Carlo Goldoni
Componimenti poetici

L’OMBRA DI TITO LIVIO

PER LA SOLENNE PROFESSIONE DI SUA ECCELLENZA LA SIG. MARIA ANGELA ELETTA MEMO NEL NOBILISS. MONISTERO DELLA CELESTIA IN VENEZIA   CAPITOLO

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PER LA SOLENNE PROFESSIONE DI SUA ECCELLENZA

LA SIG. MARIA ANGELA ELETTA MEMO NEL NOBILISS.

MONISTERO DELLA CELESTIA IN VENEZIA

 

CAPITOLO

 

Oh benedetto il secolo passato,

In cui trar si soleano gli argomenti

Dal cognome, dal nome, o dal casato!

E i poeti più bravi, e i più saccenti,

A forza d’allusioni e allegorie

Faceano cose che parean portenti,

Eran mari di grazie le Marie,

Gemme d’alto valor le Margherite,

Luci del firmamento le Lucie.

Pallide fosser pure, o colorite,

Bastava ch’esse si chiamasser Rose,

Perché avessero ai fiori a mover lite.

Se alle donne più antiche e più famose

Rassomigliava qualche nome a caso,

Questo bastava per lodar le spose.

Ed un poeta da bell’estro invaso

Cert’uomo un paragonò a san Carlo,

Perché avea grande e maestoso il naso.

A’ nostri giorni chi volesse farlo,

Si direbbe che sono rancidumi,

Usanze vecchie colla muffa e il tarlo.

Ma questi che si chiamano ritratti

(Quando il nome si levi, e la famiglia),

Non si può indovinar perché sien fatti.

Cercano di destar la maraviglia

Con pennellate valorose i vati;

Ma il ritratto a che val, se non somiglia?

Come i’ dunque dicea, ne’ tempi andati

Dai nomi si traevan gli argomenti,

Qualche volta a ritroso e stiracchiati.

Ma vedevansi almen componimenti

Ch’eran fatti per quella, e non per questa,

E ch’avean fatto travagliar le menti.

Ora, per dirla, m’è venuto in testa

Di voler seguitar lo stile antico

Nella composizion che mi è richiesta.

E se lode al mio canto io non predico,

So che almeno dirà la vergin pia

Che di lei parlo, e che bugie non dico.

Lasciato il nome ch’ella aveva in pria,

Prese, allor che si chiuse in monistero,

Quello d’Angela Eletta e di Maria.

Oh sublime, celeste, allo mistero!

Oh eccelsi nomi! oh divin estro ardente,

Che al Ciel m’innalza e mi discopre il vero!

Angela del Signor, pura, innocente,

Angela nei costumi e alla favella,

Ch’ave angelico il volto, il cor, la mente.

Chi non diria che un’animabella,

Quando gli angeli in Ciel creati foro,

Stata non fosse dello stuolo anch’ella?

E vissuta fin ora in fra di loro,

la vestisse poi di carne umana,

Per farla specchio di virtù e decoro?

Angela, eletta dalla man sovrana

Del Creatore a riformar gli abusi

Della scorretta gioventute insana.

Tanti doni celesti in lei diffusi,

Tante grazie divine, ond’ella serba

Gli affetti umani dalla mente esclusi,

Segno è che Dio fin dall’etate acerba

L’ha per amarlo in questa vita eletta,

Ed il talamo eterno a lei riserba.

Ed in sacro recinto umil ristretta,

Serve al voler di chi sull’alme impera.

E il suo destin senza lagnarsi aspetta:

Senza lagnarsi della vita austera

Né di povere spoglie o del concesso

Libero cuore a obbedïenza intera.

Ecco la gloria del femmineo sesso,

Ecco l’eletta vergine prudente

Colla lampada accesa in sull’ingresso.

Ravvisatela al nome, o cieca gente;

L’eletta dallo sposo Angela pura

Maria si appella misteriosamente.

Poiché quella imitar Maria procura,

Che fe’ un tal nome venerando in terra,

Schiacciando il capo della bestia impura.

Col nome in fronte che la colpa atterra

Spiega il vessillo di virtù felice,

E tre nemici non le pon far guerra.

Maria della gran Donna imitatrice,

Angela casta e pura in spoglia umana,

Eletta al chiostro e all’immortal pendice.

Figlia ed ancella di Maria sovrana,

Degli angeli del Ciel compagna e suora,

Degli eletti dolcissima germana.

Se quel ch’ho detto non bastasse ancora,

Sui tre nomi potrei dir cose tali

Da gire innanzi, e da durare un’ora.

Cosa da render gli uomini immortali,

Prove d’ingegno, immagini succose

Tratte da secentisti originali.

Questo solo dirò: le religiose

Soglion due nomi aver nel sagro tetto;

Ella tre nomi a se medesma impose.

E chi ha speculativo l’intelletto,

Dirà: nol fece spensieratamente,

Ma perché il Trino è numero perfetto.

Abbian pace vostralme, o buona gente,

Gloria ed onor del secolo passato:

Chi vi sprezza oggidì non sa nïente.

A voi per verità sono obbligato;

Poiché ne son, vostra mercede, uscito,

Rinnovando uno stile disusato,

Qual rinnovasi spesso anche un vestito.

 

 


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