Carlo Goldoni
La pupilla

ATTO QUINTO

SCENA SECONDA   Caterina, Orazio, Quaglia

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SCENA SECONDA

 

Caterina, Orazio, Quaglia

 

CAT.

(Chi è cotestui, ch'i' nol conosco? Oh misera!

Orazio è seco!)

QUA.

Caterina, arrestati.

CAT.

Chi siete voi, che mi conosce e nomina?

QUA.

Non mi ravvisi? Non è forse un secolo

Ch'io da te manco. La sparuta e squallida

Faccia, di lungo mal verace indizio,

E le languide membra, e questa candida

Barba ti asconde all'amoroso ciglio

Del tuo buon padre la verace immagine?

CAT.

Aita, aita, oimè! deh soccorretemi.

Sento svenirmi. Vattene, o bell'anima,

Al tuo riposo, ch'io dolente e prefica

Pregherò il cielo che ti doni requie.

ORA.

Fatevi cuor, larva non è o fantasima

Quel che vi parla.

CAT.

Se non è lo spirito

Del padre mio, esser chi può che usurpisi

Il nome suo?

QUA.

Il padre tuo medesimo.

CAT.

Se morto è in Roma l'infelice, e piangolo

Che son de' mesi.

QUA.

Fu falsa notizia

Quella che giunse di mia morte, accostati,

Figlia diletta.

CAT.

No, messer; non veggovi

Segno verun che i detti vostri accrediti.

QUA.

Febbre mi ha reso qual mi vedi gracile,

E il sangue sparso e le affannose angustie

D'un malor tetro, doloroso e cronico,

Fammi parere agli occhi altrui cadavere.

Sino la figlia mia niega di accogliere

Me per suo padre? Ah stelle ingrate e barbare,

A che serbate quest'avanzo misero

De' vostri insulti e dell'età decrepita?

CAT.

Ahi, che quel pianto mi costringe a piangere.

QUA.

Vedi l'effetto di natura. Or negami

Cruda, se puoi, che tu non sei mia figlia.

ORA.

(L'astuto corpo come sa ben fingere!)

CAT.

Verrà il tutore, e mi dirà s'io debbovi

Creder del tutto.

QUA.

Sì, verrà quel perfido

Che il sangue mio d'assassinare or medita,

E col pretesto di un amor fittizio

Colla tua mano ogni mio bene usurpasi.

Mandami il cielo in tempo di deludere

Il fiero lupo che l'agnella insidia.

Povera figlia, il buon tutor sollecita

Che a lui ti sposi, e il tuo bel cuor vuol rendere

Infelice per sempre.

CAT.

Ah, questo è il massimo

De' miei tormenti.

QUA.

Al padre tuo confidati,

Poiché se' in tempo di cercar consiglio

E d'impetrare aita.

CAT.

Ah soccorretemi,

Padre mio, per pietade.

ORA.

(Eccola al termine

Dove lo scaltro la volea conducere).

QUA.

Morta è tua madre, e dopo lei mancatimi

Sono i tre figli, e te sola conservami

Il ciel pietoso. Ah, chi mi potrà chiudere

Gli occhi, venendo di mia vita il termine,

Figlia, se tu non sei? Ma se quest'avido

Tutor ti chiude, fatta sposa, in carcere,

Né più ti lascia uscir dalle domestiche

Mura, per tema che non sveli e pubblichi

La tirannia del monellaccio, io muoiomi

Senza vederti, e pochi mesi passano

Che tu sei morta, o almen sparuta e tisica.

Le belle rose che le guance infiorano,

Ve' come andran miseramente a perdersi;

E quel bel seno che felice un giovane

Render potrebbe, caderà del ragnolo

Mosca ingannata nei tessuti circoli.

ORA.

(Dove s'intese mai maggior rettorica?)

CAT.

Se il ciel vi manda i miei certi pericoli

A riparar, deh le ragion vi vagliano

Di padre in faccia del tutor medesimo.

QUA.

E dovrò dunque da colui dipendere

Per dispor di mia figlia? S'io presentoti

Di mia mano uno sposo, avrai nell'animo

Repugnanza a gradirlo ed a riceverlo?

CAT.

Al voler vostro rassegnata ed umile,

Messer, mi avrete, ma però desidero

Che lo sappia il tutor, per non commettere

Un atto di dispregio, una mal'opera.

ORA.

(La virtù è sempre bella, ancor che incomoda).

QUA.

Tu vuoi che il padre in una lite immergasi,

E a piatir abbia con un vecchio acerrimo

Che ti possede, e che faratti perdere

Il miglior tempo e la salute e l'anima.

CAT.

Misera! che farò?

QUA.

Figlia, risolviti

Alla ragion del padre quella uniscasi

Dello sposo, e frattanto che si disputa

Della roba, di cui conto dee rendere,

Va' a goder la tua pace, e, fuor dei strepiti,

Mira costui che ti ama e ti desidera,

Mira quegli occhi che dolcezza ispirano;

Eccolo innanzi a te sommesso e languido,

Pieno d'amor. So che tu l'ami e tentano

Con un inganno i desir tuoi deludere.

E se lo perdi, non sperarfacile

altro trovar, che più di lui ti meriti.

Ricco è di beni di fortuna, carico

Di virtù, di saggezza, e in volto amabile.

CAT.

(Ah, che violenza nel mio cuor far sentomi)

ORA.

Deh gioia mia, se tutto ciò non bastavi,

Le preci mie da voi pietade ottenghino.

Eccomi al vostro piè; bella, vi supplico,

Piegate il cuore alle amorose smanie

D'un che vi adora, e che morrebbe il misero,

Se astretto fosse tal bellezza a perdere.

QUA.

Tu sei più cruda di leone ed aspide,

Se non ti pieghi ad un pregartenero.

CAT.

Chi mi assicura che colui che parlami

Sia padre mio?

QUA.

Va', se tu ancor ne dubiti

Lascioti in preda del rapace ed avido

Insidiator della tua vita. Sposalo.

Orazio, andiam.

CAT.

No, per pietà, fermatevi.

QUA.

O la mano gli porgi, o che abbandonoti

Al tuo destin.

ORA.

Cosa non chiede illecita

Ad onesta fanciulla.

QUA.

Il tempo perdere

Non si dee invano; o che ti lascio, o sbrigati.

CAT.

(Stelle, che fo?)

ORA.

Se viene il vecchio a giungere,

Non vi è più scampo.

QUA.

Se il tutor sorprendeci,

Sei perduta per sempre.

CAT.

Ah padre, ah Orazio,

Non m'ingannate.

QUA.

Dagli la mano.

CAT.

Eccola!

ORA.

O cara mano, che nel cor consolami,

La mia ti stringe, e ti prometto e giuroti

Eterna fede.

QUA.

Il matrimonio è un ordine.

Andiamo, o figlia, andiam nelle tue camere

A far la scritta, e messer Luca troviti

Sposa già fatta, che disfar non possasi.

CAT.

Ahi, che ancor tremo.

QUA.

Passerà pochissimo,

Che Orazio ti potrà dal seno togliere

Il timor di fanciulla.

ORA.

Sento strepito.

Gente s'avanza.

QUA.

Presto, ritiriamoci.

CAT.

Oh sventurata! che il tutor non veggami.

 

 

 


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