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POESIE IN LINGUA E IN DIALETTO DEL PERIODO VENEZIANO (1748 - 1762)
EPISTOLA ALLA GENTILISSIMA SPOSA LA SIGNORA TERESA LE BLOND, FIGLIUOLA DI MONS. LE BLOND, CONSOLE DI FRANCIA IN VENEZIA
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EPISTOLA ALLA GENTILISSIMA SPOSA LA SIGNORA
TERESA LE BLOND, FIGLIUOLA DI MONS. LE BLOND,
L’almo figliuol di Venere, che ha mille cuor feriti,
Ridente oltre l’usato vid’io su questi liti.
L’arco pendeagli a tergo pomposamente adorno,
Ed uno strale curato giva mostrando intorno.
Questo, diceva, è il dardo che ha punto il più bel cuore;
Prostratevi, o mortali, e rispettate Amore.
Chiesto da me qual fosse di lui la nobil preda,
Lascia per poco, ei dissemi, ch’io mi riposi e sieda;
Presi da lungi il volo; fin dalla Senna altera
Venni qua dove al mare la tua bell’Adria impera;
Venni a colmar di gioia gente al mio ben rivolta;
Tu a giubilar ti appresta, e i miei trionfi ascolta.
Quella rammenta egregia, vaga, gentil donzella,
Ch’ebbe in Vinegia il vanto di vezzosetta e bella,
Affabile con tutti, saggia, prudente, amena,
Brillante, vivacissima, d’ogni virtù ripiena;
Quella che d’Adria in seno ebbe il natal felice,
Figlia d’illustre padre, d’amabil genitrice,
Ma che, l’origin tratta dal bel francese regno,
Tornò alla patria antica, di tenerezza in segno.
Ah sì, tu ben ravvisi, segue il superbo arciero,
Colei di cui dipingoti nobil ritratto e vero;
Scorgi nelle mie voci, scorgi Teresa espressa,
E me tu vedi in giubilo, e me vantar per essa;
Mira il possente dardo ch’ha il di lei sen piagato,
Vedi la man che il nodo ha d’Imeneo formato.
Sposo ch’è di lei degno, scelsi fra mille e mille;
Arde per me contenta d’amabili faville.
Tu che l’apprezzi e stimi, lodami e fammi onore;
Prostratevi, o mortali, e rispettate Amore.
Ah, rispos’io, qual lode, qual posso farti omaggio,
Amor, se a me tu rechi, e alla mia patria oltraggio?
Da noi la sorte, è vero, la trasse in lontananza,
Ma riacquistarla un giorno s’avea dolce speranza;
Or se per te. crudele, è a Franco sposo unita,
Speme di possederla per sempre abbiam smarrita.
Perano i dardi tuoi, empio fatal nemico,
Venere ti punisca... Povero Amor! che dico?
Deh, al mio garrir perdona, ch’ogni ragione eccede,
Che s’abbandona al duolo e l’error suo non vede.
Viva la sposa all’ombra dei sacri argentei gigli:
Sian delle sue virtudi imitatori i figli.
Siano col caro sposo gli affetti suoi concordi,
Basta che l’amor nostro gradisca, e non sel scordi.
Amor, le tue vittorie ammiro, approvo e lodo;
Soffro il mio danno in pace, e del suo bene io godo.
Saggia gentil donzella, vostro bel cuore umano
Questi miei voti accolga, e del minor germano.
Perdon, perdon, se il perdervi recaci duolo e pianto;
L’uomo non ha sì facile di superarsi il vanto.
Viva chi dolcemente vi ha penetrato il core.
Prostratevi, o mortali, e rispettate Amore.