ANACREONTICA PER
NOZZE
Pecorelle mal pasciute,
Ritornate
al tetto usato,
Ché
d’aconiti e cicute
Solo è
pieno il bosco e il prato,
E del
fonte l’onda placida
Divenuta
è torba ed acida.
Veggo, ahimè! dei fior la schiera
Star
languendo in grembo al suolo,
E ‘l
bel fior, che agli altri impera,
Fra le
spine smorto e solo,
E le
molli erbette tenere
Sparse
già di bianca cenere.
Alzo gli occhi, e miro in cielo
Balenante
uscir l’aurora,
Poi di
nubi alzarsi un velo,
Che
dell’alba i rai scolora.
Miro un
sol sì tardo e pallido,
Che mi
rende in volto squallido.
Tristi veggo i pastorelli,
Sospirar
le ninfe amiche,
E le
capre e i bianchi agnelli
Ricusar
le piagge apriche;
Odo
Progne mesta gemere,
E le
fere intorno fremere.
Chi sa dirmi il comun duolo,
La
cagion del comun pianto?
Ma de’
vati un lungo stuolo
Mi
risponde in mesto canto:
Vien tu
pur la cetra a frangere,
Vien
con noi, pastore, a piangere.
Ahi d’Arcadia Elisa onore,
S’involò
d’Arcadia al seno;
Sol d’Elisa il bel fulgore
Questo
ciel rendea sereno;
L’alme
luci a noi si tolgono,
E le
nubi, ahimè, ci avvolgono.
Non arresta il piè veloce,
Non
trattien d’Elisa il cuore
La
dolente afflitta voce
Dell’amante
genitore,
Né di
madre i dolci gemiti,
Né di
ninfe il pianto, i fremiti.
Ahi, ch’Elisa, al Ciel rivolta,
Fugge
il mondo e scioglie il voto;
Sol
d’amor le voci ascolta,
Ma
d’amore al volgo ignoto,
E
calpesta, ardita ed agile,
Il
piacer di vita fragile.
Dietro l’orme al Ciel dirette
Della
suora, il suo destino
Va a
cercar fra le dilette
Pecorelle
d’Agostino,
Ove
care a Dio risplendono
Le
virtù che l’alme accendono.
L’avo suo, che al seno porta
Militar
candida croce,
La
consiglia, la conforta
Coll’esempio
e colla voce;
E la
vergin pura e tenera
I
consigli abbraccia e venera.
Ah, non più, non più, pastori,
Ché non
è cagion di pianto
Il
fuggir da folli errori,
Quell’amor
veloce e santo
Consolar
dovrebbe Arcadia,
Che
l’accende e che l’irradia.
Deh cessate, amici vati,
Per Elisa il pianto insano.
Troppo
al Ciel vi rende ingrati
L’indiscreto
amor profano.
A
gioir, pastori, invitano
Le
virtù che in lei si additano.
Se languiscon l’erbe e i fiori,
Se
smarrisce il mesto armento,
Se i veloci
augei canori
Han
sospeso il lor concento,
E se il
ciel le nubi velano,
Le
cagioni in noi si celano.
E la colpa, è il rio costume,
Che
vendetta a noi minaccia;
È del
ciel l’irato Nume,
Che del
sol coprìo la faccia,
Che
prepara i fuochi all’etera
Contro
l’uom che tristo invetera.
Oh felice pastorella!
Pastorella
avventurata,
Che
fuggendo in sacra cella
Il
destin di gente ingrata,
Non
paventa quello scempio
Che
sovrasta al cuor dell’empio.
Ah che immersi in folli errori,
Il suo
ben non conoscete.
Pregherà
per voi, pastori,
Quella
ninfa che or piangete.
Ah che
il duol che vi disanima,
Faria
torto alla bell’anima.
Su cantate inni festosi,
Pastorelli
sconsolati,
Agli
affetti vittoriosi
Che al
suo Nume ha consacrati
Questa
ninfa invidiabile.
Su
cantate Elisa amabile.