Carlo Goldoni
Il ritorno dalla villeggiatura

ATTO TERZO

Scena Settima. Costanza, Rosina, poi Giacinta

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Scena Settima. Costanza, Rosina, poi Giacinta

 

COSTANZA: Sentite, se continua così, io non lo soffro assolutamente. (A Rosina.)

ROSINA: Compatitelo, è ancor ragazzo.

COSTANZA: Ehi! sì, scusatelo.

ROSINA: Ma, signora, se è mio marito, convien ben ch'io lo scusi. Finalmente me l'avete dato voi, ed io l'ho preso per consiglio vostro.

COSTANZA: Ecco la signora Giacinta. (Mi sta bene, merito peggio).

ROSINA: Se non sa più di così, è inutile di rimproverarlo.

GIACINTA: Serva, signora Costanza.

COSTANZA: Serva umilissima.

ROSINA: Serva divota.

GIACINTA: Riverisco la signora Rosina.

COSTANZA: Si è voluta incomodare la signora Giacinta.

GIACINTA: Anzi son venuta a fare il mio debito.

COSTANZA: Mi spiace infinitamente ch'ella mi trova qui colla casamalandata, che propriamente mi fa arrossire.

GIACINTA: Oh! sta benissimo. Non ha da far con me queste ceremonie.

COSTANZA: È poco tempo ch'io sono venuta a star qui, e poi sono andata in campagna, e tutte le cose sono ancora alla peggio. Favorisca d'accomodarsi. Compatisca se la seggiola non è propria.

GIACINTA: Anzi è proprissima. (Tanto sfarzo in campagna, e sta qui in un porcile). (Da sé.)

ROSINA: (Che dite eh? Si è messa in magnificenza). (A Costanza.)

COSTANZA: (Eh! in quanto a questo, se è venuta per farmi visita, non doveva venire in succinto).

GIACINTA: Che nuove mi portano di mia zia?

ROSINA: Oh! la povera signora Sabina è travagliatissima. Sono stata a farle una visita prima di partire, e mi ha dato una lettera per il signor Ferdinando.

GIACINTA: Oh! quanto volentieri sentirei quello che gli scrive.

ROSINA: Io credo che il signor Ferdinando non avrà difficoltà di mostrarla.

GIACINTA: (Cerco ogni strada per divertirmi; ma ho una spina nel core che mi tormenta).

COSTANZA: Come sta il signor Leonardo, signora Giacinta?

GIACINTA: Sta bene.

ROSINA: E la signora Vittoria?

GIACINTA: Benissimo.

COSTANZA: E il signor Guglielmo?...

GIACINTA: È egli vero che il signor Tognino è venuto a Livorno con loro?

COSTANZA: Sì, signora, ci è venuto per qualche giorno.

ROSINA: Perché deve passare a Pisa.

COSTANZA: Per istudiare.

ROSINA: Per addottorarsi.

GIACINTA: Sì, sì, è venuto per andare a Pisa, e le male lingue dicevano che aveva sposato la signora Rosina.

ROSINA: Le male lingue dicevano?

GIACINTA: Io ho sempre detto, ch'ella non avrebbe mai fatta questa bestialità.

ROSINA: Sarebbe una bestialità veramente?

COSTANZA: Favorisca, le di lei nozze si faranno presto?

GIACINTA: Non lo so ancora. Io dipenderò da mio padre.

ROSINA: E quelle della signora Vittoria col signor Guglielmo?

GIACINTA: Che vuol dire che sono anch'esse ritornate quest'anno prima del solito?

COSTANZA: Non c'era più nessuno in campagna. Il signor Leonardo e la signora Vittoria hanno sconcertato il divertimento.

ROSINA: Ma quando si marita la signora Vittoria? (A Giacinta.)

GIACINTA: Io non lo so, signora, lo domandi a lei.

ROSINA: Per quel ch'io vedo, anche il matrimonio della signora Vittoria a lei deve parere un'altra bestialità. (A Giacinta.)

GIACINTA: Con permissione. Le voglio levar l'incomodo. (Si alza.)

COSTANZA: Favorisca, aspetti, che prenderemo il caffè.

GIACINTA: No, le sono obbligata.

COSTANZA: Eccolo, eccolo. Mi faccia questa finezza.

GIACINTA: Per non ricusar le sue grazie. (Siedono. Portano il caffè.) (Pare che lo facciano apposta per tormentarmi).

COSTANZA: Si serva. ( il caffè a Giacinta.)

ROSINA: Con permissione. (Vuol portare il caffè a Tognino; lo al Servitore, e ritorna subito.) Visite, signora zia; abbiamo dell'altre visite.

COSTANZA: E chi viene?

ROSINA: La signora Vittoria, il signor Ferdinando e il signor Guglielmo.

GIACINTA: (Oh povera me!)

ROSINA: Guardi, guardi, che ha versato il caffè sull'andriene.

GIACINTA: (Maladetto sia chi mi ha obbligato a restare). (Si pulisce.)

ROSINA: Vuole dell'acqua fresca?

GIACINTA: Eh! Non s'incomodi, non importa. (Con dispetto.)

ROSINA: Eccoli, eccoli.

 

 


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