l’uso che d’essi ò fatto, presentandoti anco que’ rozzi incolti versi, coi quali, secondo l’ordine de’ punti stessi, tanti sonetti formai, quante furon le prediche della Quaresima. Sendomi però arrestato in que’ santi giorni, ne’ quali, più che alla Musa, all’anima conviene il tempo sagrificare. Non v’è reo che non cerchi giustificar la sua colpa, e che da questa, sebben contro ragione, qualche buon effetto non speri; quindi è ch’io mi lusingo non ispiacerti del tutto, presentandoti una memoria eterna di quel segnalato Oratore, che per la seconda volta predicando dal medesimo cospicuo pergamo riportò tanto applauso; e può essere che nella folla del popolo, che a questo nostro concittadino quotidianamente concorre, vi sia chi non isdegni fra la rozzezza de’ miei carmi vagheggiare la rimembranza delle sue dottrine. Sebbene, che dico io? anzi temer posso con ragione, che se per avventura questi miei versi alle mani d’indiscreta gente capitassero, in vano da’ suoi latrati potrei difendermi; conciosiacosaché gl’uomini, che hanno per professione di criticare a capriccio, senza abbadare alla materia sacra, al legame stretto ed al tempo breve, prenderebbero ad inveire contro della mia Musa, benché in abito di penitenza, e senza ornamenti vestita. Permettimi dunque (Lettor umanissimo), che rimettendo a te la mia causa, ogn’altro giudice sia incompetente, e se dell’ardir mio ti chiedesse giustizia il derubato Oratore, priegoti non dimenticarti le mie difese, le quali sono: il sommo rispetto, con cui lo venero; la somma divozione, con cui l’ascolto; ed il gran conto, in cui tengo la sua dottrina. Vivi felice.

 


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