Carlo Goldoni
Il prodigo

ATTO TERZO

SCENA DICIOTTESIMA

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SCENA DICIOTTESIMA

 

Il Dottore e detti.

 

DOTT. Signor Momolo, allegramente.

MOM. Bone nove?

DOTT. Migliori non possono essere di quel che sono: l'aggiustamento è seguito, ed ecco la liberazione del sequestro. (mostra un foglio)

MOM. Bravo, evviva; respiro; torno da morte a vita; diseme, l'aggiustamento come xelo? Cossa gh'avemio da dar?

DOTT. Si è accomodato l'avversario con duemila ducati pagabili in quattro tempi a cinquecento ducati l'anno. Siete di ciò contento?

MOM. Contentissimo. No se podeva far meggio; no la me podeva costar manco de cussì.

DOTT. Converrà che voi ratifichiate l'obbligazione, mentre sulla mia fede mi hanno accordato anticipatamente la liberazione suddetta.

MOM. Xe giusto, me sottoscriverò immediatamente. Caro Dottor, lassè che ve daga un baso de cuor. Me arecordo che v'ho promesso cento zecchini, e me par che li meritè; ma co ve li ho promessi, gera un orbo, che no saveva conosseroro, né arzento, né merito, né demerito, né rason, né torto, né convenienza. Adesso son un poco illuminà: ma no tanto che basta, e da qua avanti no me voggio fidar de mi. Consegno tutti i mi interessi in man de mia sorella e de mio cugnà; lasso che i fazza lori, e da lori aspettè la recompensa delle vostre fadighe. Tutto quello che posso far per vu, xe questo, de metterghe in vista el merito della vostra attenzion, della vostra onestà, e de pregarli de trattarve ben. (da sé)

DOTT. Per me, sono un galantuomo, e mi contenterò di quello che si compiaceranno di darmi. (Mi pareva impossibile d'aver a guadagnare in un colpo cento zecchini). (da sé)

BEAT. Io veramente di queste cose forensi non me ne intendo, e molto pratico non è nemmen mio marito, e però non vorrei che si eccedesse, né che restasse pregiudicato il merito del signor Dottore. Che fareste voi in tal caso, signora Clarice, se aveste voi da disporre?

CLAR. So quel che farei, se a me toccasse arbitrare.

BEAT. Vi contentate, fratello, che la signora Clarice decida?

MOM. Son contentissimo; ghe darave l'arbitrio sulla mia vita, figureve se no ghel darò su sta piccola diferenza!

BEAT. Dunque l'affare è a voi rimesso; decidete come vi pare. (a )

DOTT. (Dubito di aver fatto una cattiva giornata). (da sé)

CLAR. Veramente lo spendere con profusione, come sin ora ha fatto il signor Momolo, è una eccedenza viziosa che passa i limiti della generosità, e diventa un difetto. Ma quando si tratta di mantener la parola e di riconoscere un benefizio, è necessario allargar la mano. Dunque io dico che il signor Dottore merita i cento zecchini, e che se ciò fosse in arbitrio mio, glieli darei senza alcuna esitanza.

MOM. La sentenza no pol esser più giusta, e mi la lodo e la sottoscrivo. Sior Dottor, averè i cento zecchini, no dalle mie man, perché mi per un pezzo no voggio più manizzar, ma da quelle de mia sorella, che sarà l'economa dei mi interessi.

DOTT. Rendo grazie a V.S. ed alla signora Clarice, e lascio tutto il comodo alla signora Beatrice di favorirmi. (Non credevo mai da una donna poter sperare tanta giustizia e tanta generosità). (da sé)

BEAT. Che dice, signora Clarice, della costante rassegnazione di mio fratello?

CLAR. Io certo me ne consolo, e ne sarò ancora più persuasa, quando effettivamente lo vedrò cedere a voi ed a vostro marito il regolamento della sua casa.

MOM. Sior Dottor, za che qua presente, ve prego stender una scrittura de cession de tutto el mio a sior Celio e a siora Beatrice, perché i paga i mi debiti, e che i me assegna a mi un trattamento onesto, e quel che avanza se metta da banda per dies'anni, per farme un fondo de cassa, per non aver più bisogno de mendicar un miar de ducati in t'una occorrenza.

DOTT. Lo farò volentieri.

BEAT. Ditemi, fratello mio, quest'accordo che volete fare con noi, non lo potreste fare colla signora Clarice?

MOM. Magari che la se degnasse acettarlo.

CLAR. Non conviene ad una donna vedova, e non ancor vecchia, far l'economa di un giovanotto.

BEAT. Converrebbe bene a una moglie far l'economa del marito.

MOM. Oh brava! cossa disela? (a Clarice)

CLAR. A una tale sorpresa non so rispondere.

MOM. Chi tase, conferma. Sior Dottor, femo un contratto de un'altra sorte. Cedo tutto a siora Clarice.

DOTT. Con che titolo? di donazione?

MOM. Tutto quel che volè.

CLAR. Ecco il prodigo. Non è ancor guarito della sua malattia.

BEAT. Interpretate meglio i trasporti dell'amor suo. Accettate il maneggio de' suoi interessi, e avrete voi il merito di averlo fatto cambiar condizione.

MOM. Via, siora Clarice, che la se mova a pietà de un omo, che ha bisogno de ella per tutti i versi.

BEAT. Fatelo per amicizia, per compassione.

MOM. E anca un pochettin per amor. Pussibile che la me trova tanto pien de difetti, che no sia degno della so grazia? Pussibile che no la me voggia gnente de ben?

CLAR. Sì, lo confesso, vi ho amato e vi amo ancora, ma...

BEAT. Questo ma è fuor di tempo; l'obbietto principale è risolto. Momolo viverà a modo vostro.

MOM. Me lasserò condur da ella co fa un putelo.

DOTT. Su dunque, signora, dica un sì generoso, e lasci a me la cura di stendere un contratto, come va steso.

MOM. Da brava, la lo diga sto , che me pol consolar.

BEAT. Ditelo questo benedetto, che si sospira.

CLAR. Ma quando è detto, è detto.

MOM. La lo diga, se la vol che el sia dito.

DOTT. Ho da scrivere? ho da formare il contratto?

CLAR. Andate... scrivete... non so resistere.

MOM. Ala dito de sì?

CLAR. Caro Momolo, sì.

MOM. Evviva.

DOTT. Vado a scrivere immediatamente. (parte)

 

 

 


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